2024-12-09
«Tavares invitava a produrre le automobili fuori dall’Italia»
Il direttore di Quattroruote, Gian Luca Pellegrini
Il direttore di «Quattroruote», Gian Luca Pellegrini: «Il ceo all’inizio criticava la svolta elettrica. La scadenza del 2035 resterà tale. Però Bruxelles ritirerà le multe e darà più spazio al biodiesel».«Marchionne sì che era un manager, Tavares invece è una pippa». Questo è il racconto di queste ore. Gian Luca Pellegrini, da direttore di Quattroruote ti chiedo se c’è spazio per una narrazione meno conformistica.«Trovare un capro espiatorio nel capo che guadagna un sacco di soldi è facile. In realtà le cose sono un po’ più complesse di così. Tavares ha svolto benissimo il compito affidatogli dalla proprietà facendogli guadagnare un sacco di soldi. Si può sindacare su come abbia ottenuto questi risultati. Ha ridotto le spese in ricerca e sviluppo, utilizzando le stesse piattaforme per prodotti diversi. Sull’elettrico ha utilizzato un’unica piattaforma. Un abile ristrutturatore. Un tagliatore di costi. Chiamato proprio per questo».Innamorato più dei numeri e della finanza che del prodotto?«Ha anche mantenuto la promessa di tenere in vita tutti i marchi, che erano tantissimi, perché il risultato della fusione Fca (Fiat e Chrysler) con Psa Peugeot. Tutti vanno male. Chi più chi meno. Stellantis sta andando peggio degli altri. Il tema non è l’Europa che va male e quindi mal comune mezzo gaudio. Il mercato globale è in fortissima contrazione. La proprietà ha fatto pagare a Tavares tanti problemi relazionali con l’esterno».Ti riferisci alle polemiche susseguitesi dopo la sua audizione in Parlamento?«Pure qui vedo un errore di prospettiva. Il governo italiano ha avuto un ruolo e poi ne parliamo. Ma prima di tutto Stellantis è un’azienda americana. Prima ancora che francese. Figuriamoci italiana. Gli Agnelli sono i primi azionisti con Exor, ma Stellantis non è italiana. È dall’America che vengono i soldi. Il fatturato. E là Tavares si è messo contro i sindacati ed i concessionari. Non si era mai visto che questi scrivessero al presidente della Commissione Ue per sconfessare la strategia del loro ceo. Problemi relazionali con l’intera filiera non più gestibili dalla proprietà. Quello che è stato fatto pesare a Tavares non sono gli errori fatti sul mercato europeo o tantomeno italiano, che ormai nello scenario globale contano veramente poco».Sempre in tema di relazioni difficili con la filiera, rispondono al vero le indiscrezioni secondo cui Tavares coi suoi manager «invitava» i fornitori italiani a delocalizzare nei Paesi con basso costo di manodopera?«Assolutamente sì e lo ha anche detto pubblicamente esaltando il ruolo del Nordafrica. Ricordi le polemiche sulle Topolino fatte in Marocco? O l’Alfa Romeo Milano fatta in Polonia? Tavares sostiene, giustamente dal suo punto di vista, che le auto vadano prodotte dove conviene farle».Sostituito con un incarico ad interim di John Elkan che non è un manager esecutivo. La scelta è stata improvvisa?«Sapevamo tutti che Tavares sarebbe andato in pensione l’anno prossimo».L’attesa della festa è essa stessa la festa, raccontava Leopardi nel Sabato del Villaggio…«Esattamente. Il litigio è avvenuto anche sulle strategie di brevissimo periodo. Andare d’accordo con Tavares è quasi impossibile, ti avverto. Ti metti contro l’intera filiera americana. Cosa mai vista. Il governo italiano fa sparire dalla legge di bilancio i fondi al settore automotive da un giorno all’altro ed ora sembrano ricomparire. Sembra quasi un pizzino inviato a Tavares, che si opponeva alla revisione del regolamento sulle auto elettriche. Pure questo ha inciso anche perché l’anomalia italiana consiste nel fatto che l’unico punto di riferimento del settore automotive è Stellantis. Che, lo ripeto fino alla noia, non è italiana».Perché Tavares si è opposto alla proposta dei costruttori di rivedere l’esoso green deal? Fra un anno ci saranno multe salatissime visto che non si vendono abbastanza auto elettriche…«Io con Tavares ho parlato tantissime volte ed era contrarissimo alla svolta sull’elettrico mentre tutte le altre case automobilistiche erano entusiaste. Ora che gli altri hanno cambiato idea pure lui l’ha ricambiata convinto che Stellantis non avrebbe pagato le multe. Ed il pizzino del governo italiano di cui parlavo prima può essere stato determinante».Il Ppe a Bruxelles sta facendo propria la posizione dei costruttori di rivedere il regolamento sull’elettrico. Quindi l’azione di lobbying delle case è andata a buon fine. Ma è curioso che non abbiano ancora fatto centro con la Commissione Ue. Ed hanno dovuto ripiegare sul Ppe.«Tutti si rendono conto che questa roba non funziona. Le premesse sono sbagliate dall’inizio. È una situazione di stallo. Non si può andare né avanti né indietro. Von der Leyen ha avocato a sé il dossier ora esplosivo. Non stiamo parlando di centinaia di migliaia di occupati. Ma di milioni di lavoratori. Si sono resi conto che è una stupidaggine ma l’elettrico è diventato ormai un’istanza politica identitaria. Vado al punto. L’anno prossimo secondo me non ci saranno le multe, o verranno annacquate e molto. Rimarrà la scadenza del 2035 dalla quale non si può derogare».Un feticcio…«E secondo me verrà finalmente introdotto il concetto di neutralità tecnologica. Ovvero, io ti dico dove devo arrivare con le emissioni ma tu ci arrivi un po’ come vuoi. Non ti dico io quali sono le tecnologie».Prospettive per il biodiesel su cui l’Italia è forte…«Sia chiaro però che la crisi del settore non è riconducibile esclusivamente all’elettrico. In Italia mancano all’appello 300.000 clienti. Sono aumentati tantissimo i prezzi. Abbiamo vissuto una vera e propria bulimia normativa per cui le macchine devono essere sempre più pulite. Quindi sempre più tecnologia. Sempre più costose. A questo punto i costruttori europei hanno abbandonato i segmenti base di mercato per concentrarsi sulla fascia più alta dove poteva essere più sostenibile l’aumento del costo perché incideva di meno sul prezzo. Le utilitarie sono diventate antieconomiche. Dal 2019 ad oggi il prezzo medio di un’automobile è aumentato da 19.000 a 29.000 euro. Ma non è che noi siamo diventati più ricchi. Considera poi che nel 2019 si vendevano autovetture a tasso zero. Oggi una Panda che costava 10.000 euro si vende a 18.000. Ed i tassi sono al 9-10%. Le macchine costano sempre di più e la gente non ha più i soldi per comprarle. Quindi si tiene la sua vettura. Ed il parco circolante invecchia clamorosamente. Risultato esattamente contrario rispetto agli obiettivi».Lo scrivi da tempo…«Ma le case automobilistiche hanno accettato. L’elettrico era funzionale a modificare il loro modello di business: produrre molte meno macchine e guadagnare molti più soldi».E nell’immediato anche funzionato.«Esatto. Poi però i volumi sono crollati talmente tanto che le case hanno iniziato a perdere soldi. Herbert Diess, capo di Volkswagen cacciato, due anni fa mi diceva che nel 2025 avrebbero venduto 2-3 milioni di auto elettriche. A malapena arrivano a mezzo milione. Hanno sbagliato completamente la lettura del mercato. Le case erano convinte che gli incentivi pubblici sarebbero rimasti per sempre: invece tutti i governi europei li hanno tolti e i costruttori sono rimasti fregati, perché l’elettrico è un business il cui successo rimane vincolato ai soldi della collettività».Incentivi che avrebbero consentito di superare i limiti oggettivi del prodotto.«Secondo i loro piani, avremmo dovuto essere nel 2024 intorno al 25% come quota mercato elettrico. Siamo al 15%. Ora piangono per le multe su cui non battevano ciglio e che andranno tolte perché salta altrimenti tutto per aria. Le case europee credevano di vendere le auto in Cina e invece è Pechino che le vende a noi perché sa fare le vetture. Anche col motore a scoppio. “Figurati se imparano a fare le automobili i cinesi”, dicevano tutte in coro».Costo esoso, scarsa autonomia e tempi di ricarica lunghi. Sono i limiti oggettivi dell’elettrico. Ma tu da direttore di Quattroruote intravedi salti tecnologici convincenti?«Sai benissimo che sono stato contrario alla transizione forzata. Ma senza imposizioni, lo dico da esperto di auto, questa evoluzione ci stava. Io guido elettrico e ti dico che molte persone, per il tipo di utilizzo che fanno dell’auto, potrebbero guidare elettrico. Ma il punto è che al di là delle colonnine, che spesso non funzionano, il costo della ricarica è raddoppiato. Cresce la domanda di energia. E ci sono salti tecnologici enormi che consentono di sfornare auto più efficienti. Ma del 40%. L’obsolescenza tecnologica è enorme perché la tecnologia è giovane. Questo vuol dire che il valore residuo dell’usato crolla dopo due anni. E questo non rende il prodotto appetibile. In Italia l’elettrico è al 4%. Praticamente zero. Le case contavano che i prezzi di elettrico e motore endotermico si sarebbero prima o poi allineati. Il punto è che questo incrocio è arrivato a prezzi molto alti perché, come dicevamo, i prezzi sono cresciuti. Ciò limita il mercato. Infine, non dimentichiamo che circa un terzo delle auto full electric sono Tesla». Stellantis costretta ad andare a nozze con Renault?«C’è un tema più urgente. Le case europee per rimanere competitive devono allearsi fra loro in un mondo dove le imprese cinesi sono eterodirette dal governo e l’America ha alzato il muro già con Biden contro le auto prodotte all’estero. De Meo, che è un manager intelligente, ha proposto di mettere a fattore comune poche piattaforme per ottimizzare i costi. I tedeschi gli hanno risposto con una pernacchia».Hanno ancora un’industria nazionale dell’auto e non vogliono allearsi…«È la loro cultura e lo vedi nella gestione manageriale. Abituati a prevedere qualsiasi cosa. Ma se le cose non vanno come c’è scritto sull’Excel non sanno più cosa fare. Ed in Cina non vendono più niente. Ciao. Adesso si vedono costretti a scendere a patti con i cinesi di cui devono ammettere la superiorità nelle piattaforme elettriche e nel software. E noi italiani purtroppo come fornitori di componentistica siamo legati a doppio filo con la Germania».