2021-05-04
Contraddizioni, silenzi e nuove inchieste. Il dossier Amara butta il Csm nel caos
Piercamillo Davigo (Ansa)
David Ermini e Giovanni Salvi contro Piercamillo Davigo: «Informazioni verbali irricevibili». Milano prepara una relazione, Brescia forse apre un fascicolo.Il caso della presunta loggia segreta Ungheria, di cui parla il «pentito» Piero Amara, rende sempre più tesa l'aria che si respira al Csm. Specialmente nei confronti dei vertici dell'organo di auto governo della magistratura. A distanza di qualche giorno dalle note stampa divulgate dal vicepresidente David Ermini e dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, le bocche di alcuni dei principali protagonisti della vicenda - in cui va inserito soprattutto l'ex consigliere Piercamillo Davigo - si sono cucite. Probabilmente a causa delle contraddizioni che emergono nelle ricostruzioni fatte. E a poco sono servite le chiamate fatte ieri da La Verità ai tre personaggi appena citati.Il primo a ricevere la nostra chiamata è stato Davigo, al quale abbiamo domandato del perché Ermini avrebbe negato di aver visionato e ricevuto dalle mani dell'ex toga del pool di Mani pulite i verbali di Amara. «Chiedetelo a lui», è stata l'unica risposta che ci ha dato prima di chiudere velocemente la conversazione. Qualche minuto più tardi anche Salvi ha glissato i nostri quesiti, spiegando: «Tutto quello che avevo da dire l'ho già detto». Poi pure Ermini ci ha fatto sapere che non avrebbe rilasciato dichiarazioni. L'ha fatto il Csm con un comunicato in in cui si afferma che il Consiglio superiore della magistratura «opera soltanto sulla base di atti formali e secondo procedure codificate», essendo «qualsiasi suo intervento inibito a fronte di atti non identificabili» come la «sommaria comunicazione verbale» da parte dell'allora consigliere Piercamillo Davigo in merito a indagini della procura di Milano. Le fonti del Csm sottolineano che «in presenza di notizie in sé irricevibili perché estranee ai canali formali e istituzionali, ogni iniziativa del Csm sarebbe stata scorretta e avrebbe potuto amplificare voci non riscontrabili».Eppure, come detto, sull'ultimo caso che sta minando l'immagine della magistratura alcune cose non quadrano. Innanzitutto bisogna ricordare che secondo quanto raccontato da Amara ai pm di Milano, Paolo Storari e Laura Pedio, della presunta associazione segreta Ungheria farebbero parte magistrati, politici, i vertici di Carabinieri e Guardia di finanza. Nell'aprile 2020 il primo tassello di questa storia: Storari, indispettito per il mancato approfondimento investigativo della Procura della Repubblica di Milano, per le dichiarazioni rese da Amara (le iscrizioni sul registro degli indagati a carico di Amara, Giuseppe Calafiore e Alessandro Ferrara vengono fatte a distanza di mesi), porta a Davigo i verbali dell'ex consulente di Eni. E da qui in poi le versioni si fanno contraddittorie. Secondo il fondatore del movimento A&i (Autonomia e indipendenza, ndr) quelle carte sarebbero state visionate da Salvi ed Ermini. «Né io né il mio ufficio abbiamo mai avuto conoscenza della disponibilità da parte del consigliere Davigo o di altri di copie di verbali di interrogatorio resi da Piero Amara alla Procura di Milano. Di ciò», ha dichiarato il pg della Cassazione Salvi, «ho appreso solo a seguito delle indagini delle Procure interessate e della conseguente perquisizione nell'ufficio di una funzionaria amministrativa (Marcella Contrafatto indagata dalla Procura di Roma perché avrebbe inviato il materiale segretato ai giornali, ndr). Si tratta di per sé di una grave violazione dei doveri del magistrato, ancor più grave se la diffusione anonima dei verbali fosse da ascriversi alla medesima provenienza». Nello stesso comunicato si ipotizzano «iniziative disciplinari conseguenti alla violazione del segreto […]», affermazione forte considerando che quei verbali sulla presunta loggia Ungheria, stando alla sua stessa ricostruzione, Salvi non li avrebbe mai visti. Nella giornata di ieri è emerso che il procuratore capo di Milano sta preparando una relazione sul caso, documento che potrebbe influire notevolmente sull'apertura del procedimento disciplinare. Non bisogna dimenticare che Salvi e Greco si sono confrontati sulla vicenda lo scorso giugno. Anche la vicina Procura di Brescia, competente sulle indagini penali a carico dei colleghi milanesi, sta valutando l'apertura di un fascicolo. «Sono in attesa che mi arrivino alcune informazioni che ho richiesto, poi valuterò se aprire un fascicolo», le parole usate dal procuratore capo di Brescia Francesco Prete. Ma torniamo ad Ermini che all'esplosione del caso ha dichiarato che il Csm «non solo è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti». Anzi a suo giudizio saremmo di fronte «a un'opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura». Entrando nel dettaglio con il quotidiano Repubblica ha specificato: «Non ho mai saputo che il sostituto Storari fosse venuto a Roma a consegnare un malloppo di carte al consigliere Davigo. E non è vero che Davigo mi depositò quelle carte, né mai me le diede». Eppure i due ne discussero in più di un'occasione: nella prima Davigo gli riferì del caos che stavano generando quei verbali di Amara nella Procura della Repubblica di Milano; qualche giorno più tardi l'ex membro del Csm riprese il discorso con lui e riferì di averne parlato anche con Salvi. Quindi nella versione di Davigo i vertici di Palazzo dei Marescialli erano informati di ciò che stava accadendo nel capoluogo meneghino. Domanda legittima: anche il presidente della Repubblica ne era a conoscenza? Su questo Ermini ha precisato: «Non tocco mai l'argomento delle interlocuzioni con l'ufficio della presidenza della Repubblica».
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