2025-03-31
«Il Prof iperattivo? Si sente vivo così...»
Antonio Di Pietro (Getty Images)
Antonio Di Pietro: «Romano affronta la terza fase della sua vita, ma il suo Centro è antistorico. Con Grillo ogni tanto ci sentiamo, però il suo Movimento non esiste più. Macché allarme fascismo, a me fa più paura l’islam».Comincia la primavera. Fiorisce la campagna.«Abbiamo già potato le viti e gli ulivi. Adesso, con il bel tempo, bisogna tagliare l’erba e tornare a sistemare la vigna». Antonio Di Pietro è stato il magistrato più celebre del secolo scorso. Poi ha fondato l’Italia dei Valori, partito legalitario progenitore dei 5 stelle. Adesso, a 74 anni, è l’unico Cincinnato in circolazione.«Di questo sono orgoglioso. Me ne sono tornato nel mio Molise. Sto in campagna. Metto a posto carte e cartuccelle».Non le manca la ribalta?«Bisogna avere coscienza dei propri limiti e l’umiltà di passare la mano. Continuare a insistere serve solo a immaginare ipocritamente di essere ancora utile. Ognuno è il suo tempo».Torniamo agli anni Novanta, allora.«Sono stati decisivi per superare la prima Repubblica. A me basta ciò che ho fatto. Se vado a rimestare, finisco solo per sfregiare. Parliamoci chiaro: offuscherei quella stagione in cui sono stato protagonista». A cominciare da Mani Pulite. «Soltanto io so dove avrebbe potuto portare. Tutti dicono che è stata una grande inchiesta. Ma è stata anche una grande sconfitta: sia per me, che per le istituzioni. Un coitus interruptus».E la politica?«Dopo la caduta dei vecchi partiti sono sorti quelli personali: Di Pietro, Berlusconi, Bossi, Grillo. Per definizione, durano al massimo la vita della persona che li ha creati. Però, allora, erano funzionali e necessari. E io sono stato un uomo chiave di quel passaggio storico».Fino a diventare controverso.«Se potessi tornare indietro, farei il magistrato in maniera identica, ma la politica in modo differente. Invece che arrestare tante persone, sarebbe stato più utile arrestare il tempo».È stato prima il più acclamato, poi il più contestato. «Dalle accuse mi sono sempre difeso nelle istituzioni. Duecentocinquantatrè processi civili, ma ha pagato solo chi aveva la possibilità di farlo».Tanti suoi illustri contemporanei ancora brigano.«Preferisco fare il Cincinnato, seguire qualche causa da avvocato, andare nelle scuole, talvolta intervenire. Una vita attiva, ma non pubblica. Non mi sognerei mai di rifare politica».Tutti, a un certo punto, assicurano che si faranno da parte. «È la differenza tra chi fa il protagonista e chi fa protagonismo».Romano Prodi, che l’ha nominata due volte ministro, a 85 anni è più scatenato che mai.«È un modo per affrontare la terza fase della propria vita. Va rispettato. C’è chi sente il bisogno di sentirsi vivo così».Dopo aver sfiorato il Quirinale, spiegò: «Anche i colonnelli vanno in pensione».«Non è sempre facile staccare la spina, è vero. Dipende se si è soddisfatti di ciò che s’è fatto in precedenza. E io lo sono. Rimane solo l’amarezza per quello che non sono riuscito a completare e per i miei errori».Il Professore vorrebbe far rinascere il Centro.«È antistorico. In tutto il mondo si va verso una dualizzazione: progressisti contro conservatori. Da noi, invece, si accapigliano per cose accadute ottant’anni fa».Il manifesto di Ventotene?«Attaccarsi al passato serve solo a non affrontare le emergenze attuali. Ogni sera ci sono reti televisive che fanno passare il messaggio subliminale: il fascismo sta per tornare. È un allarme sbagliato. È un grave errore. A me non preoccupa il passato, ma il presente: l’islam e il terrorismo internazionale». I gattopardi piddini non gradiscono Elly Schlein: troppo estremista.«Questa sarebbe già una valutazione politica, con una sua logica. Io penso, però, che sia solo una maniera per cercare di non rendersi conto del tempo che passa. Non vogliono invecchiare».L’arzillo Prodi, indispettito da una domanda sgradita, ha tirato i capelli a una giornalista.«Voleva rimarcare la storia di Ventotene, ma l’ha fatto in modo un po’ scomposto».C’è un altro ex premier del centrosinistra che non pare rassegnarsi: Massimo D’Alema.«Lui, invece, non è certo uno che ha bisogno di impiegare il tempo per non trapassare. Resta attivissimo, in tutti i sensi. È un personaggio che, politicamente, rimane ancora attuale. Ci credo poco che nel partito non conti più».È molto vicino alla segretaria del Pd. «È più facile il contrario».Sembrava che volesse fare il gentiluomo di campagna, come lei. Ha comprato una splendida tenuta in Umbria, dove produce vini di qualità.«Ma la politica è come una bella donna. Ti attira sempre».Anche nei 5 stelle, il suo amico Beppe Grillo non accetta l’avvento di Giuseppe Conte.«Mi pare che abbia fatto un passo indietro. Non s’è messo di traverso più di tanto. Ha capito che non è più il suo partito». Cos’è diventato?«Era nato dall’Italia dei valori, prendendo il 30% in un momento di grande rabbia popolare: si rischiava che la gente andasse a incendiare macchine e a sfasciare vetrine. Finito quel contesto storico, erano però necessarie persone competenti e capaci». Il Movimento non serve più?«Non esiste più. Al suo posto c’è un partito che non ha scelto ancora dove stare. Può dire tutto e il contrario di tutto. Capta quel voto di protesta che c’è sempre nell’opinione pubblica, però non governerà mai. Quale idee porta avanti? Comuniste, socialiste o liberali? E in Europa con chi sta?».Estrema sinistra. Con Mimmo Lucano e Ilaria Salis.«Ecco, non credo che il Paese possa essere affidato a Lucano e alla Salis».Lei è stato antesignano del grillismo.«Con una differenza fondamentale. Io mi sono andato a prendere persone che già facevano politica e ho trovato qualche mela marcia. Beppe ha scelto persone senza esperienza e ha trovato mele buone, però troppo acerbe».C’ha parlato, dopo la sua estromissione? «Sì, ogni tanto ci sentiamo. L’ho ammirato e continuo a rispettarlo. È deluso e amareggiato per la fine che ha fatto la creatura da lui partorita. Ha dato spazio a tanti rappresentanti della società civile che adesso, per opportunismo, hanno preferito allontanarsi da lui. Se avessero seguito le sue regole, sarebbero dovuti andare a casa». È inutile chiederle da che parte sta.«Non ho dubbi: rimpiango i vecchi tempi».Grillo fonderà un nuovo partito?«Mi auguro che non lo faccia. Ha lasciato una bella pagina politica. Quando si parlerà da un punto di vista storico del grillismo, si parlerà di quegli anni. Non di quello che è diventato adesso il Movimento. Si oppone a tutto».Compresa la riforma della giustizia. Lei, invece, è tra i pochi ex pubblici ministeri ad apprezzarla.«Non è la riforma della giustizia, ma della magistratura. Sono due cose diverse. I miei vecchi colleghi la buttano in polemica perché gli fa comodo. Dicono che i veri problemi sono il sovraffollamento delle carceri, il personale che manca, le troppe cause...». Non è vero?«È verissimo, però in questo momento si stanno discutendo le modifiche della Costituzione. La giustizia zoppica, certo. Tanto c’è da fare. Ma ci vogliono risorse e finanziamenti». Le piace la separazione delle carriere, dunque.«È sacrosanta, perché è la naturale e logica conseguenza di una scelta fatta nel 1989, con la riforma del codice Vassalli. Se le parti devono presentarsi di fronte a un giudice terzo, ma una delle due appartiene alla stessa famiglia, è un incesto. Io l’avevo già detto allora. Adesso ne sono ancora più convinto».Dicono che i magistrati saranno assoggettati al governo.«Questo non c’azzecca assolutamente niente! Chi è indipendente resterà indipendente. E i pecoroni continueranno a fare i pecoroni».È previsto pure il sorteggio per il Csm. «Fa meno danni delle correnti. Oggi c’è un sistema partitico all’interno della magistratura». Un’alta corte potrebbe giudicare le toghe.«Nessun ordine professionale dovrebbe fare ricorso alla giustizia domestica, sennò si rischia lo scambio di favori: io oggi lo faccio a te, tu domani lo fai a me». L’Anm, a cui non s’è mai iscritto, ha scioperato. «Un giudice non ha bisogno del sindacato. Gli basta la legge».Si guadagnerà la fama di meloniano.«Mi fa imbestialire. È davvero da sciocchi pensarlo. Io queste cose le dico dagli anni Novanta. I governi passano. Le maggioranze pure. La Costituzione, però, resta».Nel periodo di Mani pulite eravate degli eroi. Adesso il popolo sembra non avere più fiducia nella categoria.«Ai miei tempi indagavo Giovanni, magari in modo coercitivo. Mi diceva di Nicola, su cui indagavo domani. Quindi, salivo gli scalini di una piramide». E poi, cos’è cambiato?«Da Di Pietro sono nati i dipietrini. Non cercavano più chi aveva commesso un reato. Cercavano di capire se un reato fosse stato commesso da qualcuno». Le famose inchieste a strascico.«Prima o poi, qualcuno si prende. Se ne arresti quattrocento tutti in una volta, magari hai preso duecento delinquenti. Il resto, però, può essere innocente. Questa discrasia ha creato scompiglio nell’opinione pubblica. Adesso, però, mi scusi…».Che succede?«S’è fatto buio. Devo andare a chiudere il recinto delle galline, altrimenti arriva la volpe».
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