2024-02-09
Confondono i numeri per incensare le città a 30 all’ora
Milena Gabanelli (Imagoeconomica)
Per Milena Gabanelli, a Londra il nuovo limite ha diminuito i morti. In realtà hanno solo costretto gli automobilisti ad andare a piedi.«Non rientra nelle nostre competenze». Sfilatosi perfino il governatore Stefano Bonaccini, a fare il tifo da stadio e a spingere per la Bologna a 30 all’ora del sindaco Matteo Lepore (e dell’Italia a 30 all’ora nel caso in cui, un giorno lontano, Elly Schlein dovesse vincere le elezioni), rimangono gli innumerevoli influencer di redazione a disposizione del progressismo «green and slow» del Nazareno. La macchina delle idee inquinanti si è messa in moto. Un po’ per vocazione e un po’ perché le liste per le Europee non sono ancora chiuse. Così si nota un avanzare scomposto di editorialisti e pseudo-esperti impegnati a conquistare la prima fila senza limiti di velocità. In questa gara si è portata al comando Milena Gabanelli, che nella sua rubrica Dataroom (sul Corriere della Sera online e su La7 all’interno del Tg di Enrico Mentana) ha provato a spiegare senza riuscirci perché «con i 30 all’ora si salvano molte vite». L’esempio cardine portato sullo schermo è quello di Londra, la prima capitale europea ad adottare le restrizioni da decelerazione felice: dal 1991 a oggi su 140 km di territorio si viaggia al massimo a 20 miglia, 32 km all’ora. Per completare lo scenario, negli ultimi anni si è fatta sentire la spinta ideologica del sindaco Sadiq Khan, la cui strategia è quella di eliminare definitivamente gli automobilisti dalle strade metropolitane entro il 2041.Secondo la giornalista il divieto funziona perché nel lungo periodo ha ridotto del 41,9% le vittime della strada secondo una ricerca dell’autorevole London School of Economics. Un’asserzione inattaccabile solo in apparenza; in realtà contiene due fragilità concettuali, come ha acutamente notato su X l’account Chance Gardiner. La prima riguarda la fonte: Gabanelli si è dimenticata di aggiungere che a commissionare e a finanziare lo studio è Trasport for London, società della municipalità londinese. Un dettaglio che ci riporta all’oste che declama la bontà del suo Tavernello. La seconda fragilità riguarda il dato specifico (-41,9% di incidenti), calo derivato dalle auto circolanti dentro la metropoli. Dall’introduzione dei divieti a oggi i londinesi hanno cambiato forzatamente abitudini, hanno modellato la loro mobilità in altro modo e il traffico privato è crollato del 62%. Meno vetture, meno incidenti, meno feriti. Senza questo parametri (non incluso nello studio citato e neppure nello speach gabanelliano) ogni tesi è zoppa, se non proprio fuorviante.Ai numeri si può far dire tutto, a contare è la narrazione. Modellare i dati è sempre stato uno sport nazionale, c’è chi ci ha costruito sopra invidiabili carriere. Ma dal Covid in poi è diventato un boomerang, il lettore è più attento e qualcuno non se n’è ancora accorto. Anche la superfetazione visuale delle zone 30 in molte città d’Europa nel video di «Dataroom» dice poco, visto che in numerose di queste (Graz, Strasburgo, Lione, Friburgo, Amsterdam) le aree citate riguardano strade poco più che pedonali nei centri storici, assimilabili alle nostre Ztl. Il resto è coperto da divieti 50 (o 30 miglia, che sono 48 km) proprio come in Italia. Un caso singolare è quello di Parigi, fatta uscire furbescamente dalle statistiche perché ai divieti nominali corrispondono accelerazioni da caccia in decollo sui boulevard, parola di testimone. In caso contrario la Ville Lumière sarebbe paralizzata h24. Il limite 50 che Lepore e gli estremisti del freno a mano detestano, da noi è rappresentato come un indice di arretratezza e pericolosità. La stessa Gabanelli ne parla come se fosse un liberi tutti. A Roma e Milano la velocità media nel traffico è di 38 km all’ora ma viene raffigurata come se migliaia di Jacques Leclerc scorrazzassero con le loro Ferrari di Formula 1 sul porfido. Ovviamente non è così e lo stress dei dati non funziona, anzi rende diffidenti i cittadini. Con un ulteriore distinguo: nelle metropoli italiane a far aumentare le percentuali sono semmai bici elettriche e monopattini, guidati da autentici pazzi sui marciapiedi dove i pedoni camminano rasentando i muri.Tutto questo non incide minimamente sull’abbattimento di CO2 e ossido di azoto, e il video-denuncia è costretto ad ammetterlo. Perché, Gabanelli dixit, «alcuni studi dicono che ci sarebbe una riduzione di emissioni, altri che è impossibile calcolarlo con esattezza perché dipende dal tipo di strada, di veicolo e di guida». Nonostante ciò la reprimenda politica non viene risparmiata al ministro Matteo Salvini, che «ha emesso una direttiva di sette pagine» (qui il dato è preciso) per fermare la meravigliosa iniziativa di Lepore. Come se si trattasse di una grida manzoniana e non di un legittimo richiamo al rispetto del Codice della strada, che vale su tutto il territorio nazionale e impone ai sindaci di motivare «strada per strada» ogni riduzione sotto i 50 all’ora. È la norma bellezza. Serve per evitare che gli automobilisti multati si vedano annullare le sanzioni per illegittimità da un giudice. Ma dovremmo saperlo, per gli sciamani della verità rivelata anche le leggi sgradite sono un’ipotesi. Come i numeri.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)