2025-01-15
Intesa vara la sua manovra: in arrivo 200 miliardi per sostenere l’economia
Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, e Emanuele Orsini, presidente di Confindustria (Ansa)
Siglato un accordo quadriennale con Confindustria. Messina: «Serve un aumento dei salari collegato alla produttività. Il risparmio italiano va investito nel Paese».Un passo fondamentale per il rilancio e la competitività del sistema industriale italiano: Intesa Sanpaolo e Confindustria hanno rinnovato per altri quattro anni l’accordo che mette al centro l’innovazione, la sostenibilità e lo sviluppo delle imprese italiane. Con un impegno straordinario di 200 miliardi di euro disponibili fino al 2028.«Questo è il Pnrr di Intesa Sanpaolo per il Paese» ha commentato Carlo Messina, amministratore delegato della banca prendendo spunto dall’equivalenza delle risorse di questo programma con il finanziamento europeo (198 miliardi). In un contesto internazionale sempre più competitivo, Messina ha sottolineato la necessità di anticipare le sfide globali rispondendo alle esigenze di trasformazione digitale e transizione ecologica. Per il ceo di Intesa Sanpaolo, il modello di relazione virtuosa che la banca propone alle imprese non è solo un’opportunità, ma una autentica responsabilità verso il Paese. Tanto più che lo sguardo, oltre che alle imprese, è rivolto al lavoro. «Credo», ha dichiarato, «che in questo Paese si debba fare una forte riflessione sull’aumento dei salari collegato alla produttività, perché con un aumento dei salari si rende possibile un aumento dei consumi e inoltre si riducono le disuguaglianze che sono un punto centrale».Secondo Messina, «la concentrazione della ricchezza in fasce di popolazione sempre più limitate rappresenta un pericolo sociale»Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, non ha raccolto l’appello del banchiere. Ha preferito evidenziare come l’accordo con Intesa Sanpaolo rappresenti un elemento essenziale per la realizzazione della politica industriale italiana. «È indispensabile», dice, «che ci sia una leadership in Europa che io oggi vedo pochissimo». A suo parere il nostro Paese ha tutte le potenzialità per diventare un punto di riferimento stabile in Europa.Le parole di Carlo Messina ed Emanuele Orsini si sono intrecciate in un appello comune per una maggiore coesione e leadership dell’Europa. Messina ha dichiarato con chiarezza che «l’Europa dovrebbe pensare un po’ di meno e fare un po’ più di cose». Ha sottolineato la necessità di un’azione concreta che parta dalla disponibilità di risorse interne. L’Italia, secondo il banchiere, ha la possibilità di giocare un ruolo chiave non solo per il proprio sviluppo, ma anche per il futuro dell’intera Europa. «Il nostro Paese è l’unico con un governo stabile». Un’opportunità per assumere una leadership industriale e finanziaria a livello europeo. L’accordo è stato annunciato nel nuovo grattacielo di Intesa Sanpaolo, un simbolo tangibile dell’impegno della banca nell’ambito dell’industria del risparmio e della finanza innovativa. La sede ospita, oltre a Isybank (la banca digitale), anche Eurizon e Banca Fideuram. Sono le punte di diamante del gruppo come catalizzatori per l’innovazione e la crescita economica. Il risparmio secondo Carlo Messina rappresenta un elemento cruciale per lo sviluppo economico. «Il risparmio italiano dovrebbe essere investito prima di tutto in Italia, così come il risparmio europeo dovrebbe essere destinato ai progetti europei», ha dichiarato. Per il ceo di Ca’ de Sass, è fondamentale sviluppare meccanismi di incentivazione fiscale e politiche che facilitino l’assorbimento del capitale da parte delle banche, creando così un ciclo virtuoso che sostenga la crescita.Messina ha anche espresso il suo forte sostegno per l’introduzione degli Eurobond, strumenti finanziari che, secondo lui, sono necessari per garantire la solidità e il futuro dell’Unione. Con l’obiettivo di rafforzare la capacità di investimento in progetti europei, Messina ha rimarcato come il risparmio Ue debba essere messo a servizio della crescita dell’Europa stessa, incentivando le banche a investire in modo più diretto e mirato.Nel contesto attuale, caratterizzato dalla rapida evoluzione tecnologica, dalle sfide legate alla sostenibilità e dalla necessità di una politica industriale coesa, l’accordo tra Intesa Sanpaolo e Confindustria è un segnale chiaro della volontà di costruire un futuro solido per il Paese e per l’Europa. Con l’obiettivo di promuovere la competitività delle imprese italiane e rafforzare il ruolo dell’Italia nell’ambito della crescita europea, questa alleanza segna una tappa fondamentale per il rilancio economico dell’Italia, capace di guardare con ottimismo alle sfide che il futuro riserva.In un contesto globale in continua evoluzione, l’accordo tra Intesa Sanpaolo e Confindustria rappresenta quindi un elemento di speranza e di azione concreta per le imprese italiane, pronte a sfruttare tutte le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti, dalla transizione ecologica e da un quadro di politiche industriali condivise, sia a livello nazionale che europeo.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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