2025-06-30
«Esplicitiamo in Costituzione il primato del diritto nazionale»
Geminello Preterossi, docente di Filosofia del diritto e di Storia delle dottrine politiche all’Università di Salerno
Il professor Geminello Preterossi, docente di Filosofia del diritto e di Storia delle dottrine politiche all’Università di Salerno: «Nella Carta ci sono principi non modificabili dal Parlamento, figurarsi da Bruxelles. Eppure la Corte di giustizia Ue si è auto attribuita poteri tolti agli Stati».Professor Geminello Preterossi, docente di Filosofia del diritto e di Storia delle dottrine politiche all’Università di Salerno, il dibattito politico odierno non è più fra destra e sinistra. Ma fra «più Europa» e «meno Europa». Per i primi il concetto di sovranità è passato di moda. È stato infatti coniato il termine «sovranista». Con chiaro intento sprezzante.«La sovranità è il concetto che struttura il diritto pubblico europeo moderno. Come si fa a dire che è passato di moda? Ha subito delle trasformazioni, certo. Ma non scompare. Un eminente costituzionalista tedesco, Dieter Grimm, sostiene come nello Stato costituzionale moderno la sovranità si faccia latente. Attenzione, latente non vuol dire assente. Rimane sempre sullo sfondo. È l’architrave su cui tutto poggia. La sovranità non è più quella assoluta del Re Sole».Che vuol dire sovranità, professore?«Significa esistenza politica di un popolo. Di una comunità. Significa Stato moderno».Gli europeisti ritengono superato il concetto di Stato…«Potremmo chiamarlo Pippo, se il termine imbarazza qualcuno. Lo Stato ha funzionato da straordinario vettore di civilizzazione. Di secolarizzazione del diritto. Ha consentito di superare le guerre di religione. Nell’Occidente abbiamo conosciuto tre ordinamenti: città, impero e Stato. Io non ne conosco altri. L’Europa cosa è? Un Ufo!».Dentro cui si muovono degli organismi, come ad esempio la Corte di giustizia. Quindi l’Unione europea è qualcosa!«Di molto opaco, e certamente non è uno Stato. Dovrebbe eventualmente essere uno Stato federale, ma non è tale perché non è un vero soggetto politico. È una congerie di poteri di varia natura, soprattutto tecnocratica. La Corte di giustizia europea che ha fatto? Contro la ritrosia di molti Stati membri si è auto-attribuita una serie di poteri come se fosse una Corte costituzionale. Ma non può esserci una Corte costituzionale di uno Stato senza Stato».Con quale conseguenza?«Di un effetto politico che, per la via maestra, era irraggiungibile. In termini di potere. E come si manifesta questo potere? Con il principio della primazia assoluta del diritto europeo su quello nazionale. Che non è affatto assoluta. Tutt’altro».Volevo arrivarci!«Ci sono dei limiti precisi. Che la nostra Corte costituzionale chiama controlimiti. Un nucleo fondamentale di principi e diritti indisponibili anche al legislatore. Cioè al Parlamento. Cioè al popolo. Ci sono principi non modificabili anche seguendo la procedura aggravata della Costituzione. Se sono indisponibili a chiunque, compreso il legislatore costituzionale, perché non dovrebbero esserlo all’Unione europea?».La forma repubblicana non è mai superabile. Chi invoca gli Stati Uniti d’Europa ne reclama lo scioglimento. Quindi è un eversore?«In astratto può esserci sempre un momento costituente. Ma è un atto di discontinuità. Non puoi aggirare il momento costituente, quello della decisione politica fondamentale sulla forma dello Stato. Facendo il furbo. Arrivando al risultato per via giurisdizionale. Con una Corte che dirime. O peggio con una moneta. Abbiamo preso questa scelta come se non fosse un momento politico. Con ricadute enormi. Le faccio un esempio molto concreto».Sono curioso…«Se l’Ue ambisce ad essere uno Stato federale, qual è lo Stato federale per eccellenza nel mondo? Gli Stati Uniti d’America. Una sola moneta, trasferimenti interni e un bilancio federale pari al 30% circa del totale. Per arrivare ad essere ciò che sono, si è passati attraverso una guerra civile fra gli Stati del Nord che concepivano gli Usa come uno Stato federale e quelli del Sud che avevano in testa un modello di confederazione fra Stati sovrani. Per dirimere la questione ci è voluta una guerra civile. È così che nascono gli Stati. Con motori propulsivi (la Prussia in Germania ed il Piemonte in Italia). Ed anche la violenza, diciamolo. Gli Stati non nascono a tavolino per sola volontà di alcune élite come vorrebbero gli europeisti. Occorre invece valorizzare l’identità originaria dell’esperimento europeo. Quello di una comunità fra Stati che collaborano e cooperano su materie specifiche. Inizialmente, ricorderà, il carbone e l’acciaio. Il punto è che parlano addirittura di un ulteriore allargamento. Per non parlare del controsenso di una politica di riarmo europea (in realtà nazionale, e in primis tedesca) se non si ha una politica estera comune».C’è del metodo in tutto questo? Si evita il momento della solenne consacrazione popolare e si fanno tanti piccoli passi impercettibili. Poi ti trovi di fronte al fatto compiuto. Toh, l’Europa! Ormai c’è!«Sì! Quello che è in atto è la cosiddetta ipotesi funzionalista. Piccoli passi, piccoli passi, piccoli passi. Un accumulo quantitativo di effetti. E quindi l’apparizione. Ma così non funziona. Infatti, oggi siamo tutti molto meno europeisti di ieri. Non è un processo democratico ma oligarchico».E si torna alla Corte di giustizia che si muove nel vuoto…«I tribunali hanno un ruolo importante. Non si sostengono da soli. Il diritto non è autosufficiente. Opera all’interno di un’istituzionalizzazione politica molto solida. Qui invece si parte dalla soluzione di un caso singolo e poi ci si espande. Ma il giudice deve applicare la legge. Per carità, anche attraverso l’interpretazione della norma. Ma non certo con l’invenzione della legge. Il diritto obbedisce sempre ad una cultura ed una dottrina. Nel caso europeo, quella liberista. Talvolta un po’ di diritti individuali. Ma talvolta».Il giudice diventa legislatore!«Esatto. Passare dalla giurisdizione per saltare il momento della consacrazione politica non va bene. Così si impongono i poteri più forti su tutto il resto. C’è stato un po’ di compiacimento in passato nel descrivere l’Ue come un Ufo. Una narrazione del tipo… “è un calabrone ma vola”. Io dico: un momento. Se tu non sai definire l’oggetto del tuo studio, questo è un grosso problema. Speravano che questa contraddizione fosse produttiva ed invece è una follia paralizzante. Hanno investito un enorme capitale politico nell’opacità».L’articolo 11 della Costituzione recita che l’Italia limita - non cede - la sovranità, e in condizione di parità con gli altri Stati, per salvaguardare la pace e la giustizia internazionale. I padri costituenti avevano in testa l’Unione europea?«No. L’Italia ripudia la guerra. Si dice in quell’articolo e lo si dimentica. Sceglie la via della ponderazione e della diplomazia per risolvere le questioni internazionali. Limita, non cede la sovranità. Cederla significa darla via. L’esperimento europeo ha avuto un senso enorme soprattutto nella pacificazione fra Francia e Germania da sempre in guerra tra loro. Ma la pace di cui abbiamo goduto è stato soprattutto il risultato dell’equilibrio dei poteri fra Patto Atlantico e blocco sovietico. Vede, Sabino Cassese lo ha scritto chiaramente. Le élite hanno colto l’occasione, attraverso il trattato di Maastricht, di cambiare la “costituzione economica del Paese”. Domanda: ma l’avete chiesto prima al popolo sovrano?».Con la riforma del titolo quinto nel 2001 si è però inserito il rispetto dei vincoli comunitari. E questo genera confusione.«Ma rimangono i controlimiti. Ci sono nozioni, diritti, principi indisponibili anche attraverso la riforma della Costituzione. Quella riforma è stata sciagurata. Un gran minestrone. Stato, province, regioni, città metropolitane. Una gran confusione dove alla fine non ci si capisce un bel nulla».È d’accordo che questa confusione si vede anche e soprattutto nel modo in cui è stata scritta? La Costituzione originaria era semplice da leggere e da capire.«Io contesto la bolsa ed insopportabile retorica della Costituzione come “la più bella del mondo”. Un testo continuamente disattivato e che può avere bisogno di manutenzione. Il punto è che quando ci abbiamo messo le mani abbiamo fatto danni. I nostri padri costituenti erano figure di profilo altissimo. Pensi a Costantino Mortati. Uno dei più grandi giuristi del Novecento. Avevano scritto un testo chiaro. Ma lo fanno rivedere a Concetto Marchesi. Un grande latinista. Per ulteriori affinamenti. Il risultato era un testo limpido».Comprensibile a chiunque.«Oggi mi spiace dirlo perché insegno in una facoltà di giurisprudenza. Ma il linguaggio dei giuristi è incomprensibile e farraginoso. Un continuo gioco di rimandi ad altri testi. L’impressione è che non si voglia far capire nulla al cittadino. A porte chiuse e microfoni spenti sono in tanti a darmi ragione su tutti questi punti. Ma poi prevale l’alzata di spalle. Come dire, sì hai ragione ma l’Europa è bella quindi andiamo avanti. Allora i fatti sono due: o sei cinico o sei inconsapevole. C’è una perdita di consapevolezza delle categorie fondanti. Poi ti dicono, eh ma l’alternativa qual è? Non possiamo mica rinunciare al sogno. Quindi vuol dire che per loro il tema è diventato una religione. Una religione senza Dio ma con dei simulacri».La soluzione potrebbe essere a questo punto scriverlo chiaramente in Costituzione che questa prevale sull’ordinamento europeo? E non affidarsi solo a sporadiche pronunce della Corte.«Che altro non vuol dire che costituzionalizzare esplicitamente il principio dei controlimiti. Ribaditi appunto sporadicamente dalla Corte. È opportuno sancire esplicitamente e cristallizzare il primato della Costituzione e della giurisprudenza costituzionale».
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