2025-10-06
Francesco Paolo Capone: «Troppi scioperi inopportuni. Così il sindacato non ha senso»
Francesco Paolo Capone (Imagoeconomica)
Il segretario della Ugl stronca le ultime iniziative di Landini su Gaza e Finanziaria: «La credibilità si ottiene tutelando i lavoratori, senza contestare a priori il governo».Paolo Capone, in quanto segretario di Ugl, la domanda è scontata. Qual è la posizione del sindacato che lei rappresenta a proposito dello sciopero indetto da Cgil e Usb venerdì scorso?«Ugl non ha indetto lo sciopero. E mi sembra anche in buona compagnia. Neppure Cisl e Uil hanno seguito la Cgil. La nostra posizione è contraria per due motivi. Quell’agitazione, innanzitutto, è illegittima».Si è espressa l’Authority in tal senso, ricordiamolo. L’altro motivo?«Si è trattato di uno sciopero inopportuno, usato come strumento politico che però non aiuta la causa palestinese. Lo sciopero è l’arma finale per il sindacato, da usare con parsimonia e adeguatezza». Sostiene vi sia una banalizzazione dello sciopero? «La credibilità del sindacato si sostiene tutelando i diritti dei lavoratori, manifestando per i diritti sociali o per le violazioni dei diritti garantiti dalla Costituzione. Annunciare, per esempio, uno sciopero preventivo quando ancora non c’è una bozza di manovra finanziaria, come fatto da alcune sigle, è sbagliato. Si dà una connotazione politica che rischia poi di rendere il sindacato nel suo complesso sempre meno credibile».Il presidente del Consiglio polemizza sul fatto che gli scioperi vengono quasi sempre fatti di venerdì. Nel settore della scuola si raggiunge anche il 50%. «Ovviamente chi organizza lo sciopero il venerdì vede aumentare la partecipazione. Motivi di comodità inducono ad aderire chi durante la settimana non lo avrebbe magari fatto. Ma chi sciopera rinuncia a quel giorno di lavoro e alla retribuzione. Non scordiamocelo».Ugl che aspettative ha sulla prossima legge di bilancio? «Questo governo, nelle passate finanziarie, ha preso in considerazione una serie di proposte fatte anche dal nostro sindacato. Una su tutte, un significativo taglio del cuneo fiscale. Molto più efficace per i lavoratori rispetto alla stessa misura realizzata dal governo Draghi, che fu piuttosto timida. Ed è stato reso strutturale. Ci sono state le riduzioni sugli scaglioni Irpef. Sono state impegnate somme importanti sul rinnovo dei contratti collettivi del pubblico impiego. Ci sono stati interventi a favore della famiglia e delle donne. Possiamo dire che l’ultima finanziaria ha avuto un forte impatto sociale. Mi aspetto, quindi, interventi in favore della classe media nella sua interezza affinché si possa garantire e sostenere lo stato sociale di questo Paese e il funzionamento della macchina statale. Bisogna inoltre garantire le fasce più deboli. Mi aspetto attenzione per chi è in condizioni di fragilità economica, sociale o territoriale».Quanto alle interlocuzioni con i sindacati, questo governo come si sta comportando? Parlo di metodo, non di merito. «Il confronto con le parti sociali è diventato strutturale da anni. La concertazione è un metodo. Meloni lo ha consolidato anche con una certa pazienza visto le intemperanze di qualche mio collega. Nel merito l’occupazione è cresciuta. Il giudizio delle agenzie di rating è migliorato, l’affidabilità dell’Italia è apprezzata dai mercati, il Pil, seppur lentamente, cresce. Sono segnali positivi che non devono farci dimenticare che ci sono delle criticità sulle quali bisogna lavorare. La crisi della manifattura pesa. Soprattutto nel settore dell’acciaio e dell’automotive. Per questo l’Ugl auspica che si arrivi alla sottoscrizione di un Patto per il futuro tra imprese, lavoratori e governo per rilanciare il sistema-Paese. Tutti gli attori dovrebbero condividere un impegno comune su Fisco, innovazione tecnologica, energia, giustizia, politiche industriali e solidarietà. Ciò che serve per produrre di più e meglio e che è necessario anche per attirare gli investitori».Secondo Ugl cosa bisogna fare su Ilva? «Il dossier è complesso. L’Ilva, che nasce come struttura pubblica, somma le criticità ambientali che hanno segnato il territorio di Taranto. Non è più rinviabile il processo di conversione degli impianti di fusione ormai desueti. L’acciaio è materia prima necessaria per qualunque progetto di consolidamento e rilancio dell’industrializzazione del Paese. Fare politica industriale senza acciaio è impossibile. Confidiamo si possa trovare un acquirente affidabile che garantisca i livelli di produzione e la transizione ambientale con l’ammodernamento degli impianti».E se non arrivasse? Lo Stato dovrebbe farsene carico? «L’acciaio è necessario. E quello italiano (oltre al sito di Taranto ci sono quelli di Terni e Piombino) è di altissima qualità. Se non ci fossero alternative lo Stato non potrebbe sottrarsi a questo impegno. L’intervento dovrebbe essere sostenibile sotto ogni profilo. Ambientale ed economico. L’acciaio, all’epoca anche pubblico, ha garantito il boom economico del Paese nel dopoguerra. Senza acciaio non si può fare politica industriale».A proposito di industria, il governo ha dato il via libera anche alla legge delega sul ritorno al nucleare. È un tema che interessa a Ugl oppure no? «Abbiamo una posizione netta. Siamo favorevoli al nucleare, quello di ultima generazione garantisce standard elevati di sicurezza a differenza delle vecchie centrali nucleari presenti in Italia, ormai tutte dismesse. Confesso che sul nucleare ho cambiato la mia posizione personale perché mi rendo conto che l’indipendenza energetica è la principale forza di una nazione. Produrre energia in Italia senza doverla comprare totalmente all’estero darebbe un vantaggio competitivo alle imprese e al Paese».L’Italia è il più grande importatore di energia al mondo. E la Francia il più grande esportatore. Forse se la gioca col Canada. La situazione è decisamente singolare. «Quindi al nucleare Ugl dice assolutamente sì. Ovviamente con tutte le attenzioni e con tutte le accortezze che questo comporta. Anche nella scelta del tipo di tecnologie che verranno utilizzate. Fornire alle imprese energia a costi competitivi consente alle imprese di produrre di più e meglio, con una ricaduta positiva anche sui lavoratori che potranno avere retribuzioni migliori. È indistruttibile il legame tra capitale e lavoro. Motivo per il quale non siamo certo noi che esaltiamo la lotta di classe».La rivolta sociale per dirla alla Landini.«Noi lavoriamo perché i lavoratori partecipino attivamente alla gestione dell’impresa».Torniamo al pubblico impiego, al tema del rinnovo dei contratti. In generale, a che punto siamo?«È stato rinnovato il contratto delle Funzioni centrali, mentre segnano il passo le trattative per la Sanità, Istruzione e ricerca, e per le Amministrazioni locali. Credo sia necessario accelerare ed evitare di usare il mancato rinnovo del contratto come strumento di lotta politica. Il sindacato deve dare delle risposte ai lavoratori ed evitare posizioni che a volte sembrano strumentali e opportunistiche e, comunque, distanti dalle esigenze di chi lavora. È ovvio che, a differenza del settore privato, nel pubblico quando il datore di lavoro è lo Stato, la tentazione di “giocare” una partita politica e ideologica è forte per alcuni sindacati».Sulla legge di bilancio avrete una proposta che intendete mettere sul piatto. Se sì, quanto costerebbe? «Su questo abbiamo già avviato una serie di approfondimenti con il nostro centro studi e stiamo facendo le ultime valutazioni di impatto. Mi scuserà ma ancora il dossier è riservato. Quando avanziamo una proposta, vogliamo essere sicuri della sua sostenibilità».Sempre parlando di legge di bilancio, due sono i temi: la rottamazione e un prelievo specifico per le banche che hanno fatto molti utili negli ultimi due anni. La posizione di Ugl in proposito qual è?«Laica. È indiscutibile che le banche hanno avuto extra profitti importanti di natura finanziaria, non legate alle proprie attività produttive. Una contribuzione, che possiamo chiamare di solidarietà, sarebbe auspicabile nell’ottica di contributo alla sostenibilità del sistema-Paese. Atteso che, nella legge di bilancio, la disponibilità proviene dagli introiti fiscali, dall’attività di contrasto all’evasione fiscale, dal minor costo degli interessi del debito pubblico, dal taglio degli sprechi e dalla crescita del Paese. In questo contesto un intervento solidale del sistema bancario potrebbe aiutare se condiviso».Sulla rottamazione invece? «La cosiddetta evasione di necessità deve essere in qualche modo affrontata con questi strumenti. Fuori dalla logica del “liberi tutti, non pagate le tasse perché tanto non ve le faremo pagare più”. Non vogliamo trasmettere questo messaggio. Però qualche intervento è necessario. Soprattutto per le piccole e medie imprese che sono il vero tessuto produttivo dell’Italia. Un grande reticolo produttivo che soffre anche per le piccole crisi aziendali. Una fattura non pagata può mettere in ginocchio un imprenditore che rischia di dover tagliare sul lavoro, sulla sicurezza o sulle tasse».
Ll’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (Ansa)
Silvia Sardone (Imagoeconomica)
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