2018-12-17
Intanto sta scomparendo un pezzo del nostro Paese
Con la morte degli ultimi abitanti, alcuni borghi hanno chiuso per sempre. Da Nord a Sud, in 30 anni sparita la popolazione di una città come Palermo.Suo fratello Lorenzo la implorava di venire via. Di abbandonare Braia, frazione di Pontremoli ai confini con l'Emilia. Le diceva di raggiungerlo a Londra, dove era emigrato ben prima della Brexit. Ma Teresa Pini non voleva saperne, così per 20 anni è stata l'unica custode di questo borgo di viuzze e case di pietra. Ci viveva senza telefono, con la sola compagnia del cane. La settimana scorsa, a 85 anni, Teresa è morta e con lei anche Braia: resterà disabitata. Un caso isolato? Non secondo l'Istat: l'ultima rilevazione conta 6.000 paesi fantasma da Nord a Sud. La dinamica dello spopolamento è ovunque la stessa: muoiono più abitanti di quanti ne nascano e i pochi giovani scappano verso le grandi città, dove è più facile trovare lavoro e costruirsi un futuro. Senza nuove famiglie, prima chiudono le scuole e poi una dopo l'altra le attività commerciali. Sono tante le contrade che, un giorno o l'altro, sono destinate a fare la stessa fine di Braia: Giuseppe Spagnuolo è l'ultimo baluardo di Roscigno Vecchia, sulle montagne del parco del Cilento, e sta tentando di resuscitarlo portandoci turisti. Mentre Paolina Grassi, 93 anni, è la sola rimasta a tenere in vita Casali Socraggio, nella Valle Cannobina, alla frontiera con la Svizzera. «C'erano l'osteria, la rivendita e il fornaio. C'era la scuola elementare», ricorda Paolina, «nella mia classe eravamo in 36. Quando sono nata, il 28 agosto del 1926, tre famiglie avevano dieci bambini. Noi eravamo cinque sorelle».Non bisogna pensare che denatalità e sfollamento colpiscano solo villaggi sperduti su montagne e isole. Rischiano di diventare deserto tutti i piccoli Comuni, quelli con meno di 5.000 abitanti, che in Italia sono 5.579, ovvero il 70 per cento del totale. Non nascono bambini, che peraltro sono rarissimi anche in municipi con il doppio dei residenti: a Fino Mornasco, 9.845 anime vicino al lago di Como, l'anno scorso è venuto alla luce Mattia, dopo 37 anni che all'anagrafe non si registrava una nascita. Così come Alessio a Sermoneta, 9.917 abitanti a ridosso dei monti Lepini, dove da 20 anni non si sentiva il vagito di un bebè. Non è solo il crollo demografico il problema, bisogna andare a monte: dall'ultimo censimento Istat a oggi, il bilancio dei trasferimenti di residenza tra Comuni penalizza fortemente quelli più piccoli. Il saldo migratorio interno nei centri minori, ovvero il bilancio tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche, registrava un calo di 3.400 persone nel 2012, che nel 2017 sono diventate 16.000 unità in meno. A conti fatti, da sei anni a questa parte sono andate via dai piccoli municipi quasi 74.000 persone. In un quarto di secolo le località sotto i 5.000 residenti ne hanno persi 675.000. Come venisse cancellata una città delle dimensioni di Palermo.I più microscopici tra i piccoli Comuni, con meno di 40 persone, sono quattro: Briga Alta, estremo lembo meridionale del Piemonte, nel parco naturale del Marguareis. Nel censimento del 1871 contava 1.361 anime, oggi ci vivono in 39. Ha ceduto il 96,47% della cittadinanza. La densità di popolazione è di 0,75 abitanti per chilometro quadrato, in confronto la desolata Siberia con 3 abitanti per chilometro è una sorta di Times Square. Sempre in Piemonte, questa volta in provincia di Torino, c'è Moncenisio che di domiciliati ne conta appena 29 durante l'estate, che si riducono a poco più di una decina da settembre a giugno. È il comune italiano meno popoloso, seguito da Monterone, in provincia di Lecco e ai piedi del Resegone. Qui in vivono in 34, del consiglio comunale fa parte più di un terzo del paese. Il quarto municipio più minuscolo è Pedesina, sulle pendici del Monte Rotondo, non lontano da Sondrio. I 39 residenti sono quasi tutti pensionati, di giovani neppure l'ombra. Quanto potranno resistere? Sono realtà dimenticate da infrastrutture e investimenti pubblici. Emarginate e abbandonate. Però spesso custodiscono una ricchezza fatta di tradizioni e identità. E altrettanto spesso, quando il tessuto sociale viene garantito, sono virtuosi. Un esempio? In 800 piccoli Comuni italiani la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti supera il 60 per cento, inoltre il 91 per cento possiede almeno un impianto alimentato da fonti rinnovabili. Lasciarli morire sarebbe un colpevole spreco. Secondo uno studio dell'Unione europea su dati Istat, da 30 anni a questa parte in Italia un borgo su quattro ha chiuso i battenti, con un crollo del 25 per cento. Stiamo parlando di contrade con meno di 150 residenti, ne sono rimaste 139 a tenere duro e combattere l'esodo. Resta da chiedersi se è possibile contrastare lo spopolamento. Il nodo è sempre lo stesso: non costringere ad andarsene le famiglie e, anzi, attirarne di nuove che facciano figli. Questa la ricetta del sindaco di Sant'Alessio in Aspromonte, 357 abitanti: assunzioni di giovani laureati, agevolazioni per l'apertura di botteghe artigiane, e case vuote assegnate a nuclei familiari che arrivano da fuori. Qualcun altro, come sappiamo, punta sull'integrazione dei migranti. Emiliano Deiana, sindaco di Bortigiadas in Gallura, 759 residenti, spiega: «Sulle migrazioni come forma di contrasto allo spopolamento sono perplesso: le persone devono decidere di abitare un luogo. Il turismo domenicale può aiutare, ma non è neppure lì che si dovrebbe investire. Servono asili nido, servizi sociali, un ritorno acculturato alla terra e alle produzioni. L'unico vero modo di salvare i paesi è quello di abitarli».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)