2018-12-17
Suor Germana: «Io, Dio e gli angeli fra i fornelli. La cucina serve a unire la famiglia»
La religiosa-cuoca, nonna di tutti i Masterchef, ha venduto milioni di copie con le sue agende di ricette. «Ho sempre seguito i giovani, ne ho avviati al matrimonio 100.000. E conosco i piatti segreti per fare pace».«Ho cominciato con uno sciopero della fame, poi il buon Dio mi ha regalato 3.000 ricette». Nella casa di riposo vicino a Varese dove l'estate scorsa ha compiuto 80 anni, Suor Germana riassume così la sua vita, una centrifuga di emozioni, aneddoti, ricordi, buoni consigli tenuti insieme dal sorriso di chi è in pace con il mondo e dagli occhi verdi che guizzano come allora. Quando era una star della televisione nei Masterchef democristiani ma anche a Domenica in, Unomattina, il festival di Sanremo. Tutto questo con il velo in testa e 30 anni prima di Carlo Cracco; insegnava agli italiani il mangiar sano - dall'antipasto al dolce - con 10.000 lire di spesa (5 euro).La chiamavano la suora che insegna i peccati di gola. Un giorno un vescovo le disse, geloso e rabbuiato: «Tu sei solo un marchio». Invece Suor Germana - nata Martina Consolaro a Crespadoro in provincia di Vicenza, quinta di nove fratelli - era un vulcano. Era l'anima del Punto Familia di Torino, cucinava per il Papa, costringeva Famiglia Cristiana a mettere al lavoro tre tipografie contemporaneamente per stampare gli otto milioni di copie delle sue agende, tradotte in inglese, tedesco, ceco. E tutto questo aveva uno scopo che le ha riempito la vita: aiutare i giovani ad amarsi, a trasformare due cuori in una famiglia oltre le tempeste. «Ho avviato 100.000 coppie al matrimonio». Coppie, non solo copie.Suor Germana, perché il suo primo atto pubblico fu lo sciopero della fame? «Era il 1957, avevo 12 anni e volevo farmi suora, ma mio papà era contrario perché ero troppo piccola. L'ho vinta io, avevo già un caratterino».È famosa non per le preghiere, ma per le ricette. «È stata la volontà di Dio. Mi aveva insegnato a cucinare mia mamma Cecilia, le bocche da sfamare in casa erano tante e qualcuno doveva aiutarla. Pelare le patate, abbrustolire la polenta. Poi a Torino mi dissero che dovevo insegnare a cucinare a un corso per fidanzati; da lì è partito tutto».Trent'anni di libri e di agende, 3.000 ricette, Mangiare da Papa, Il pane dell'anima e soprattutto il bestseller Quando cucinano gli angeli, due milioni di copie, 32 edizioni. Neanche Fabio Volo. «Avevo un vantaggio: Gesù sa quanto sia importante la buona cucina, infatti è a tavola che ha deciso di compiere i suoi miracoli più celebri. Le nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani e dei pesci le suggeriscono qualcosa? Poi c'è un dato anatomico decisivo».Quale, sorella? «È stato lui a mettere lo stomaco vicino al cuore, così i messaggi che partono dall'uno arrivano subito all'altro. Il senso non è riempire la pancia, ma aiutare la famiglia, tenere acceso il focolare durante le tempeste. Ho dedicato la vita ai ragazzi e al loro amore. Ho inventato il menù dei giorni neri dopo una litigata. La cucina è stata il mezzo, non il fine».Qual è il menù perfetto per tornare ad amarsi? «L'unità della famiglia è il regalo più bello che si possa fare ai figli, sono stanca di asciugare le lacrime dei ragazzi di genitori separati. L'unità va celebrata con un menù festivo magari modesto ma realizzato con amore. Tortellini o agnolotti come primo, coniglio con patate come secondo. E il dolce è scontato».Per lei, non per noi. Quale sarebbe? «La crostata di frutta di San Valentino, se volete esagerare la mettete in uno stampo a forma di cuore».Ma lei è per la sostanza. Cosa pensa degli chef stellati che si preoccupano dell'impiattamento? «I cuochi filosofi mi fanno sorridere, vedo in giro meno sostanza e più apparenza. Ma non è una novità, ricordo negli anni Novanta una vicenda simile con Gianfranco Vissani».Ce la racconta? «In tv avevano organizzato una gara fra me e lui. Bisognava realizzare un pranzo con 10.000 lire, ho vinto io usando prodotti del territorio. Adesso lo chiamano chilometro zero. In realtà ha perso Vissani, con piatti di pesce costosissimi. Diceva che nel suo ristorante 100.000 lire bastavano solo per annusare il profumo».È l'Italia della casta e di Riccanza, realtà lontane anni luce. «Oggi nella mia agenda c'è anche la ricetta da un euro. Dio dice che quando sei povero, il poco che hai ti fa sembrare ricco».Nella vita c'è una ricetta per tutto? «Sì, io ne ho inventate per fidanzati, per suoceri, per bambini. Piatti sani e poco costosi perché dove non arriva il portafoglio deve sempre arrivare il cervello. Ma la più grande soddisfazione è stata la cucina per non vedenti».In che senso? «È stato il gruppo più tenero e simpatico che ho avuto. A tutti ho dato in mano un peperone rosso e un peperone giallo, chiedendo di che colore fossero: nessuno l'ha sbagliato. Il buon Dio ti toglie una cosa e te ne regala un'altra».A lei un giorno tolse la serenità. «È stato un periodo durissimo, la chiamano depressione. Ti dicono datti da fare, devi uscirne da sola, tirati su. Sciocchezze, ma le avrei dette anch'io se non l'avessi provata sulla pelle. La depressione fu la conseguenza di uno strappo doloroso, di diritti d'autore mai del tutto ricevuti, che servivano per il centro e per coloro che bussavano alla mia porta. Fui travolta. Dio mi mise alla prova, l'ho superata».Tutto questo lo racconta nell'agenda 2019 appena uscita, La vita e le ricette di Suor Germana. «Ho buona memoria, ricordo quasi tutto. Anche la fondue bourguignonne vegetale inventata per papa Giovanni Paolo II quando venne in visita a Torino. Al posto della carne ho usato punte di asparagi cotte al vapore, gli intingoli erano pesto alla genovese, salsa di tomini e salsa verde piemontese. Il papa era così contento che prese il cucchiaino del Bonet e si mangiò tutte le salse».Dalla sua finestra si vede il tramonto sulla vallata. Ma il futuro? «Guardi, Ho già pronto il titolo dell'agenda del 2020: Coppia, dove sei?. Le piace?».Ancora la famiglia, di questi tempi non è particolarmente di moda. «L'unico modo per salvare la società è salvare la famiglia. Un po' perché la società si è molto laicizzata, un po' perché i giovani sposi si concentrano sul pranzo, sulla luna di miele, sulle esteriorità e si dimenticano Gesù in chiesa. Oggi volersi bene per sempre è un concetto che fa paura. Ma mi fermo perché penso a una battuta di mio papà Antonio».Qual era? «Ti te si fata monega e te parle sempre de morosi. Gli piaceva scherzare, ma di famiglia bisogna parlare per salvarla. Fra i miei ex allievi la percentuale di separati è dello 0,1%. Sa qual è la media nazionale? 50%. E sa chi fu il primo a preoccuparsi delle separazioni di massa?».No, mi illumini. «Ad affrontare questo problema prima di me fu un certo Giuseppe Stalin. Quando vide l'alto numero di separazioni che comprometteva l'economia nazionale sovietica, il dittatore creò appositi corsi di preparazione per coppie in crisi, non so con quale esito».Oggi non c'è una sola famiglia. «Mi riferisco a quella consacrata e sono contenta che oggi ci sia un ministero della Famiglia per difendere quella naturale dalle altre. Però patisco nel vedere questi politici imbranati, con le parole sempre un po' lontane dai fatti».Dal suo osservatorio quale Chiesa vede? «Le rispondo con un aneddoto. Nel 1980 papa Wojtyla mi fece l'onore di invitarmi alla Cei a parlare di famiglia, alla vigilia dell'esortazione apostolica Familiaris Consortio. Ha capito bene, una suora in mezzo ai vescovi. A sorpresa mi diedero la parola e io ne approfittai: “Dicono spesso che la Chiesa è madre, ma da questa assemblea sembrerebbe essere padre. Una madre sa come preparare del buon pane per i suoi figli, invece il vostro è un pane duro, che non riusciamo a mordere"».Traduzione per i comuni mortali? «Troppo complicati, troppo distanti. Alla fine il vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, mi ringraziò perché li avevo tirati tutti giù dalle nuvole».Qual è il suo ricordo più curioso della vita da cuoca mediatica? «Un giorno in Germania improvvisai un menù in un minimarket con prodotti italiani per promuovere un libro: nei mesi successivi la domanda di prosciutti e formaggi italiani triplicò. Sul primo canale della televisione tedesca andò in onda un programma in cui preparavo i tortellini in diretta. Il giorno dopo una bambina per strada mi apostrofò: “Ciao sister tortellino"».Suor Germana è felice? «Sono fortunata, ho vissuto pienamente la mia vita per la famiglia consacrata. Felice? Dal 1961 sono sempre stata in mezzo ai giovani e qui fuori c'è scritto: casa per anziani».Ha più tempo per conversare con Lui. «Il dialogo con lui è indispensabile, anche perché il buon Dio è un po' meridionale, un po' geloso. Se chiedi aiuto a qualcuno che non è lui, si dispiace».
(Ansa)
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