2019-03-13
Gomma, pelletteria e dolci: i distretti industriali spingono ancora il Paese
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Da Nord a Sud sono sinonimo di produttività e crescita: i distretti industriali italiani corrono più delle altre aree, macinando fatturato, esportando e adottando con rapidità le nuove tecnologie. Il quadro emerge dall'undicesima edizione del rapporto annuale sull'economia e la finanza dei distretti, realizzato dalla direzione studi di Intesa Sanpaolo. La ricerca ha preso in esame i bilanci (2008-2017) di quasi 20.000 imprese appartenenti a 156 distretti, e di oltre 62.000 aziende non distrettuali attive negli stessi settori E i risultati dimostrano la vitalità di queste aree: nel 2017 i distretti hanno visto una crescita del fatturato maggiore rispetto alle aree non distrettuali (+4,3% contro +4%). Nel decennio 2008-17 il differenziale di crescita ha superato i 5 punti percentuali. Anche nel 2018, nonostante la frenata dell'economia, la crescita del fatturato dei distretti è proseguita, seppure a ritmi più contenuti (+3,4%). In queste zone, inoltre, la produttività del lavoro è maggiore: nel 2017 è salita a 56mila euro per addetto, il 10% in più rispetto alle aree non distrettuali specializzate negli stessi settori. Le aree di eccellenza sono presenti su tutto il territorio italiano: nella classifica dei 20 distretti migliori ci sono 10 realtà del Nord Est, 6 del Nord Ovest e 2 ciascuno per il Centro e il Sud. A fare la parte del leone a livello settoriale è la metalmeccanica, con 12 distretti nella top 20, seguita dall'agroalimentare con 4 eccellenze. Ai primi tre posti di questa classifica, per performance di redditività e crescita, ci sono il distretto della gomma del Sebino bergamasco (con 85 punti su un massimo di 100), quello della pelletteria e calzature di Firenze (77,9 punti) e i dolci di Alba e Cuneo (76,5). Seguono il distretto della termomeccanica scaligera (provincia di Verona), la meccatronica di Reggio Emilia, i metalli di Brescia, i vini dei colli fiorentini e senesi, la meccanica strumentale di Vicenza, la meccatronica dell'Alto Adige e il prosecco di Conegliano-Valdobbiadene. Nella seconda parte della graduatoria troviamo il distretto delle macchine per la lavorazione delle calzature di Vigevano, l'occhialeria di Belluno, la meccatronica del barese, il distretto delle materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova e quello delle macchine agricole, sempre tra Padova e Vicenza. Chiudono la classifica dei migliori distretti l'alimentare di Avellino, la meccanica strumentale del bresciano, la metalmeccanica di Lecco, la meccatronica di Trento e le macchine per imballaggio di Bologna. Grazie all'apporto fondamentale di queste eccellenze l'Italia si mantiene saldamente al quinto posto al mondo per l'entità del saldo commerciale con l'estero, con 90 miliardi di dollari nel 2017 (al netto del commercio di prodotti petroliferi): l'avanzo commerciale dei distretti è stato pari a 79 miliardi di dollari. Tra i punti di forza dei distretti c'è il ruolo delle filiere di prossimità: in queste aree, infatti, fornitori e committenti sono molto più vicini (100 km contro 118). I legami con il territorio vengono percepiti come vantaggiosi per le imprese più piccole, ma anche per i soggetti più grandi, che considerano l'appartenenza al distretto un'agevolazione ai processi di innovazione (nel 44% dei casi) e di internazionalizzazione (42%). Distretto significa anche innovazione: secondo il rapporto, infatti, in queste aree sono favorite l'adozione di tecnologie 4.0 e l'interazione con le startup e le Pmi innovative, presenti anche nei territori distrettuali. Una serie di vantaggi che sta portando alla nascita di nuovi distretti, anche in settori meno tradizionali, come la cosmetica, che si sta sviluppando nel cremonese, e la componentistica auto, nel torinese e nel bresciano. A dare una spinta verso il rinnovamento è anche la sempre maggiore presenza di capitali esteri nelle compagini societarie: il 43% degli ingressi è stato effettuato dopo il 2001, contro il 30% circa nelle aree non distrettuali, con punte sopra il 63% nel caso degli investitori francesi, presenti soprattutto nel settore moda, e una quota del 44% per i tedeschi, che invece si focalizzano sugli investimenti greenfield. Tra gli aspetti da migliorare c'è la governance: il 76% delle imprese distrettuali vede sedere nei board amministratori nati esclusivamente nella regione di operatività, contro il 70% delle altre aziende. Un trend che cambia per le imprese più grandi, che nel 55% dei casi accolgono consiglieri provenienti da fuori regione e nel 26% stranieri, aprendo le porte in questo modo a manager con esperienza internazionale e competenze trasversali. C'è poi il problema del capitale umano: le imprese distrettuali faticano a trovare operai specializzati, e soprattutto addetti con competenze legate alle tecnologie 4.0 (nel 78% dei casi, contro il 71% dei casi al di fuori dei distretti). Una criticità che si può superare, secondo lo studio, attraverso una rivisitazione dei canali di assunzione nei distretti, che per i tre quarti delle imprese sono ancora molto ancorati a procedure informali.INFOGRAFICA!function(e,t,s,i){var n="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName("script")[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(i)&&(i=d+i),window[n]&&window[n].initialized)window[n].process&&window[n].process();else if(!e.getElementById(s)){var r=e.createElement("script");r.async=1,r.id=s,r.src=i,o.parentNode.insertBefore(r,o)}}(document,0,"infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js");
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