2023-07-07
L’ira di Chigi: «Le toghe fanno opposizione?»
Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (Imagoeconomica)
Le critiche al ministro del Turismo compattano la maggioranza, che ipotizza un legame con il caso Delmastro. Il governo infatti lascia trapelare un sospetto: «La magistratura vuole inaugurare la campagna elettorale?». Tommaso Foti: «Circostanze preoccupanti».M5s sulle barricate, il dem Francesco Boccia in imbarazzo minaccia querele. Faida nel Terzo polo.Lo speciale contiene due articoli.Altro che «freddezza», altro che «imbarazzo»: Giorgia Meloni scende in campo in maniera decisa in difesa di Daniela Santanchè e Andrea Delmastro, due esponenti del governo, due figure di primo piano di Fratelli d’Italia, due suoi fedelissimi, finiti nel mirino di alcuni magistrati, smentendo i retroscena interessati che ieri facevano trapelare malumori del presidente del Consiglio nei confronti del ministro del Turismo e del suo modo di difendersi, in Aula al Senato, dalle accuse di media e opposizioni. La Meloni indossa l’elmetto, dopo che ieri il gip di Roma ha disposto l’imputazione coatta per il sottosegretario alla Giustizia Delmastro, indagato per rivelazione di segreto d’ufficio in relazione al caso Cospito, l’anarchico detenuto al 41 bis. Il gip di Roma non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura che ora dovrà formulare una richiesta di rinvio a giudizio. Il pensiero del premier è affidato a una nota di «fonti di Palazzo Chigi»: «In un processo di parti», recita il comunicato, «non è consueto che la parte pubblica chieda l’archiviazione e il giudice per le indagini preliminari imponga che si avvii il giudizio. In un procedimento in cui gli atti di indagine sono secretati è fuori legge che si apprenda di essere indagati dai giornali, curiosamente nel giorno in cui si è chiamati a riferire in Parlamento, dopo aver chiesto informazioni all’autorità giudiziaria. Quando questo interessa due esponenti del governo in carica», aggiunge la nota, «è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee». Parole durissime, quelle dirette contro i magistrati di Milano (che si occupano del caso Santanchè) e il gip di Roma, che confermano quanto La Verità aveva già ben compreso consultando diverse fonti di centrodestra: la maggioranza andrà avanti compatta, granitica, al fianco di Santanchè e Delmastro, e se ci sarà qualcuno che vorrà lasciarsi andare a critiche e veleni dovrà vedersela direttamente con la Meloni. «Prima il ministro Santanchè», dichiarano il presidente dei senatori e dei deputati di Fdi, Lucio Malan e Tommaso Foti, «che nel giorno della sua informativa in Senato, riceve dai media la notizia di indagini a suo carico; oggi il sottosegretario Delmastro che viene rinviato a giudizio dal gip benchè il pm ne abbia chiesto l’archiviazione. Si tratta di due circostanze a dir poco sospette che rimandano a scenari che ci auguravamo superati». Stupore e sorpresa per la decisione del gip di Roma su Delmastro viene espressa da molti parlamentari di Fdi, mentre la Lega conferma il suo sostegno totale al ministro del Turismo: «La Santanché», sottolinea a Rai 3 il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, «ha fatto un’informativa che non era tenuta a fare, l’ha fatta su atti che non riguardano la sua attività di ministro. Ha voluto fare chiarezza. Come maggioranza non possiamo che prendere atto della sua scelta e essere soddisfatti di quello che ha detto. Quello che sarà lo dovranno decidere altri organismi non certo il Senato della Repubblica». Va all’attacco la segretaria del Pd, Elly Schlein: «È inaccettabile in un sistema democratico che, anziché rispondere alle gravi accuse nel merito, Palazzo Chigi alimenti un pericoloso scontro tra poteri dello Stato diffondendo una nota con toni intimidatori nei confronti della magistratura. A questo punto è inevitabile che il premier esca dal suo silenzio e si assuma le sue responsabilità». In sintesi, lo scontro tra governo e una parte della magistratura si arroventa: nulla di nuovo, se consideriamo che a moltissimi osservatori il trionfo della Meloni alle scorse elezioni politiche ha ricordato quello di Silvio Berlusconi nel 1994. E sembra di essere tornati davvero a quei tempi: avvisi di garanzia recapitati attraverso le prime pagine dei giornali, inchieste à gogo, media di sinistra che svolgono il compito di amplificatori di inchieste giudiziarie appena nate. Quanto fatto trapelare da Palazzo Chigi fa capire molto bene che la Meloni non ha alcuna intenzione di lasciarsi logorare dal circuito mediatico-giudiziario: il premier conosce bene i meccanismi di questa trappola infernale e sa perfettamente che la questione va affrontata immediatamente e con fermezza. Quello che è certo è che le prossime settimane si annunciano torride, e non solo per questioni di temperatura.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ira-chigi-toghe-fanno-opposizione-2662245709.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="davanti-alle-accuse-alla-santanche-la-minoranza-va-in-ordine-sparso" data-post-id="2662245709" data-published-at="1688715762" data-use-pagination="False"> Davanti alle accuse alla Santanchè la minoranza va in ordine sparso Dall’inizio della legislatura non c’è stato un solo dossier su cui le opposizioni non siano andate in ordine sparso. La vicenda che coinvolge il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, non fa eccezione, ma ciò che è più rilevante è che si tratta di distinguo per un mero posizionamento politico, bensì di punti di vista talvolta opposti, che investono la concezione stessa del rapporto tra politica, magistratura e media. In soldoni, è emersa ancora una volta la faglia tra l’ala garantista e quella giustizialista del centrosinistra, con il Pd risucchiato nella competizione forcaiola con il M5s e il Terzo polo ormai ridotto a un saloon di sfondo per la rissa perenne Renzi-Calenda. A guidare l’assalto al ministro è senza dubbio la pattuglia parlamentare grillina, che ieri ha dato vita a Palazzo Madama a un’escalation, prima annunciando in Aula, attraverso il capogruppo Stefano Patuanelli, la presentazione di una mozione di sfiducia, poi facendo partire la gazzarra dai banchi del Senato al grido «dimissioni», e infine convocando una conferenza stampa di Giuseppe Conte, alla presenza di alcuni ex dipendenti delle aziende della Santanchè. Di fronte agli effetti speciali grillini, tanto per cambiare, il Pd di Elly Schlein non ha potuto che andare a rimorchio, stoppando ogni eventuale refolo di garantismo che sarebbe potuto provenire dall’ala riformista ex renziana e ha fatto sapere a breve giro di voler sottoscrivere la mozione. Tanto che ora i dem si sono allineati al fervore pentastellato nel chiedere che il ministro riferisca anche alla Camera e stanno preparando una mozione di sfiducia in quel ramo del Parlamento. Oggi a tentare di recuperare il gap di giustizialismo creatosi ieri col M5s sono stati i dem Sandro Ruotolo e Toni Ricciardi. Il primo, in qualità di responsabile informazione del Nazareno, ha affermato che «Daniela Santanchè per noi si deve dimettere senza dover aspettare la conclusione dell’iter giudiziario. Ha mentito sapendo di mentire. Ecco perché voteremo a favore della mozione di sfiducia presentata dai 5 stelle». Per Ricciardi, che è vicepresidente dei deputati dem, «al ministro non restano che le immediate dimissioni. È una questione di opportunità politica, di dignità e decoro. Credo sia del tutto evidente che la Santanché non possa più ricoprire l’incarico senza ledere l’immagine del Paese e quella dell’esecutivo». I 5 stelle tentano però di mantenere il primato dell’intransigenza, attivandosi per una mozione di sfiducia bicamerale, come annuncia il capogruppo a Montecitorio, Francesco Silvestri: «Anche alla Camera il M5s ha presentato una mozione di sfiducia. La Santanchè ha provato a sottrarsi in tutti i modi e così facendo ha mancato di rispetto a un ramo del Parlamento e a una delle istituzioni che dovrebbe essere in grado di rappresentare». Rincara la dose Michele Gubitosa, anch’esso deputato, per il quale «il fatto giudiziario non c’entra nulla ma il ministro ha mentito al Senato e dopo le menzogne riportate abbiamo chiesto le dimissioni. Sui voti di tutta l’opposizione», ha concluso sibillino, «poi ognuno si assume le proprie responsabilità». Nel mirino di Gubitosa e di tutto il M5s c’è la parte di opposizione che non ha abdicato al garantismo nemmeno per la vicenda del ministro del Turismo, segnatamente Matteo Renzi e Italia viva, che ha ribadito anche ieri la propria linea con Ettore Rosato: «L’approccio che adotta una parte dell’opposizione, affrettandosi a presentare una mozione di sfiducia nei riguardi del ministro, ottiene come sempre il solo obiettivo di cementare ancora di più la maggioranza. Sui temi giudiziari i giornalisti fanno il loro mestiere. Troppe volte però vedo avversari o alleati politici coinvolti in vicende che occupano le prime pagine dei giornali o dei rotocalchi televisivi e poi, dopo un po’, si sgonfiano in un nulla di fatto, che nel frattempo ha comunque provocato una lesione alla credibilità di persone risultate poi estranee». Parole che tengono alta la tensione con Carlo Calenda, che a margine della informativa del ministro era stato tacciato dai renziani di «grillismo» per la richiesta di dimissioni. Monolitici i rossoverdi, che con Angelo Bonelli hanno annunciato un’interrogazione al premier sull’operato del ministro. Infine, il caso del capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, il quale ha minacciato di querelare Il Foglio per aver ipotizzato che il bersaglio della frecciata della Santanchè sui politici di sinistra che prenotano nei suoi locali (in primis il celebre Twiga) fosse principalmente lui. «È una cosa falsa», ha commentato Boccia, «e mai avvenuta».
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