2024-01-03
Inflazione e tassi giù. Con il 2024 si spera in un aumento del Pil e meno euro-ricatti
Il carovita potrebbe dimezzarsi e la Bce dovrebbe ridurre il costo del denaro. Un’economia in salute tratta meglio con Bruxelles.Può essere questo l’anno dell’addio all’inflazione, alla corsa senza freni dei tassi di interesse e alle dinamiche recessive che, invece, se ci voltiamo e riportiamo le pagine del calendario indietro di appena 12 mesi sembravano quasi irreversibili? Le premesse ci sono tutte e seppur in un contesto di incertezza, provocato innanzitutto dalle due guerre in corso (basti pensare ai danni provocati dagli attacchi degli Huthi filo-iraniani alle navi occidentali nel Mar Rosso) e poi dalla fase di transizione da una politica monetaria aggressivamente restrittiva a una certamente più espansiva, si più essere ottimisti. Ne è consapevole l’esecutivo Meloni che ha superato in scioltezza le incognite politiche e finanziare (il no al Mes come si vede non ha impattato sullo spread) del primo anno di governo e lo sanno bene anche a Bruxelles dove l’appuntamento segnato con il circoletto rosso è quello delle elezioni del 6-9 giugno che potrebbe rappresentare un punto di svolta anche rispetto alle politiche green di cui tanto si discute. Meglio va l’economia e meno la democrazia è «ricattabile», vale per tutti i Paesi e vale ancora di più per l’Italia che si porta dietro uno dei debiti, in rapporto al Pil, più alti dell’Eurozona. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cos’è successo nel corso del 2023. Come mai le condizioni di partenza tra il gennaio di 12 mesi fa e quello che stiamo vivendo sono radicalmente cambiate? Perché la Bce prevede che l’inflazione dell’area euro passerà dal dal 5,4% del 2023 al 2,7% del 2024? Uno studio dell’istituto di ricerche Ref evidenzia senza tanti giri di parole che il tema energetico era e resta fondamentale. Abbassati i prezzi dell’energia si è spezzato anche quel circolo vizioso che ha innescato la spirale inflazionistica. «La normalizzazione dello scenario del mercato energetico europeo è ancora in corso», precisano gli esperti, «ma di certo l’aumento stagionale della domanda di gas con l’arrivo dell’inverno non ha portato a nuove tensioni. Anzi. La disponibilità di offerta e la consistenza delle scorte hanno determinato una nuova contrazione delle quotazioni nelle ultime settimane. Un aspetto da considerare è che nel corso dell’ultimo anno i Paesi europei sono riusciti a diversificare almeno in parte le fonti di approvvigionamento di gas, aumentando, tra le altre cose, l’import di gas naturale liquefatto». E lo stesso discorso vale per il petrolio. «Anche il mercato petrolifero», si legge nello studio, «ha mostrato una flessione dei prezzi, legata alla relativa debolezza della domanda mondiale e alla disponibilità di greggio sui mercati internazionali. Negli ultimi trimestri si è osservata una fase di sostenuta crescita della produzione di petrolio da parte degli Stati Uniti, mentre l’onere della limitazione dell’offerta fra i Paesi del cartello Opec è ricaduto soprattutto sull’Arabia Saudita». I segnali del resto vanno verso un consolidamento di questa tendenza. «Significativo», viene sottolineato, «che le quotazioni del petrolio non abbiano evidenziato particolari tensioni anche dopo la crisi in Israele e gli attentati che hanno portato a limitare il passaggio delle navi dal canale di Suez».Non solo, perché l’onda lunga della seconda parte del 2023 porta in dote al 2024 anche la soluzione di un altro grande problema dell’economia: le catene di fornitura sono tornate a funzionare in modo corretto ridimensionando un collo di bottiglia che aveva contribuito e non poco all’escalation dei prezzi nel periodo pandemico. «Nel complesso», rimarca l’analisi del Ref, «le inchieste presso le imprese segnalano che i problemi del funzionamento delle catene di fornitura sono stati superati. La disponibilità, per esempio, di semiconduttori è migliorata, e di questo stanno beneficiando i settori produttori di macchinari e l’auto. Anche i dati sui tempi di consegna confermano che l’industria mondiale ha ripreso a operare regolarmente». Quindi, cosa ci possiamo aspettare? Premesso che i dati sul lavoro sono incoraggianti, la maggior offerta sta aiutando anche a ridimensionare alcuni problemi di mancanza di manodopera, con il tasso di posti vacanti che ha iniziato a stabilizzarsi nell’area euro, molto dipenderà dalle decisioni delle banche centrali. Qui le ipotesi divergono, anche se la tesi prevalente è quella di una linea prudente soprattutto in Europa. In altre parole: prima di procedere a tagli dei tassi la Bce aspetterà conferme consistenti sui dati che vedono l’inflazione in fase calante. Due le conseguenze. Da una parte, uno scenario di risposta graduale della politica monetaria rispetto alla discesa dell’inflazione è una ulteriore garanzia rispetto al rischio di una nuova recrudescenza delle tensioni sui prezzi. Dall’altra vuol dire che se crescita ci sarà, evidentemente sarà meno repentina di quanto si potrebbe sperare.
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