2025-05-26
Jarno Trulli: «Dalla Formula 1 ai vini. Ma la velocità non mi manca»
Jarno Trulli, ex pilota, oggi alla guida dell’azienda vinicola Podere Castorani, nel Pescarese
L’ex pilota: «Le monoposto elettriche? Una categoria di nicchia, quelle tradizionali sono un’altra cosa. La Ferrari fa fatica, eppure non ha una cattiva macchina».Il 23 maggio 2004 Jarno Trulli regalava all’Italia una delle sue ultime grandi gioie in Formula 1, tagliando per primo il traguardo del Gran Premio di Monte Carlo al volante della Renault. A 21 anni esatti da quell’impresa sul circuito più affascinante del calendario, l’ex pilota abruzzese - 252 Gp disputati tra il 1997 e il 2011 con Minardi, Prost, Jordan, Renault, Toyota e Lotus - ripercorre quel giorno speciale, raccontando una carriera costruita su talento e determinazione. Conclusa l’esperienza in Formula 1 e un’ultima e fugace parentesi in Formula E, Trulli ha scelto di rimettere le radici nella sua terra. Oggi è alla guida del Podere Castorani, azienda vinicola sulle colline di Alanno, in provincia di Pescara, che gestisce insieme al manager Lucio Cavuto. Dalle curve dei circuiti a quelle delle colline abruzzesi: un progetto che profuma di identità e passione. Nell’intervista l’ex pilota ci racconta la sua seconda vita tra i filari, ma anche il presente e il futuro della Formula 1: dal dominio di Max Verstappen al declino della Ferrari, dalla scommessa di Lewis Hamilton in rosso al talento emergente di Andrea Kimi Antonelli, giovane prodigio dei kart - proprio come lui un tempo -e sbarcato in Formula 1 all’inizio di questa stagione.Jarno, meglio il vino o i motori?«Eh, sono due mondi diversi, vissuti in due momenti diversi della mia vita. La passione per il vino l’ho ereditata dal nonno, quella per i motori più dai miei genitori. Diciamo che ho onorato e portato avanti entrambe le passioni di famiglia».Quando è iniziata quella per il vino?«Sono anni che mi occupo di vino, già da quando correvo. Ho iniziato nel 1998 quando ho rilevato questa bella tenuta datata 1793 che è il Podere Castorani, e insieme a Lucio abbiamo intrapreso un po’ dal nulla questa avventura. Man mano l’abbiamo rinnovata nella produzione del vino, abbiamo restaurato la villa, costruito una bella cantina tutta sotto terra e insomma, abbiamo messo su una bella e florida azienda e oggi siamo una solida realtà sia in Italia che all’estero».Che vini producete?«Essendo abruzzesi, il nostro vino di bandiera è ovviamente il Montepulciano d’Abruzzo, un rosso che rappresenta l’identità del territorio e che ci dà sempre grandi soddisfazioni. Ma non ci fermiamo lì: produciamo anche diversi bianchi autoctoni, come il Trebbiano d’Abruzzo, il Pecorino e il Passerina, che negli ultimi anni stanno riscuotendo sempre più successo. Amiamo lavorare con vitigni legati alla nostra terra, ma ogni tanto ci piace anche sperimentare. Abbiamo piantato alcune varietà, per confrontarci con altri stili».Il vino ti riporta alle radici. Ma se ti dico Monte Carlo?«Eh, ormai sono passati tanti anni. Per me quella vittoria è stata un po’ la consacrazione perché inseguivo quel successo da tempo e non avendo mai avuto una macchina all’altezza era difficile poter puntare così in alto. E invece ce l’ho fatta. È stato un bel weekend, in cui ho dominato: è iniziato con la pole position e poi è proseguito con la lunga ed estenuante lotta con il mio diretto rivale che allora era Fernando Alonso, che guidava la mia stessa macchina. Per poi arrivare a vincere la gara».A proposito di Alonso, cosa provi a vederlo ancora nel circus?«Non so cosa dire. Forse non ha altro di meglio da fare, perché essere ancora lì a 43 anni... Diciamo che lui ha sempre avuto questa grande passione, continua a coltivarla e quindi buon per lui».Quanto è difficile per un pilota appendere il volante al chiodo?«Penso che sia sempre difficile smettere, soprattutto quando lo pratichi per tanti anni. Io sono partito a 8 anni a guidare macchine coi kart e a fare quel tipo di mestiere che poi ho avuto la fortuna di poter continuare a fare a livello professionistico fino alla Formula 1. Onestamente non è facile staccarsi, anche perché per diversi anni hai vissuto una vita diversa e hai mancato tutte quelle che sono le dinamiche di una vita normale. Però a tutto c’è una fine e quindi bisogna in qualche modo prepararsi per tornare a fare una vita normale e applicarsi in altri settori».Hai raccontato che, prima del ritiro ufficiale, eri già stato vicino a dire basta. Cosa successe esattamente?«Sì, è vero. A un certo punto avevo praticamente smesso, perché non c’erano più i fondi necessari per poter continuare».In quei momenti, quanto ha contato la figura di Flavio Briatore?«Flavio è stato importante, senza dubbio. È stato uno di quelli che ha creduto in me e mi ha portato in Formula 1. Ma non è stato l’unico. Prima di lui ci sono state altre persone fondamentali, che mi hanno dato fiducia quando ancora non ero nessuno».Da spettatore ed ex protagonista, come giudichi la Formula 1 di oggi?«È una Formula 1 completamente diversa rispetto a quella che ho vissuto da pilota. I paragoni tra epoche, secondo me, non reggono: cambiano le regole, la tecnologia, il modo stesso di correre e di vivere il paddock. Non dico che sia meglio o peggio, ma sicuramente questo sport è cambiato. Questa, ovviamente, è la mia opinione personale».Da diversi anni ormai c’è un dominatore assoluto che è Max Verstappen.«Verstappen sta dimostrando di essere un grande pilota e che le nuove generazioni non sono all’altezza come quelle di una volta. Max è stato tirato su un po’ dalla vecchia guardia, è cresciuto in modo diverso rispetto ai giovani di oggi che secondo me non stanno crescendo nel modo giusto. Sta di fatto che l’olandese è una spanna sopra a tutti gli altri in questo momento».A proposito di giovani talenti: Andrea Kimi Antonelli sta davvero bruciando le tappe. Come lo vedi?«Sta facendo molto bene, non c’è dubbio. Ha talento, velocità e una grande maturità per la sua età. Credo abbia tutte le carte in regola per garantirsi un futuro in Formula 1. Il fatto che sia già in un top team come la Mercedes e che abbia la fiducia di un manager del calibro di Toto Wolff è un vantaggio enorme. Finora comunque ha fatto vedere delle buone cose e ha dimostrato di meritarsi tutto. Ora deve solo continuare su questa strada».Da ex pilota c’è un consiglio che ti sentiresti di dargli?«Guarda, in Formula 1 i consigli non bastano mai... ce ne vorrebbero 100, non uno solo».Parliamo di Ferrari. Perché la Rossa non riesce a uscire da questa crisi di risultati?«Quello della Formula 1 è un mondo complicato. Giudicare da fuori è sempre facile. Da dentro è molto più difficile far tornare i conti e arrivare là davanti a tutti. Inoltre ogni stagione è diversa, ogni anno ci sono dinamiche differenti e un dominio diverso. O quantomeno ci sono dei team preparati in maniera diversa. Io credo che la Ferrari non abbia una macchina così cattiva ma che stia facendo fatica a inquadrarla e cercare di sfruttare al meglio quello che è il suo potenziale. Ha sicuramente dei punti critici e questi fanno sì che talvolta la Rossa non renda come ci si può aspettare. Ma da fuori è difficile farsi un’idea precisa di quelli che sono i loro problemi».E cosa pensi di Hamilton a Maranello?«Penso che per un grande pilota come Hamilton arrivare in Ferrari sia probabilmente l’anticamera del ritiro, perché comunque qualsiasi pilota vorrebbe guidare per la Ferrari prima o poi. C’è stata questa opportunità e lui l’ha colta».Dopo 15 stagioni in Formula 1, ti sei affacciato alla Formula E. Che esperienza è stata?«È stata una parentesi breve. Ho fatto una stagione in cui, più che correre, l’obiettivo era quello di lanciare un nuovo team, contribuendo alla nascita di un progetto innovativo. Guidare non era la mia priorità, ero già in una fase diversa della mia carriera. C’era curiosità attorno a questo nuovo mondo, ma ho capito subito che non era ciò che volevo davvero e ho deciso di farmi da parte».E oggi, come giudichi la Formula E e il suo ruolo nel panorama del motorsport?«Penso che sia ancora una categoria di nicchia. Dal punto di vista sportivo e tecnico non è pensabile che possa competere con la Formula 1. Sono due mondi separati, con logiche, prestazioni e fascino completamente diversi».Un’altra delle tue grandi passioni sono le auto d’epoca.«Sì, diciamo che mi piace cimentarmi, aggiustare, sistemare e andare a fare qualche giro in compagnia dei miei amici».Ripensando alla tua lunga carriera, c’è una gara che vorresti poter ricorrere?«Più che ricorrere una gara, il vero problema sarebbe come farlo. Ogni Gran Premio ha la sua storia, il suo ritmo, le sue variabili. Ce ne sono stati tanti che potevano finire diversamente, magari con un risultato migliore, ma spesso non dipendeva neanche da me o dalle mie prestazioni. A volte è stata sfortuna. Ma il passato è passato, e non si può tornare indietro. Si guarda sempre avanti».E quella sensazione di velocità ti manca mai?«No, sinceramente no. Ogni cosa ha il suo tempo. Ho vissuto la velocità in tutte le sue forme, dai kart alla Formula 1, e mi sono tolto tante soddisfazioni. Ora la mia vita è un’altra, più tranquilla, con altre passioni. E va bene così».
Robert F.Kennedy Jr. durante l'udienza del 4 settembre al Senato degli Stati Uniti (Ansa)
Antonio Decaro con Elly Schlein a Bari (Ansa)