
La manovra non è solo farcita di tasse, ma anche di provvedimenti ideologici finanziati coi nostri soldi.Ci sono riusciti. Con il comma 385 del maxi emendamento alla legge di bilancio approvato in Senato, è stato incrementato di 1 milione di euro il finanziamento alle università che offrono corsi di gender. Pioggia di denaro assicurato per teorie queer, annessi o sconnessi. Certo, negli atenei italiani non sono una novità gli studi che invitano a ragionare con logica Lgbt. Abbondano, vengono approvati da rettori e pagati con i soldi nostri, ma adesso ricevono nuova linfa e autorevolezza. La manovra economica del governo giallorosso segue un'ideologia precisa, pronta a calpestare ogni libertà di educazione pur di assecondare il pensiero unico dominante. Non si tratta solo di buttare fondi, come i 400.000 euro per festeggiare i 100 anni dalla nascita del Pci a Livorno, la protervia dell'esecutivo impone di non essere liberi nel rifiutare un'ideologia che destruttura l'identità sessuale, afferma che è importante solo la percezione soggettiva che ciascuno ha del proprio corpo e che i bambini non hanno bisogno di una mamma e di un papà. «Al fine di promuovere l'educazione alle differenze di genere quale metodo privilegiato per la realizzazione dei principi di eguaglianza e di piena cittadinanza nella realtà sociale contemporanea, le università provvedono a inserire nella propria offerta formativa corsi di studi di genere o a potenziare quelli già esistenti», recita il comma approvato. «Metodo privilegiato», udite bene, per renderci tutti uguali, nel senso di liberi di essere diversi dal nostro sesso biologico. Uno spessore educativo formidabile, una palestra per le menti degli studenti. Diverse volte La Verità ha denunciato l'ipocrisia di corsi e seminari patrocinati dalle università, finanziati con fondi europei o a spese della collettività (sempre soldi nostri sono). Un martellamento continuo, destinato a diventare quasi un percorso di studi alternativo con le nuove risorse ripartite tra le università. Si moltiplicheranno gli osservatori di gender, pronti a rifilarci pseudo studi scientifici e a far salire in cattedra attivisti Lgbt sempre più aggressivi sul piano ideologico e della comunicazione. Basti pensare a quello che è successo a Trento pochi mesi fa. L'università ha un centro di studi interdisciplinare di genere dove abbondano iniziative quali il seminario «Riequilibrio di genere: strumenti e strategie», o laboratori «di orientamento in ottica di genere». Tra il 2017 e il 2018 ha promosso seminari Lgbt, corsi sulla «maschilità queer» e qualche anno fa ha ottenuto importanti finanziamenti europei per progetti come «Libertà di circolazione delle nuove famiglie nell'Unione europea». Quando lo scorso dicembre l'ex assessore provinciale alla Salute, alla disabilità e alla famiglia, la leghista Stefania Segnana, ha sospeso 83 «percorsi formativi» sull'educazione alla relazione di genere rivolti a studenti, genitori e insegnanti, il mondo accademico trentino è esploso in protesta. È stato sottoscritto un documento dal titolo «Per una cultura del pluralismo», dove 285 docenti condannavano la cancellazione di «buone pratiche educative mirate a diffondere la cultura del rispetto e delle pari opportunità». Affermavano che «l'utilizzo di superficiali dicotomie per contrapporre natura e cultura, biologia ed esperienza, patrimonio genetico e libertà di scelta è un esercizio inutile che può solo generare arretramenti conoscitivi e applicazioni pericolose». Adesso anche a Trento avranno più fondi per sostenere le loro battaglie gender e promuovere «laboratori di formazione sugli stereotipi di genere nella narrativa per l'infanzia e i testi scolastici», una delle attività rivolte a insegnanti della scuola primaria promosse sul sito dell'ateneo. Impareremo a spiegare ai nostri figli che è normale che il babbo si senta oggi donna e magari ce lo diranno una psicoterapeuta dell'Arcigay e un'attivista per i diritti Lgbt, prima «lesbica mascolina», poi «carinissima ragazza bisessuale», infine uomo, unici relatori del seminario «Tra(n)sparenti - la transizione dal punto di vista dei figli», organizzato da gruppi di ricerca dell'Università di Verona.Sarà un fiorire di stimolanti incontri come i «Gender lunch seminars» all'Università Vita salute San Raffaele di Milano, dove si dibatte se «Esistono solo due generi? Cosa impariamo dalle alterazioni dello sviluppo sessuale», e ci si interroga su «La differenza di sesso e genere». Potremmo porci domande esistenziali come quelle che ha sollevato l'Università di Pisa con il seminario della scorsa settimana: «Conflitti interculturali 2.0. Simboli, identità e rappresentazione. Tra narrazione mediatica e proposte teoriche». In poche parole la tesi di fondo è che «oggi la narrazione dominante descrive come “altro" le minoranze religiose, i gruppi migranti o migrati, le soggettività Lgbt», mentre è arrivato il momento di «ribaltare la dicotomia». Ecco, appunto, noi di «genere binario» dovremmo diventare minoranza, tutto il resto invece va codificato come normalità. Grazie a 1 milione di euro in più.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






