2025-08-29
Bruno Sgromo: «Senza imperizia dei medici, Camilla aveva fino all’80% di possibilità»
A sinistra, Camilla Canepa; a destra l'avvocato Bruno Sgromo
Il legale della famiglia Canepa: «Il ministero delineò i protocolli per la tromboembolia provocata da Astrazeneca: non furono seguiti. Per far scattare il processo, il gip esigeva responsabilità al 100%».I quattro medici del pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna sono stati prosciolti dall’accusa di omicidio colposo eppure Camilla Canepa, la studentessa di Sestri Levante morta per il vaccino Covid di Astrazeneca, non aveva ricevuto l’assistenza prevista dai protocolli in caso di sospetta trombosi dei vasi cerebrali post vaccino (Vitt). Doveva essere eseguita una Tac con liquido di contrasto, cosa che non venne fatta, non venne intrapreso il percorso diagnostico terapeutico necessario.Il gip di Genova Carla Pastorini ha deciso il non luogo a procedere: «Non può sostenersi che sussista quell’alto grado di credibilità razionale o probabilità logica per affermare la sussistenza del nesso causale e, cioè, per affermare che, la mancata adozione della condotta salvifica, sia causa provata dell’evento». È così impossibile per i cittadini avere giustizia in caso di errori conclamati e chiari dei sanitari? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Bruno Sgromo, il cui studio è specializzato in casi di malasanità e che da decenni si occupa di responsabilità professionale del medico e della struttura ospedaliera. Sgromo è anche il legale della famiglia Canepa, della mamma Barbara Spoto e della sorella, Beatrice Canepa. Il papà era morto di crepacuore pochi mesi dopo il decesso della figlia. La diciottenne Camilla si era vaccinata nel maggio del 2021 in uno degli Open Day promossi dal Comitato tecnico scientifico, malgrado gli stessi esperti fossero al corrente che Astrazeneca proteggeva meno e comportava grandi rischi. Dovevano aderire «alla richiesta dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza» di abbassare la somministrazione sotto i 60 anni, come è emerso dai verbali e dai video delle riunioni del Cts che La Verità sta pubblicando da giorni. Sui verbali l’avvocato non vuole rilasciare dichiarazioni, si limita ad affermare che «allora c’erano tanta confusione e inadeguatezza». Sullo scudo penale invocato a protezione dei medici a meno di dolo o colpa grave e che il ministro Orazio Schillaci vuole rendere legge, il legale è molto duro. Avvocato, partiamo dalla giovane che non doveva ricevere quel vaccino e che non è stata salvata.«ll ministero della Salute aveva già tracciato il percorso in caso di tromboembolia strettamente legata alla somministrazione del vaccino Astrazeneca. Per Camilla, che presentava sintomi indicativi, doveva essere seguito quel protocollo, invece le linee guida non furono applicate. Sicuramente sulla sentenza avrà influito tantissimo lo scudo penale introdotto in epoca Covid, alleggerendo la responsabilità dei medici. Inoltre, le perizie tecniche richieste dal pm hanno dato una percentuale di perdita di chance di sopravvivenza dal 50 all’80%. Percentuale che non ha soddisfatto il principio di “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Avrebbe dovuto essere una perdita del 100%».Era una sentenza scontata?«Responsabilità di perdita di chance dal 50 all’80% in una ragazza di 18 anni sono importanti. Camilla avrebbe avuto possibilità di salvarsi fino all’80%. I medici potevano anche essere assolti successivamente, ma almeno il processo per omicidio colposo doveva aver luogo».Quanto è difficile vedere riconosciuta la colpa di professionisti sanitari? «Nel penale la statistica è di circa il 97% di archiviazioni dei procedimenti. Quel 3% è solo per i casi estremi, del tipo amputazione della gamba sbagliata».Ma allora perché i medici e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, continuano a chiedere che diventi strutturale lo scudo penale, provvedimento introdotto dal governo Draghi in emergenza Covid e prorogato fino a fine 2025?«Infatti non ha senso, l’imperizia è già depenalizzata di fatto. Negligenza e imprudenza sono due condotte gravissime. Quello che vogliono è interrompere prima il percorso giudiziario, senza che il medico si faccia il periodo dell’indagine. Possibilità paventata anche dalla commissione Adelchi d’Ippolito, dal nome del magistrato che la presiedeva».Si riferisce alla Commissione nazionale sulla colpa medica, istituita dal ministro della Giustizia Carlo Nordio nel marzo del 2023 e che aveva concluso i lavori lo scorso novembre con proposte di modifica alla disciplina della responsabilità medica, sia in ambito penale sia in ambito civile.«Proprio quella. Era composta da avvocati che in tribunale non si sono mai occupati di responsabilità medica, e da medici. Nessun avvocato dalla parte del paziente. Una cosa vergognosa. Si pensa troppo spesso al medico, a come salvaguardare la serenità e il lavoro dei medici che hanno lobby fortissime, mai alla famiglia che si ritrova con un neonato rovinato o un figlio vegetale. Mai un pensiero a favore delle vittime».Anche nel caso di Lisa Federico, 17 anni, morta per un trapianto di midollo osseo sbagliato, i medici del Bambino Gesù sono stati assolti dal gip. Ed è stata archiviata la posizione di Franco Locatelli, primario di oncoematologia. Eppure è agli atti che una delle dottoresse faceva presente la «situazione molto grave», dovuta a una somma di errori, «che espone la nostra paziente a un concreto ed elevato rischio».«Ho seguito diversi casi simili, ci sono accordi di riservatezza e non se ne parla perché spesso si rinuncia all’azione penale e civile a fronte di somme pagate subito dall’ospedale. Quando invece si apre il procedimento penale, le possibilità di “ottenere giustizia” sono ridotte quasi a zero. Dato ancora più vergognoso se consideriamo che la tredicesima sezione civile del tribunale di Roma, il più importante d’Europa come casistica, ha stabilito che il 67% di tutti gli atti depositati sono evoluti in responsabilità».Procedimenti archiviati in ambito penale hanno un esito così positivo nel civile?«Non è accettabile che il principio penalistico sia prossimo al 100%, non può esserci questa enorme discordanza con il civile ma questo accade. Pensi solo che ogni anno l’Italia registra 15.000 morti per virus contratti in ambito ospedaliero, ma nessuno pone l’accento su un fatto così grave. Si preferisce parlare degli alti costi della medicina difensiva».Mai quantificati, tra l’altro.«E senza possibilità di stabilire se un medico ha predisposto un esame diagnostico in più perché ha paura di un contenzioso o “semplicemente” perché è coscienzioso e vuole tutelare il paziente. Ben venga sempre, la medicina difensiva, il cui costo è irrilevante».ll principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio nel giudizio penale scoraggia dal fare causa a un medico o a una struttura sanitaria.«Certo, anche per i costi altissimi di un contenzioso in sanità, per il rischio di contro querele. Noi lavoriamo con una società di Litigation Funding, ovvero di finanziamento del contenzioso. Dopo aver verificato la fondatezza della causa, lo studio sostiene tutte le spese e i rischi a fronte di una percentuale sul risarcimento e solo a esito positivo. Normalmente, però, questo non accade, non si battaglia ad armi pari contro chi può avere i migliori professionisti contando su risorse infinite». Che cosa consiglierebbe di fare a chi è stato vittima di malasanità?«Sul fronte penale, se fai la denuncia querela subito, come spesso viene consigliato, sequestrano le cartelle cliniche, quindi prima mi procurerei una perizia di parte seria basata sulle cartelle. La denuncia, se poi fatta, è così supportata dalla perizia di parte. Per il civile, se la causa è strutturata bene, le possibilità di vincerla sono dell’80%».In sede civile, quale conclusione avrà l’ingiusta morte Camila Canepa?«Stiamo aspettando, la perizia dà responsabilità, la consulenza tecnica d’ufficio (Ctu) del civile dovrebbe dare la bozza a novembre».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.
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