2019-07-09
In Libia rispuntano anche quelli di Moas
L'oscura Ong della famiglia Catrambone è sempre attiva nel mondo dell'accoglienza. Eppure persino uno come Gino Strada aveva sollevato dubbi sui loro interessi, più finanziari che umanitari. Ma per la stampa di sinistra «spaventano i sovranisti». A volte ritornano. O forse sarebbe più corretto dire che non se ne sono mai andate. Stanno poco più in là in attesa che qualcosa accada o che qualcuno le chiami. Come Moas, la Ong italoamericana che due anni fa decise di abbandonare il Mediterraneo per trasferirsi nel golfo del Bengala a trasportare migranti Rohingya, e che ieri abbiamo ritrovato sulle pagine di Repubblica nientemeno che come «monumento» della solidarietà che «spaventa i sovranisti». Caspita.Probabilmente, però, a spaventarsi di più furono i signori Chris e Regina Catrambone quando si resero conto che la narrazione buonista del ricco americano di origine calabrese, che aveva investito 8 milioni di dollari per salvare i poveri naufraghi davanti alle coste della Libia, iniziava a fare acqua da tutte le parti. Portando a picco anche il business che - tra il 2016 e il 2017 - aveva registrato una flessione nelle donazioni di ben 2 milioni e mezzo di dollari, passate da 5,8 a 3,3 milioni. E i soldi, in questa storia, sono la chiave per capire, se non tutto, moltissime cose. Come fece intendere il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, quando sostenne che l'ente presentava «profili non sempre collimanti con quelli dei filantropi». E come denunciò anche Gino Strada, cacciato da una delle due navi della Moas con la sua Emergency perché i Catrambone avevano ricevuto un'offerta più vantaggiosa dalla Croce Rossa per il noleggio del natante: circa 400.000 euro al mese. «Le motivazioni di Moas sono di natura economica», chiuse il discorso Strada che pure, per stare sulla Topaz-Responder, pagava alla coppia una cifra oscillante tra i 180.000 e i 230.000 euro ogni 30 giorni.Tutte le operazioni della Moas sono infragruppo, ciò significa che società diverse, ma appartenenti sempre alla famiglia Catrambone, incassano (e pagano) fatture da milioni di euro per i costi delle operazioni. Un giro di soldi che arricchisce la capofila, la Tangiers Group, proprietaria dei mezzi di soccorso registrati nel Belize e nelle Isole Marshall, due paradisi fiscali. L'azienda ha sede a New Orleans e si occupa di intelligence e di polizze vita per i contractor e i militari che operano nei teatri di guerra come l'Afghanistan e l'Iraq, ed è oggi una delle multinazionali più potenti sul mercato. Il ramo «solidarietà» è gestito invece da una società maltese che si chiama ReSyH in cui ha un ruolo di primo piano Martin Xuereb, ex capo delle forze armate di Malta. Il contesto in cui nasce il florido affare dei salvataggi è insomma tutt'altro che umanitario, ma presenta anzi una forte connotazione militare. Quando è stata chiamata a spiegare questi aspetti in Parlamento, la direttrice Regina Catrambone non si è mai presentata in audizione. Forte del nome, probabilmente, si è limitata a fornire giusto qualche dettaglio ai poveri parlamentari italiani attraverso i suoi dipendenti. Oggi la si può incrociare su Facebook mentre condivide articoli di Avvenire e recite dell'Angelus di papa Francesco. Recentemente, ha pubblicato questo post: «Forza Carola Rackete ti sono vicina come donna e madre. Con l'attracco coraggioso della Sea Watch 3 e lo sbarco delle 40 persone salvate hai portato a termine la missione Sar ed il vergognoso teatro perpetrato dai falsi puritani italiani e europei!». E, subito dopo, ha voluto dare visibilità all'appello della scrittrice Michela Murgia per «Sgomberare Casapound».La Moas compare anche nelle carte dell'inchiesta di Catania su un traffico illecito di rifiuti. Gli abiti e le stoffe indossati dai migranti tratti in salvo venivano contrassegnati come semplici rifiuti speciali a dispetto della rigida attività di controllo sanitario che dovrebbe essere realizzata per la raccolta e lo smistamento di questo materiale, considerato che moltissimi migranti presentano malattie infettive facilmente trasmissibili al contatto con la pelle. Malgrado queste zone oscure, che i Catrambone non hanno mai voluto chiarire, la «Regina dei mari» è diventata Ufficiale dell'ordine al merito della Repubblica italiana. E, bontà sua, in una intervista al Secolo XIX è arrivata addirittura a condividere la posizione del vicepremier leghista. «Salvini ha ragione quando dice che l'Italia è stata lasciata sola e l'Europa deve intervenire, compresa Malta che deve fare la sua parte ma è una piccola isola». Solo che tra il dire e il fare c'è di mezzo, appunto, il mare.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)