
Gli sport equestri sono in fase di rilancio dopo anni difficili in cui avevano perso appeal. A oggi la Federazione italiana sport equestri conta oltre 170.000 tesserati, più della metà rispetto al 2020. A livello occupazionale dà lavoro a 35.000 persone.I cavalli e lo sport, un binomio che da sempre appassiona milioni di persone in tutto il mondo, ma che negli ultimi anni, specialmente in Italia, era indirizzato in una fase calante per interesse e appeal. Dopo la bellissima ed emozionante parentesi legata a Varenne a cavallo degli anni Novanta e Duemila, di fatto, l'ippica nel nostro Paese è stata relegata sempre più a sport di nicchia. Una parentesi quella di Varenne, che lo vide nel 2001 vincere tutte le corse più importanti del mondo e a ricevere il titolo di Cavallo dell'anno in tre Paesi diversi, Italia, Francia e Stati Uniti, unico a riuscirci nella storia dell'ippica. Mentre nel 2002 fu eletto a suon di record il trottatore più ricco e più veloce di sempre.Un fenomeno che divenne popolare, anche per chi di ippica non se ne intendeva. Da allora nessun altro cavallo è stato in grado di animare a tal punto la passione degli italiani. E tutto il movimento ne ha sofferto. Meno visibilità significa bassa capacità attrattiva agli eventi, e di conseguenza calo degli investimenti e un inevitabile ridimensionamento dal punto di vista economico. Negli anni la politica è sempre stata distante da questo mondo: gli ippodromi hanno costi alti a livello di gestione, a partire dall'energia elettrica, il cui costo è aumentato vertiginosamente dopo la crisi delle materie prime, fino al costo della sabbia per le piste.Sul territorio italiano oggi si contano 32 ippodromi nei quali si svolgono le specialità del trotto e del galoppo. La maggior parte di questi si trova in Lombardia (San Siro, l'unico ippodromo a essere stato dichiarato monumento d'interesse nazionale), Emilia Romagna (quello di Cesena inaugurato nel 1927), Toscana (Visarno, San Rossore e Caprilli), Marche e Campania (Agnano, dove nel 2002 Varenne segnò il record di corsa a tempo). Tra i più celebri e importanti, considerati veri e propri templi dell'ippica, non possiamo non citare però l'Ippodromo di Maia a Merano, in Trentino Alto Adige, l'Ippodromo delle Capannelle a Roma e l'Ippodromo del Mediterraneo a Siracusa in Sicilia. In un viaggio ideale da Nord a Sud che testimonia come l'Italia abbia sviluppato negli anni una forte tradizione legata a questo sport, le cui base sono state gettate negli anni Venti del secolo scorso, e che nessuna crisi potrà mai spazzare via.Una crisi che negli ultimi anni sembra essersi affievolita, con il settore che sta provando a riemergere piano piano. A dirlo sono i numeri. La Fise - Federazione italiana sport equestri - conta a oggi più di 170.000 tesserati, un dato che è in netta crescita rispetto al 2020 del 53%. Fise che ha effettuato insieme alla Luiss Business School uno studio approfondito sul valore economico dell'ippica in Italia e dal quale è emerso come tutto il movimento genera un impatto totale sul Pil compreso tra i due e i tre miliardi di euro, di cui un miliardo e 700 milioni relativo alla spesa sostenuta da chi pratica quotidianamente uno sport equestre. Sempre secondo i numeri pubblicati sul report Il Cavallo vincente, a livello occupazionale l'ippica dà lavoro a 35.000 persone.E poi c'è tutto il mondo legato alle scommesse. Da quelle direttamente all'ippodromo a quelle online. Stando al report annuale diffuso dall'Agenzia delle dogane e monopoli, gli appassionati di cavalli che puntano sulle corse generano una spesa di circa 220 milioni di euro: in testa alla classifica c'è Milano con 5 milioni e 160.000 euro di spesa, seguita da Roma con 3 milioni e 350.000 euro e Napoli con 3 milioni e 160.000 euro. Scommesse che rappresentano la principale fonte di finanziamento del settore, ma per tornare ai fasti di un tempo occorre rilanciare tutta la filiera in modo da attrarre nuovamente la gente negli ippodromi e così gli investimenti e gli sponsor.
Palazzo Madama (iStock)
Il taglio alla tassazione sugli aumenti contrattuali aiuta 3,3 milioni di dipendenti che guadagnano meno di 28.000 euro, mentre con la riduzione Irpef ci sono vantaggi da 440 euro dai 50.000 euro in su. Fdi ritira l’emendamento sugli scioperi.
Una lettura attenta della legge di bilancio fa emergere altri argomenti che rivelano il carattere strumentale della narrazione data dalla sinistra su una manovra poco attenta alle fasce deboli e invece orientata a favorire i «ricchi». Dopo l’operazione «verità» effettuata dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, sulla natura della riforma delle aliquote dell’Irpef che, contrariamente alla tesi di Cgil e Pd, non va a favorire quelli che a sinistra considerano «ricchi», era rimasta in piedi la tesi che comunque questa manovra è squilibrata a vantaggio del ceto medio, poiché dei bassi redditi il governo si è occupato nelle precedenti leggi di bilancio. Ma guardando con attenzione al testo depositato in Senato e che comincerà l’iter di esame la prossima settimana, emergono una serie di misure proprio a favore dei ceti meno abbienti.
- Il gruppo armato Jnim avanza seminando morte e bloccando strade e commercio. Le forze governative, sostenute dai russi, annaspano.
- Ag Ghaly è riuscito in ciò che nessun capo tuareg aveva mai ottenuto: trasformare la lotta per l’autonomia in una crociata globale in nome di Maometto. Finanziandosi attraverso il controllo delle rotte di esseri umani.
Lo speciale contiene due articoli.
Dario Fabbri (Ansa)
L’esperto Dario Fabbri: «Se l’Ucraina in futuro cambiasse regime, diventerebbe un cavallo di Troia dei russi. La corruzione? A quelle latitudini è normale. Putin ha ottenuto solo vittorie tattiche, adesso gli serve la caduta di Zelensky».
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 novembre con Flaminia Camilletti





