2025-08-30
L’Europa in scia a Trump sfida l’Iran. «Tornino le sanzioni per il nucleare»
Francia, Germania e Regno Unito si appellano all’Onu dopo le violazioni del Trattato «atomico» che limita l’arricchimento dell’uranio. Russia e Cina in soccorso di Teheran: «Ci saranno conseguenze irreparabili».Torna a tenere banco la spinosissima questione del nucleare iraniano. L’altro ieri, Regno Unito, Germania e Francia hanno avviato il processo per reimporre a Teheran le sanzioni che erano state sospese a seguito del Jcpoa: l’accordo, cioè, sull’energia atomica, firmato nel 2015. Quello che è stato innescato è il cosiddetto «meccanismo snapback».Stiamo parlando di una procedura che dovrebbe automaticamente portare al reintegro delle sanzioni, originariamente stabilite dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, nel giro di 30 giorni: 30 giorni nell’arco dei quali Londra, Berlino e Parigi hanno ciononostante fatto sapere di voler «continuare a dialogare con l’Iran». In particolare, i tre Paesi europei hanno sottolineato che la Repubblica islamica non ha fatto adeguati passi avanti su alcune questioni dirimenti: «la ripresa dei negoziati, il rispetto da parte dell’Iran degli obblighi nei confronti dell’Aiea e le misure per affrontare le preoccupazioni relative alle scorte di uranio altamente arricchito». I tre Paesi europei hanno quindi offerto una possibile «proroga» a Teheran, nel caso quest’ultima decidesse di fare progressi su tali dossier. In questo quadro, ieri Germania ha esortato i propri cittadini a lasciare l’Iran, temendo delle ritorsioni.Non si è fatta attendere la reazione del regime khomeinista. «Esortiamo tutti i membri a respingere le ingiustificate manipolazioni politiche e a sostenere l’integrità del diritto internazionale e l’autorità del Consiglio. La strada da seguire è il rispetto reciproco, non la coercizione», ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, in una missiva inviata giovedì al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Non solo. Il parlamentare iraniano, Hossein-Ali Haji-Deligani, ha anche reso noto che Teheran potrebbe ritirarsi dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (a cui l’Iran aderì nel 1968: ben prima, cioè, della rivoluzione khomeinista). Ieri, il ministero del petrolio iraniano si è inoltre detto pronto ad aggirare le sanzioni sul greggio.«Gli Stati Uniti apprezzano la leadership dei nostri alleati europei in questo sforzo», ha invece commentato il segretario di Stato americano, Marco Rubio, riferendosi all’avvio della procedura di «snapback»: avvio che il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha definito «inevitabile». «Si tratta di un passo importante nella campagna diplomatica per contrastare le ambizioni nucleari del regime iraniano», ha aggiunto. A schierarsi a favore di Teheran sono invece state Russia e Cina. «Esortiamo vivamente i tre Paesi europei a riconsiderare e rivedere le loro decisioni errate prima che portino a conseguenze irreparabili e a ulteriori tragedie», ha affermato il ministero degli Esteri di Mosca. «La questione nucleare iraniana si trova in una fase critica. L’avvio del meccanismo di sanzioni del Consiglio di sicurezza non è costruttivo e comprometterà il processo di risoluzione politica e diplomatica della questione nucleare iraniana», ha aggiunto, dal canto suo, Pechino.Il nucleare iraniano sta, insomma, dividendo i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da una parte, Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno adottato la linea dura nei confronti di Teheran. Dall’altra parte, Russia e Cina hanno deciso di spalleggiare gli ayatollah. Lo scontro, ovviamente, si sposta dal Palazzo di Vetro allo scacchiere mediorientale. Non è probabilmente un caso che - nello stesso giorno in cui Londra, Berlino e Parigi avviavano la procedura dello «snapback» - Israele attuasse un pesante bombardamento contro gli Huthi nello Yemen. Ricordiamo infatti che questo gruppo terroristico è storicamente spalleggiato da Teheran. Non si può quindi escludere che Gerusalemme abbia voluto mettere indirettamente sotto pressione l’Iran per spingerlo ad ammorbidire la sua linea sul nucleare.Del resto, dopo la guerra dei dodici giorni dello scorso giugno, lo stesso Donald Trump ha più volte esortato la Repubblica islamica a concludere in fretta un nuovo accordo sull’energia atomica: in alternativa, il presidente americano non ha escluso di effettuare nuovi bombardamenti contro i siti nucleari iraniani. Per il momento, uno dei punti nodali riguarda l’arricchimento dell’uranio: se Washington chiede che gli ayatollah vi rinuncino completamente, Teheran non è intenzionata ad abbandonarlo del tutto. Non dimentichiamo inoltre che il timore del nucleare iraniano rappresenta il principale collante nei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita: la Casa Bianca sa quindi bene che la risoluzione di questo dossier è funzionale al rilancio degli Accordi di Abramo.Ma attenzione: il nodo va ben oltre il solo Medio Oriente e investe anche il complesso rapporto tra Trump e Vladimir Putin. A giugno, era sembrato che i due avessero giocato di sponda, per evitare che l’Iran chiudesse lo Stretto di Hormuz e rompesse i suoi rapporti con l’Aiea. Addirittura, Axios riportò che lo zar avrebbe fatto pressione su Teheran per spingerla ad abbandonare l’arricchimento dell’uranio. Adesso invece, come abbiamo visto, sulla questione del meccanismo di «snapback» Washington e Mosca, in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu, sono su posizioni antitetiche. La Russia teme che il reintegro delle sanzioni possa infliggere un duro colpo (forse fatale) al regime khomeinista. Il problema, per Putin, è che, dopo la caduta di Bashar al Assad in Siria, non può permettersi di perdere un altro alleato in Medio Oriente.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 15 ottobre 2025. Ospite Daniele Ruvinetti. L'argomento di oggi è: "Tutti i dettagli inediti dell'accordo di pace a Gaza".