2025-08-03
«Condotte omissive durante la pandemia. Ora sanitari e tecnici a rischio processo»
Sergio De Nicola (Imagoeconomica)
Sergio De Nicola, sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari: «I familiari delle vittime riformulino le denunce».Come preannunciato dalla Verità, diverse associazioni stanno chiedendo la riapertura di processi nei confronti di dirigenti sanitari, politici e tecnici dopo che sono state rese note le motivazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Corte Costituzionale. Se il delitto di epidemia colposa «può essere integrato anche da una condotta omissiva», come scrivono gli ermellini, anche il «non fare» diventa reato. Per questo, il Comitato dei familiari delle vittime del Covid in Molise chiederà la riapertura del fascicolo archiviato in Procura a Campobasso. «Avevamo ragione e agiremo di conseguenza», ha dichiarato il legale Enzo Iacovino.Lo scorso anno, accogliendo la richiesta del procuratore Nicola D’Angelo, il gip Roberta D’Onofrio aveva archiviato il procedimento a carico di dieci tra funzionari e medici dell’azienda sanitaria regionale, in seguito alle denunce dei familiari sulla gestione della pandemia negli ospedali molisani. «Grazie a condotte irresponsabili vi è stata una conclamata diffusione colposa del Covid al Cardarelli e negli ambienti esterni», ha ricordato l’avvocato, promettendo: «Andremo avanti penalmente e civilmente. Lo dobbiamo alle tante vittime». Ma quali percorsi giudiziari potranno essere intrapresi? Lo abbiamo chiesto a Sergio De Nicola, sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari.Dottore, che cosa accade dopo che viene chiesta la riapertura di un processo archiviato dal gip in merito alla gestione della pandemia da Covid nel 2020?«Le indagini a cui si riferisce sono state archiviate sul presupposto che la normativa penale non consentisse di punire le condotte omissive. Dal punto di vista strettamente tecnico, nel nostro ordinamento processuale la riapertura delle indagini è collegata alla configurazione di nuovi elementi di prova, un po’ come nel giudizio di revisione. Ora, è vero che questa sentenza delle Sezioni Unite fornisce una interpretazione diversa, più che autorevole, che amplia la possibilità di configurare il reato e quindi l’incriminazione, però il quadro probatorio dei singoli casi non cambierebbe. Il gip, al quale va formulata la richiesta di riapertura, potrebbe anche ritenere che non ci siano le condizioni malgrado il cambiamento di orientamento giurisprudenziale». Ma l’archiviazione non è una sentenza.«Infatti, non ha carattere di irrevocabilità. Sulla base di questa interpretazione della Cassazione, principio molto importante, secondo me potrebbero essere ripresentate le denunce».Di nuovo?«Le singole persone danneggiate potrebbero riformulare le denunce partendo proprio dal principio enunciato da questa sentenza. Ritengo che questa sia la strada giusta da seguire, perché non ci si esporrebbe al rischio di una interpretazione recessiva da parte del gip, che pure sarebbe legittima sulla base delle attuali norme processuali. E non ci sarebbe il rischio di una parcellizzazione delle pronunce».Riformulare la denuncia, dunque, dando una lettura diversa dei comportamenti denunciati. Altrimenti?«ll dubbio è che essendo stato l’indagato già sottoposto a indagini in relazione al medesimo evento, queste non vengano riaperte. Se il pm, come potrebbe fare, non decide di chiedere al gip la riapertura perché gli elementi di fatto sono gli stessi e archivia la richiesta, la situazione processuale non si modifica».Una strada da percorrere quale può essere?«Si può chiedere al procuratore della Repubblica una rivalutazione del singolo caso, collegando questa sentenza ad elementi specifici, rilevanti di quel procedimento. Una richiesta di svolgere ex novo le indagini, con l’eventuale incriminazione del sanitario, tecnico o della persona in precedenza indagata, individuabili come “responsabili” delle condotte omissive che le Sezioni Unite hanno ritenuto rilevanti per configurare quel reato».Quindi anche il non aggiornamento e la non attuazione di un piano pandemico?«Il principio di diritto enunciato è che il reato di epidemia colposa può essere determinato anche da una condotta omissiva. Dal momento che si tratta di applicare l’articolo 40 del codice penale, norma che estende l’ambito della responsabilità anche alle condotte omissive che siano ritenute causalmente rilevanti per la realizzazione di un evento, che configura l’elemento materiale del reato, il procuratore prima, il gip poi, devono valutare se per le singole figure professionali fosse configurabile l’obbligo specifico di predisporre il piano pandemico. Come sempre per i casi di responsabilità colposa in materia sanitaria, l’elemento dirimente è quello causale, ovvero, occorre dimostrare che la singola condotta -commissiva, o omissiva collegata ad un obbligo/dovere giuridico di attivarsi- è stata causalmente rilevante nel determinismo dell’evento dannoso».Dipende dalla discrezionalità del singolo magistrato?«Questo purtroppo spesso capita. Dobbiamo necessariamente rimetterci al prudente apprezzamento di chi ha svolto le indagini e che ipoteticamente dovrebbe riprenderle in mano partendo proprio da questa sentenza, che può avere risvolti molto rilevanti ai fini della riapertura delle indagini in relazione a molti casi».Tutti i procedimenti, archiviati e relativi a comportamenti omissivi durante la pandemia, potrebbero essere riaperti?«Il principio vale innanzitutto per il reato di epidemia colposa, quindi occorre che le precedenti denunce l’abbiano configurato in relazione a singoli comportamenti».
Ecco #DimmiLaVerità del 7 ottobre 2025. L'eurodeputata e vicesegretaria della Lega Silvia Sardone sostiene che Ilaria Salis sia stata salvata dal Partito popolare europeo.
Mario Venditti. Nel riquadro, il maresciallo Antonio Scoppetta (Ansa)
La neo premier giapponese Sanae Takaichi (Ansa)
Andrej Babis (Getty Images)