2020-03-06
In Siria è tregua tra Russia e Turchia. Ma Erdogan non molla sulla Grecia
Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin (Ansa)
Accordo per il cessate il fuoco a Idilb. Ankara annuncia che invierà mille agenti sul confine con l'Europa per evitare i respingimenti di Atene. Mentre un altro milione di migranti siriani è ammassato alla frontiera. Prove di disgelo tra Russia e Turchia. Ieri, a Mosca, ha avuto luogo l'atteso incontro tra il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e il suo omologo russo, Vladimir Putin. Al centro del vertice è stata posta la spinosissima questione di Idlib, che si trova alla base delle attuali divergenze tra Mosca e Ankara. Al termine di sei ore di trattative, i due leader hanno raggiunto l'accordo per un cessate il fuoco nell'area. «Tutti gli occhi del mondo oggi sono rivolti al nostro incontro: la situazione a Idlib è molto tesa e sono certo che le decisioni che prenderemo serviranno ad alleviare la tensione», ha dichiarato il sultano. Putin, dal canto suo, ha auspicato che «non accada nulla che possa rovinare le relazioni russo-turche». «Purtroppo, come ho detto in precedenza in una telefonata», ha proseguito, «nessuno, comprese le truppe siriane, era a conoscenza della posizione dei militari turchi». Il riferimento era ovviamente al bombardamento, effettuato dalle truppe di Damasco giovedì scorso proprio su Idlib: l'ultima roccaforte delle forze anti-Assad, sostenute da Ankara. Un bombardamento in cui - ricordiamolo - hanno perso la vita 33 soldati turchi. E, in tal senso, il leader russo ha espresso ieri le proprie condoglianze a Erdogan. Insomma, nonostante la tensione, i due presidenti sembra stiano cercando una distensione. Tutto questo, sebbene per il momento in Siria la situazione resti abbastanza ingarbugliata. La Turchia ha lanciato nei giorni scorsi l'operazione militare «Scudo di primavera» e - nelle ultime ore - ha «neutralizzato» altri 184 soldati di Damasco. Secondo Reuters, almeno 16 civili (tra cui un bambino) sono invece rimasti uccisi nella notte di ieri a causa di raid aerei russi su Idlib.Putin non ha mai fatto mistero di voler sostenere Assad nella riconquista del territorio siriano e ha - nelle scorse settimane - criticato la Turchia, accusandola di non aver ottemperato agli accordi di Sochi. In tal senso, non è affatto escludibile che il grande regista del bombardamento siriano su Idlib sia stato proprio il presidente russo, quasi a voler lanciare una sorta di ultimatum ad Erdogan. Con questa mossa, lo Zar è del resto riuscito a isolare efficacemente il sultano, che - nonostante l'atteggiamento aggressivo - non può permettersi uno scontro militare con la Russia. Putin ha quindi fatto valere la propria posizione di forza, approfittando anche del fatto che gli Stati Uniti non sembrino poi così intenzionati ad andare concretamente «in soccorso» di Ankara. La stessa decisione, presa da Erdogan, di spalancare le porte ai migranti verso l'Unione europea può - in tal senso - essere letta anche come una mossa della disperazione. Una mossa di cui rischia di fare tuttavia le spese il Vecchio Continente, visto che la crisi migratoria non accenna intanto a placarsi.Nella giornata di ieri, la Turchia ha annunciato che invierà mille agenti delle forze speciali con l'obiettivo di evitare i respingimenti dei migranti da parte delle autorità di Atene. Lo ha reso noto, il ministro degli Interni turco, Suleyman Soylu, secondo cui la Grecia avrebbe ferito 164 persone che cercavano di oltrepassare il confine. «Hanno ferito 164 persone. Hanno cercato di respingere 4.900 persone in Turchia», ha dichiarato. «Stiamo schierando mille forze di polizia speciali nel sistema di frontiera per impedire il respingimento». Stando a quanto reso noto da Ankara, sarebbero quasi 140.000 i profughi che stanno cercando di entrare in Unione europea attraverso il confine greco. Non dimentichiamo che, la scorsa settimana, Erdogan ha permesso a numerosi profughi (soprattutto siriani) di recarsi verso l'Europa occidentale, violando così nei fatti l'accordo stipulato con Bruxelles nel 2016: accordo, secondo cui - in cambio di sei miliardi di euro - Ankara si impegnava a bloccare i flussi migratori verso Ovest. Il sultano ha attuato questa mossa per due ragioni. In primo luogo, la Turchia avverte sempre più il peso migratorio: non solo ospita circa 3,7 milioni di profughi sul proprio territorio ma - dallo scorso dicembre - un altro milione di migranti siriani si è ammassato alla frontiera turca. Una situazione aggravatasi, dopo il bombardamento siriano di giovedì su Idlib. In secondo luogo, è chiaro che il sultano vuole usare i flussi migratori come strumento di ricatto contro Bruxelles, con lo scopo di ottenere ulteriori foraggiamenti finanziari. In tal senso, l'annuncio dell'invio dei mille agenti è evidentemente funzionale a indebolire la posizione difensiva della Grecia, per mettere così l'intera Europa occidentale ancor più sotto pressione. Atene, dal canto suo, ha frattanto reso noto di aver già bloccato circa 24.000 arrivi illegali sul proprio territorio. In tutto questo, Erdogan si è rifiutato martedì di partecipare a un incontro previsto oggi a Sofia con i vertici europei: un incontro caldeggiato soprattutto dal primo ministro bulgaro Boyko Borissov. Il sultano ha infatti reso noto di non voler incontrare il premier greco Kyriakos Mitsotakis.