2025-06-30
«A uscire sconfitto dal conflitto in Iran è stato Zelensky»
Volodymyr Zelensky (Ansa). Nel riquadro il generale Nicola Cristadoro
Il generale Nicola Cristadoro: «Putin durante la crisi ha mantenuto buoni rapporti con Israele e Trump. Ma ora sosterrà i piani nucleari di Teheran».Il generale Nicola Cristadoro è studioso di geopolitica, analista militare e collaboratore di Limes.Quali saranno le conseguenze dello stop ai rapporti Iran-Aiea deciso da Teheran?«In una breve dichiarazione del 22 giugno l’Organizzazione per l’Energia Atomica dell’Iran (Oeai) ha condannato gli attacchi statunitensi definendoli un “atto brutale che contraddice le leggi internazionali, in particolare il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”. Riferendosi poi all’Aiea, ha affermato che “l’attacco degli Stati Uniti è stato sfortunatamente condotto all’ombra dell’indifferenza e perfino con il sostegno dell’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite”. Ha aggiunto di “assicurare alla grande nazione iraniana che, nonostante le malvagie cospirazioni dei suoi nemici, con lo sforzo di migliaia di scienziati ed esperti rivoluzionari e motivati non permetterà che lo sviluppo di quest’industria (nucleare) nazionale venga fermato”. Ha dichiarato, infine, di aver inserito nel suo programma le misure necessarie, comprese le azioni legali. Al netto dei toni propagandistici che caratterizzano la narrazione di un regime che non è stato destituito, mi soffermerei, in particolare, sugli aspetti relativi alle considerazioni di Teheran di natura giuridica. L’elemento fondante addotto a giustificazione della scelta di sottrarsi ai controlli degli organismi internazionali, trova le sue ragioni in quella che è descritta come una grave mancanza di rispetto nei confronti del governo iraniano, se non addirittura un “tradimento” dei principi che regolamentano le relazioni internazionali». Principi violati da ogni parte in causa, tuttavia... «In un mondo in cui il Diritto internazionale è diventato un mero codice formale a cui i singoli Stati, di volta in volta, si appellano in funzione dei propri interessi, quanto detto è la legittimazione a premessa di un’altra affermazione, che diventa l’indicatore delle reali intenzioni dell’Iran. Ribadendo che tutte le dichiarazioni sopra riportate vanno mondate dei toni enfatici propri della propaganda, soffermiamoci sugli aspetti relativi allo “sforzo di migliaia di esperti rivoluzionari e motivati” che non fermeranno il programma nucleare iraniano. Partendo dal presupposto che l’uranio arricchito sia stato realmente trasferito in luoghi più sicuri prima del bombardamento americano e premesso che gli ordigni utilizzati hanno sicuramente inflitto danni infrastrutturali di grande entità ai siti colpiti, è interessante vedere come nel proclama dell’Oeai il programma sarà ripreso e condotto a termine da “migliaia” di “esperti” che sono, è bene sottolinearlo, “rivoluzionari” e “motivati”. Sulle “migliaia” bisogna fare la tara: poco più di due dozzine di scienziati di profilo elevato, impegnati nel programma ed eliminati in modo mirato dal Mossad, hanno creato un vuoto non colmabile in tempi brevi, a meno dell’intervento di Paesi amici di Teheran (Russia, Corea del Nord) e, peraltro, gli esperti non possono essere migliaia. Le migliaia di rivoluzionari motivati possono prefigurare solo i pasdaran e, in tal senso, il messaggio è chiaro: il regime non è defunto e proseguirà per la sua strada grazie a coloro che sono “motivati”».Mosca è contraria all’interruzione della cooperazione tra Iran e Aiea. La pressione russa condizionerà le decisioni iraniane?«Nel gioco delle parti, ormai smaccato, tra i protagonisti a livello geopolitico di questo caos bellico planetario, Mosca deve necessariamente sostenere le regole di facciata che imporrebbero la sottomissione di un Iran “umiliato e offeso” (cito Fëdor Dostoevskij) ai controlli degli organismi sovranazionali, in materia di proliferazione nucleare. Deve farlo per compiacere il nuovo “compagno di merende” (cito Pietro Pacciani) Donald Trump nel quadro delle reciproche legittimazioni ad agire proprio al di fuori delle regole del Diritto internazionale. Dunque, fare appello all’autorevolezza di un organismo istituzionale, di quando in quando, salva almeno le apparenze. In realtà penso che Putin, nella sua visione del nuovo ordine mondiale, non disdegni di poter contribuire in modo occulto e nei limiti delle proprie attuali possibilità, alla ripresa del programma iraniano, al di fuori di qualsiasi controllo esterno. Dico questo, perché, non potendo sostenere concretamente l’Iran nei giorni del conflitto, necessita di riconsolidare un’alleanza che lo ha visto totalmente assente, a meno delle “vibranti proteste” di prammatica. Ha avuto buon gioco in Siria, indipendentemente da come è andata a finire, ma erano altri tempi. Adesso, oltre al logoramento subito per la guerra con l’Ucraina, c’erano in ballo i buoni rapporti da mantenere con Israele, oltretutto viatico indiretto degli altrettanto buoni rapporti da mantenere con Trump».Khamenei ha dichiarato: «L’Iran non si arrenderà mai agli Stati Uniti». Dietro ai proclami propagandistici, c’è ancora spazio per la normalizzazione, o comunque una forte de-escalation, nelle relazioni tra i due Paesi?«La de-escalation nei rapporti tra Teheran e Washington è puramente funzionale al mantenimento di equilibri, comunque sempre precari, nelle reciproche necessità ed interessi che non coinvolgono solo i due Paesi in questione. Riguardano anche Russia, Cina, India, Pakistan. La Via della Seta che si snoda lungo la direttrice Cina-Pakistan-Iran-Turchia, per arrivare in Europa, si contrappone alla Via del Cotone, che si snoda attraverso India e Israele per giungere in Occidente. Lo scacchiere asiatico non coinvolge più solo il Medio Oriente e le relazioni conflittuali si sono allargate a teatri operativi più ampi che coinvolgono in pratica tutto il continente. Non si tratta solo di combattimenti in senso tradizionale con forze convenzionali; ogni giorno vediamo come la «guerra ibrida» sia in atto con tutte le sue componenti: a fianco agli eserciti, vediamo come terrorismo, propaganda, operazioni psicologiche, attacchi cibernetici e guerra economica si manifestino quotidianamente, integrandosi con modalità sempre più complesse e sofisticate. L’ago della bilancia rimane Israele, che fino a quando esisterà il regime degli ayatollah o delle Guardie della Rivoluzione, per Teheran sarà sempre l’obiettivo principale da distruggere, e questo Washington non può permetterlo, che si tratti di armi nucleari o di armi convenzionali, come quelle di combattenti di prossimità, quali Hezbollah, Huthi, Hamas o chiunque altro».Il cessate il fuoco tra Teheran e Tel Aviv ha visto come registi Putin e Trump. Alla luce degli interessi in Medio Oriente e dei diversi soggetti che giocano a scacchi, tra cui anche Turchia, Qatar e sauditi, a uscirne più danneggiato sarà Zelensky?«Certamente in questo momento a farne le spese è Zelensky. È evidente che l’affarista, nonché gambler, Trump ha gettato sul piatto le regioni dell’Ucraina, in cambio dell’Iran, per poter contrabbandare l’immagine di paciere e non di guerrafondaio che si è attribuito e che, ad oggi, non è riuscito a imporre sullo scenario del conflitto russo-ucraino. Oltre a non definire “invasione” quella da parte russa, oggi il sostegno materiale americano a Kiev è praticamente nullo. Ma l’affarista-gambler Trump gioca su più tavoli. Su quello dell’Ucraina non dimentichiamoci il redditizio contratto sottoscritto con Kiev, che vede la cessione a tempo indeterminato delle risorse minerarie ucraine come compenso del sostegno già fornito dagli Stati Uniti, durante l’amministrazione Biden. Per non parlare del tavolo europeo e della Nato, dove abbiamo visto i risultati dei dibattiti tra negoziazione e ricatti per ottenere il rifinanziamento del comparto della Difesa in chiave meno onerosa per gli Usa. Le ambizioni di Kiev di entrare nell’Alleanza, peraltro piuttosto aleatorie, sembrano definitivamente sfumate, ma quello che conta è che, in prospettiva, al di là del rispetto o meno dell’articolo V del Trattato, finché governerà Trump, difficilmente in caso di necessità gli americani saranno pronti ad un altro “sbarco in Normandia”. Pensiamoci».Gli attacchi iraniani a Israele hanno mostrato che lo Stato ebraico non è impenetrabile. Trump nel frattempo è tornato a dare il massimo sostegno a Netanyahu, chiedendo addirittura che il processo contro di lui per corruzione si fermi. Il presidente israeliano ha parecchie grane in casa, soprattutto con gli esponenti più estremisti del suo esecutivo e i familiari degli ostaggi. Per quanto ancora, secondo lei, Netanyahu riuscirà a restare in carica?«Se fossimo alla trasmissione Belve e lei fosse la Fagnani e io fossi Netanyahu, alla domanda “Lei che belva si sente?” risponderei “La sanguisuga”. Il leader israeliano ormai alimenta il suo potere attraverso cospicue dosi di sangue, poco importa se è quello dei palestinesi, quello degli iraniani, o quello dei soldati e dei civili israeliani (ostaggi compresi). La legittima reazione alla strage del 7 ottobre 2023 è ormai degenerata in una forma di indiscriminato repulisti dell’area di Gaza, indipendentemente da quanto Hamas permei il tessuto sociale della Striscia. Da tempo Netanyahu è inviso ai suoi concittadini e la sua popolarità appoggia solo sulle frange più estremiste. Israele, tuttavia, come ogni democrazia di stampo occidentale, ha in sé gli anticorpi per contenere gli eccessi dei suoi governanti». E malgrado l’attacco, a Teheran non c’è stato alcun cambio di regime... «L’attacco all’Iran è stata un’occasione per rovesciare il regime di Khamenei. Occasione che, complice l’atteggiamento di Trump, è stata sprecata. Gli iraniani si sono fidati di Israele, altrimenti il Mossad non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto. Ora ne pagheranno le conseguenze. Quanto fatto dagli Stati Uniti, con il placet israeliano, mi ricorda tanto, con i dovuti distinguo, quanto accaduto alla Baia dei Porci nel 1961. Meditiamo anche su questo».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro il consigliere Pd Mattia Abdu