2023-11-12
Oliver Stone: «Dal virus alle guerre, fino alle colpe degli Usa: dubitare è vietato»
Oliver Stone (Getty Images)
Il regista di «Jfk» e «Snowden»: «I media non indagano più, ripetono ciò che pensa la Casa Bianca. L’Europa è succube».«Penso che una certa politica americana abbia causato così tante tragedie ovunque da rappresentare ormai un grande problema. E sono scioccato nel vedere come l’Europa, che negli anni Sessanta era un bastione della libertà di espressione, sia cambiata, specialmente a partire dall’11 settembre».Oliver Stone, regista, sceneggiatore, vincitore di tre Oscar e una delle voci più indipendenti del cinema americano, parla alla Verità della situazione. Tra i sottoscrittori della Westminster Declaration, l’appello pubblico firmato da personalità di tutto il mondo in difesa della libertà di espressione, Stone è stato più volte vittima di censura. Un esempio recente è Ukraine on fire: il documentario, da lui prodotto nel 2016, che mostrava la strategia di costruzione del nemico, è stato bandito dai media americani e rimosso per un certo periodo da Youtube. Per altri lavori, da Jfk in giù, è considerato uno scomodo «rivelatore di complotti». Il nostro colloquio parte proprio dal rischio che le persone si abituino alla manipolazione del racconto.In questo contesto di riscrittura della realtà e di fake news, non si finisce per vivere anche le rivelazioni della verità come «intrattenimento»?«È un problema: i media americani sono meri ripetitori di quello che pensa l’amministrazione dai tempi della prima guerra mondiale e ogni volta ci vogliono anni di lavoro storico e giornalismo indipendente per svelare la realtà, quando ormai è troppo tardi. Quello che è successo con l’assassinio di Kennedy è stato terribile: tutti i principali media hanno taciuto, rinunciando a indagare su uno degli omicidi più sospetti che si siano mai visti e prendendo per buona l’inchiesta della Commissione Warren, tra le più sciatte di tutti i tempi, come ho mostrato nel mio film del 1991 e 20 anni dopo in due documentari. Il termine “cospirazionista” peraltro non significa nulla: è il modo con cui la Cia respinge chiunque faccia domande e cerchi la verità, come ho provato a fare io sulle guerre condotte nel mondo dagli Usa e sull’omicidio del presidente. Il mio lavoro si è fondato su fatti facilmente verificabili e portati alla luce da un gruppo di seri ricercatori. Eppure, sono stato castigato e la mia carriera è stata danneggiata».In un altro suo film, Snowden, lei ha raccontato la storia dell’ex agente dell’intelligence che nel 2013 ha svelato la sorveglianza di massa da parte della Nsa. Un decennio dopo non solo non abbiamo ottenuto più trasparenza e tutela ma la situazione è peggiorata.«È la vicenda di un uomo che non ha creduto a quello che gli raccontavano, ha messo in discussione ciò che l’America stava facendo - come ha fatto Julian Assange - e per questo è stato screditato e cacciato dal Paese. Per me è frustrante passare da essere considerato un eroico regista per aver parlato del Vietnam (in Platoon, ndr) a venir definito “anti americano” per i film su Kennedy e Snowden e i documentari su Castro, Chavez e Putin. Li ho realizzati per offrire un punto di vista diverso. La situazione è peggiorata con l’11 settembre perché tutto è stato ridotto a essere “con noi” o “contro di noi”».Oggi la censura è attuata da società private cui, in nome della protezione dei «fragili», viene ufficialmente dato il potere di decidere cosa è vero o falso. È pericoloso?«Nel mio Paese non si possono sentire punti di vista contrari. Le faccio un esempio: sul Los Angeles Times, un noto critico musicale attacca Eric Clapton, Roger Waters, Robert Kennedy Jr e li infila tutti nella categoria dei “no vax” cospirazionisti. Ora, chiunque valuti la questione dei vaccini e del Covid deve ammettere che è confusa. Io stesso, vaccinato tre volte, mi sono ammalato. Poi c’è il tema della sicurezza, su cui non sono stati onesti perché spinti dalla sete di fare soldi, e dei rimedi stranoti rinnegati a discapito di quelli legittimati dal governo. Ecco: il dubbio non è più permesso. E così una leggenda del rock come Clapton viene definito dal giornalista una “eredità danneggiata” per aver manifestato perplessità e non aver sposato la posizione di Fauci.Screditano ogni persona che pensa con la propria testa, in una deriva ridicola del politicamente corretto: parliamo dei vaccini, ma non possiamo parlare del coinvolgimento degli Usa nelle guerre. Non una parola sul fatto che l’America sta prendendo a calci la Russia in una guerra per procura fatta per indebolirne l’economia. Noi non vogliamo la guerra con la Russia o con la Cina, ma non ci permettono di dirlo».Abbiamo anche documentazioni di interferenze nelle elezioni 2020, quando si è tentato di censurare il discorso politico, in particolare quello di conservatori e repubblicani. A suo avviso possiamo dire di vivere in una democrazia?«Il nostro voto non conta più niente: il Congresso americano è tutto per la guerra. C’è una politica bi-partitica di democratici e repubblicani che vuole interferire negli altri Paesi e combattere Russia e Cina. Nessuno di questi Paesi ha mai attaccato gli Usa; ci sono sempre state rivalità economiche ma non guerre. Silvio Berlusconi aveva capito che la negoziazione è cruciale, mentre la vostra premier ha dimostrato di non aver capito il concetto di “sovranità”, di cui Putin parla sempre. L’accusa di Hillary Clinton, secondo cui la Russia aveva preso il sopravvento negli Usa con Donald Trump, era una scemenza comprovata ma in molti ci hanno creduto. L’America continua a provocare per mantenere il suo complesso militare industriale impegnato non solo nelle proprie guerre - in Iran, Iraq e Afghanistan - ma anche in quelle per procura. Una “strategia della tensione”, simile a quella che avete vissuto in Italia negli anni Settanta, è nell’interesse degli Usa, che vogliono mantenere il dominio in un mondo unipolare. Ma quella “con o contro di noi” è una politica disastrosa, che non funzionerà mai perché i popoli pensano diversamente e vogliono essere liberi dall’influenza statunitense».Lei è stato tra i pochi a mostrare l’«altra storia» dietro all’assassinio di Jfk: tra poco sarà il sessantesimo anniversario della sua morte, ma il governo americano continua a non rendere accessibili i documenti di Cia e Fbi per ragioni di “sicurezza nazionale”, contrariamente a quanto aveva voluto il Congresso nel 1992. Perché? «Trump non ha rilasciato i file nel 2017 perché messo sotto pressione, poi è arrivato Biden, ha reso note alcune cose poco importanti prima di bloccare tutto il resto: quasi 2.000 documenti, la maggior parte su agenti della Cia su cui nessuno ha mai investigato. In questa vicenda le prove sono ovunque ma nessuno le raccoglie in un unico quadro: ci vorrebbe uno Sherlock Holmes, ma non c’è...».Qual è il ruolo del complesso militare industriale negli eventi degli ultimi anni in cui siamo passati di emergenza in emergenza?«Le crisi producono profitti e quindi ce ne sarà sempre una pronta. Eisenhower aveva ragione quando parlava di complesso industriale militare: ha influenzato ogni aspetto del governo, controlla il modo in cui pensiamo e controlla l’Europa, dove l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, è stata “occupata” dagli americani e ora si ritrova con tante basi americane quante ne ha il Giappone. Non mi pare sia possibile liberarsene tanto facilmente...».
Simona Marchini (Getty Images)