2025-07-28
Guido Castelli: «Il rilancio delle aree interne passa dall’addio al green Ue»
Guido Castelli (Imagoeconomica)
Il commissario al sisma 2016: «Bruxelles insegue il mito di una natura senza uomo, ma è pericoloso per i territori. Il governo ha corretto la rotta e col suo piano l’Appennino corre».L’evento sismico 2016-2017 nel Centro Italia ha riproposto all’attenzione il tema del ripopolamento delle aree interne del Paese. Si parla sempre più di «spopolamento irreversibile». È davvero un fenomeno che non si può arrestare? Abbiamo girato la domanda al Commissario straordinario per la ricostruzione, Guido Castelli. «Lo spopolamento delle aree interne non è un evento irreversibile, dipende dalle azioni di governo - sia nazionale che europeo - dai progetti, dalle soluzioni amministrative che si sapranno mettere in campo. Diventa irreversibile quando si vuole - fino a farne un piano di intervento - la natura senza l’uomo. Sarebbe opportuno rammentarlo, quando si monta una polemica senza sostanza, leggendo nel Rapporto Psnai (Piano strategico nazionale per le aree interne) una valutazione accademica (non un programma di governo) che ipotizza una irreversibilità dello spopolamento in alcune aree interne italiane. Il ministro Tommaso Foti ha già chiarito che la frase incriminata - “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” - è stata estrapolata dal documento ed è riconducibile a un documento precedente l’attuale Piano: non fa parte delle linee di intervento del governo. Anzi, come sta accadendo nell’azione di governo per la ricostruzione del Centro Italia, dopo il sisma 2016-2017, è stato proprio il governo Meloni ad affidare formalmente al commissario straordinario di governo, in aggiunta alla ricostruzione, anche il rilancio economico e sociale del territorio; lo stiamo facendo con il programma Next Appennino e sviluppando sinergie con quei ministeri (Agricoltura, Lavoro, Sport, Cultura, Turismo) che hanno riservato al cratere 2016 azioni e proposte finalizzate alla rigenerazione delle comunità. Insomma, il governo Meloni ha una attenzione chiara ed esplicita sulle aree interne; non come qualche altro partito che si è da tempo concentrato sulle aree ricche, sempre più ricche, dei grandi centri urbani».Che difficoltà ha incontrato nel suo mandato?«Le difficoltà sono nelle cose. Quando si tratta di intervenire in un’area di 8.000 chilometri quadrati, per ricostruire un patrimonio edilizio di 28 miliardi di euro, distribuito in quattro Regioni e 138 Comuni, è naturale che ci siano difficoltà. I ritardi accumulati nei primi anni dopo il sisma sono certamente dovuti a questa complessità, e alla difficoltà di sciogliere i nodi della legislazione e della burocrazia. Questi problemi avrebbero potuto moltiplicarsi anche nel progetto di rilancio economico. Il governo Meloni ha avuto il coraggio di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e le amministrazioni locali - dalle Regioni ai Comuni - hanno compreso che è importate creare un gioco di squadra coerente ed efficiente. Abbiamo dato vita a una “governance multilivello” che ha saputo - in forza di un metodo di lavoro che abbiamo definito “sinodale” - fare dell’ascolto una premessa insostituibile e del coordinamento lo strumento per mettere a terra i progetti. Abbiamo così potuto superare quei confini geografici che, quando diventano linee di demarcazione amministrativa, finiscono per rallentare, impedire, favorire l’inerzia. La popolazione, le famiglie, le imprese del territorio hanno bisogno di certezze, di velocità, pur nelle assolute garanzie di sicurezza. La ricostruzione e il rilancio economico del territorio deve utilizzare tutti gli strumenti dell’innovazione tecnologica per ricostruire in sicurezza e per favorire uno sviluppo economico “contemporaneo”, in grado di offrire tutte le soluzioni digitali adeguate per i servizi alla persona, così come per le attività di impresa».La politica green di Bruxelles suggerirebbe all’uomo di farsi da parte per lasciare alla natura il suo corso. Questo è un ostacolo per chi vuole invece intervenire in modo attivo sul territorio?«Un ostacolo enorme per le nostre strategie di rilancio e ripristino del territorio, basate sull’assicurare le migliori condizioni per vivere e lavorare nel cratere. Per fortuna, grazie all’impegno soprattutto del governo italiano, a Bruxelles hanno accolto la richiesta di applicare il regolamento per il ripristino della natura secondo le specifiche caratteristiche di ogni Stato. Questo risultato per noi rappresenta una svolta decisiva per mettere a sistema un enorme patrimonio in abbandono che, se gestito, può tornare a sviluppare impresa e reddito, ma anche assicurare presidio del territorio e valorizzare le competenze locali».Che impatto avrebbero i tagli all’agricoltura previsti dal nuovo bilancio Ue sul ripopolamento delle aree interne?«Vale la considerazione fatta all’inizio. Per il mainstream della sinistra, e in gran parte dell’Europa, almeno fino all’ultima legislatura, la natura deve concepirsi senza l’uomo. Si insegue il mito di una natura selvaggia, da “liberare” dalla presenza umana. In questo senso si vorrebbero diminuire gli aiuti all’agricoltura, proprio perché si tratta di un’attività specificatamente antropizzante. Peccato che senza l’uomo la natura non preservi la sua essenziale biodiversità. E senza l’uomo la natura selvaggia, da sola, non preserva nemmeno la sicurezza del suolo, di fronte agli effetti calamitosi del cambiamento climatico. L’agricoltura è il primo presidio da garantire, sia per la tenuta dei territori, nel senso del contrasto alle fragilità idrogeologiche, sia per la resilienza delle comunità insediate nelle aree interne, come le nostre dell’Appennino centrale e non solo». L’Istat ha certificato un cambio di direzione nella curva demografica a seguito della ricostruzione, come avete raggiungo questo risultato?«La risposta non è facile. Per certi versi sarebbe giù sufficiente la rilevazione statistica per confortare chi, a torto, immagina l’irreversibilità dello spopolamento nelle aree interne. Nemmeno la ferita del sisma è stata sufficiente. Certo, per rispondere alle difficoltà che il sisma del Centro Italia ha accentuato, sono servite le azioni di “riparazione” sociale ed economica di cui ho fatto cenno. Il programma Next Appennino, con i suoi quasi 2 miliardi di risorse finanziarie, ha consentito di rianimare molte imprese (dalle piccolissime dimensioni ai grandi marchi che non mancano sul nostro territorio: dalla Lube all’Ariston, alla Nuova Simonelli) e di generare nuove iniziative imprenditoriali. Questo ha generato un mercato del lavoro più dinamico del già vivace mercato a livello nazionale: i dati documentano nuovi flussi in entrata, nel mercato del lavoro dei 138 Comuni del cratere, a un ritmo di incremento del 7%. I nuovi posti di lavoro, tra il 2024 e il 2022, sono aumentati del 12,4%, a un ritmo nettamente superiore alle medie di qualunque regione italiana. Basti rammentare che la media nazionale nello stesso periodo ha fatto registrare un aumento del 3,9%. E le previsioni sono ancora più fauste. In termini occupazionali, per effetto delle azioni intraprese con Next Appennino, il Cresme stima circa 18.000 nuovi posti di lavoro nell’area del cratere del Centro Italia. Il lavoro consente di fare progetti per chi resta, e per chi progetta di tornare. Alla “restanza” e alla “tornanza” - utilizzando due concetti sviluppati dall’antropologo e sociologo Vito Teti, che da anni studia le aree interne del Paese - abbiamo dedicato anche un festival, poche settimane fa. Proprio in quell’occasione il presidente dell’Istat ha fornito i dati della curva demografica che sta cambiando segno».A che punto è la ricostruzione? Sono passati quasi dieci anni.«La ricostruzione corre. L’accelerazione rilevata nella ricostruzione privata negli ultimi due anni ha riscontrato una progressione costante, segnalata soprattutto dagli incrementi dei pagamenti erogati da Cassa depositi e prestiti (Cdp) verso le imprese che operano nei cantieri. Nel terzo quadrimestre 2023 le erogazioni Cdp erano balzate a +41% sullo stesso periodo 2022; nel terzo quadrimestre 2024 il ritmo è ulteriormente incrementato con un +26% rispetto al 2023 e, dopo un ulteriore +23% registrato nel quarto periodo 2024, i primi cinque mesi del 2025 hanno fatto segnare un ulteriore +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il buon andamento della ricostruzione privata si riflette nei dati della Cassa depositi e prestiti, che gestisce il plafond Sisma Centro Italia, fornendo alle banche convenzionate del territorio la provvista dei fondi da erogare sulla base dello stato di avanzamento dei lavori. Al 31 maggio 2025 i contributi concessi in seguito all’approvazione delle pratiche hanno raggiunto 10,77 miliardi di euro, con liquidazioni che superano i 6,1 miliardi (dato di Cassa depositi e prestiti), segnando un +37,41% del valore erogato al 31 maggio 2024 (4,49 miliardi): il 60% di queste liquidazioni è avvenuto dal 2023 a oggi. Anche la ricostruzione pubblica ha segnato, lo scorso anno, un deciso cambio di passo. E quest’anno si apriranno almeno 1.200 cantieri: un terzo degli interventi programmati. Anche in questo caso è importante fare squadra: il cambio di passo intervenuto è il frutto di quella collaborazione tra Istituzioni e di coordinamento efficace tra pubblico e privato».