2025-06-22
Paolo Marcheschi: «Al Teatro della Pergola troppe opacità, andremo alla Corte dei conti»
Paolo Marcheschi (Imagoeconomica)
Il senatore fiorentino di Fdi: «Nomine e distribuzione di risorse decise nei circolini rossi. Il ministero non sarà più un bancomat».Nella tempesta che ha investito il Teatro della Pergola di Firenze, uno simbolo di cultura toscana, il fiorentino Paolo Marcheschi, senatore di Fdi, fa chiarezza. L’accusa è dura: gestione politicizzata, sprechi, assenza di trasparenza, incarichi forzati e una governance «fatta in casa». E non si esclude un danno erariale. Per questo, annuncia, è in arrivo un esposto alla Corte dei conti.Qual è il nodo della vicenda? «È esploso quello che si può chiamare “sistema Pergola”. Una gestione che si trascina da anni, con nomine e distribuzione delle risorse decise da soggetti legati politicamente al centrosinistra. Quando siamo arrivati al governo, ci hanno accusato di voler egemonizzare la cultura. In realtà, stiamo cercando di liberare la cultura dall’egemonia già esistente, tutta interna agli organigrammi del Partito democratico».Cosa non ha funzionato nella gestione economica? «Il Pergola è stato amministrato con leggerezza. Parliamo di milioni di euro pubblici: stipendi alti, contratti opachi, mancata rendicontazione. Si è dato troppo per scontato che i fondi del ministero arrivassero ogni anno senza controlli. E, invece, il nostro indirizzo è chiaro: finanziamo solo chi dimostra, numeri alla mano, di meritare. È finito il tempo delle erogazioni “per consuetudine”».Il punto critico è stato il licenziamento di Giorgetti? «Il sindaco di Firenze, Sara Funaro, ha forzato la mano per sostituire senza urgenza o giustificato motivo il direttore generale, senza avere i poteri per farlo. Marco Giorgetti non poteva essere licenziato per giusta causa, tanto che gli è stata riconosciuta una buonuscita che non ci è stata neanche comunicata e ora la Fondazione si ritrova con denari pubblici sottratti al bilancio. È qui che si configura un possibile danno erariale. Per questo presenteremo un esposto alla Corte dei conti».Vi accusano anche di andare contro il direttore artistico Stefano Massini. «Non è così. Massini è un grande artista e va tutelato. Ma è rimasto vittima di una strumentalizzazione politica che ha voluto usare la sua immagine per coprire decisioni amministrative scorrette. La sua nomina non è nemmeno prevista dallo statuto, eppure è stato messo lì in fretta e senza informare il ministero della Cultura. È un affronto istituzionale: non è modo di gestire un’ente che si è voluto ergere a rango di teatro nazionale».C’è anche il tema Rifredi... «Un altro buco nero. Un tempo il Teatro di Rifredi riceveva comodamente contributi dal ministero. Poi, dopo l’accorpamento con il Pergola, hanno dovuto sanare contratti di lavoro, contributi e stabilito un affitto da 84.000 euro annui. I soci fondatori? Tre persone, due delle quali marito e moglie, che percepiscono ciascuno 7.000 euro al mese. Più degli stipendi dirigenziali ufficiali. Un’anomalia che, anche questa, porteremo alla Corte dei conti».Come valuta il rapporto tra enti locali e ministero, in questa vicenda? «Gravemente compromesso. Non si possono ricevere milioni di euro dal ministero e non avvisarlo neppure quando si cambia la governance. Il sindaco Funaro si comporta come se il Pergola fosse un feudo, ma il ministero non è più disposto a fare da bancomat. La condivisione delle scelte con chi ti finanzia è il minimo; altrimenti, puoi gestire pure da sola, ma come teatro locale, non nazionale. Cosa che, purtroppo, accadrà».Qual è la visione per il futuro del teatro? «Non vogliamo affossare il Pergola, vogliamo salvarla. Come abbiamo fatto con il Maggio musicale fiorentino. Servono rigore, merito, efficienza. Vogliamo vedere risultati, non solo progetti faraonici senza copertura finanziaria. Se dimostreranno di saper amministrare, torneremo a sostenere pienamente il teatro».Cosa resta, oggi, del «modello Pergola»? «Un sistema malato, dove si campava grazie all’appartenenza politica, non al merito. La cultura va sostenuta, ma con responsabilità. I cittadini devono sapere dove finiscono i loro soldi. E noi dobbiamo controllare che non vengano sprecati».
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