
Siamo il Paese in Europa con più aziende agricole gestite da millennial farmers e crescono veloci soprattutto quelle in rosa. Solo nel corso del 2017 sono nate quasi 14.000 imprese al femminile. I numeri del ritorno alla terra e le storie di tre ragazze.C'è un campo in cui il resto d'Europa ha molto da imparare dall'Italia. Le aziende agricole guidate da under 35 sono oltre 55.000, un record che mette il nostro Paese al primo posto nell'Unione europea come ha certificato Coldiretti. Il tasso di crescita di queste realtà si aggira sul 6% ogni anno. Perché, a dispetto di lauree, master ed esperienze all'estero, sono sempre di più i ragazzi che decidono di tornare a coltivare la terra. Per loro è stato coniato anche un nuovo termine: millennial farmers. Perché questi contadini del nuovo millennio sono molto diversi da quelli del passato: sono istruiti (uno su quattro è laureato), vantano un tasso altissimo di hi-tech, sono abituati a viaggiare fuori dai confini (otto su dieci lo fanno regolarmente), si sentono perfettamente a proprio agio nel mercato globale e sanno intercettare le nuove tendenze nel campo del food. Si chiamano Andrea, Salvatore, ma anche Daniela e Silvia. Perché le donne che si dedicano alle fattorie sono sempre più numerose.Secondo il rapporto Ritorno alla Terra della Confederazione nazionale coltivatori diretti, 30.000 giovani italiani tra il 2016 e il 2017 hanno inoltrato domanda per l'insediamento in agricoltura dei Piani di sviluppo rurale (Psr) dell'Unione europea. Le istanze presentate superano di circa il 44% le previsioni per l'intera programmazione fino al 2020. Il 61% di questi giovani risiede al Sud e nelle isole, il 19% al Centro e il restante 20% al Nord. La Sicilia e la Puglia sono le prime due regioni, con 4.700 e 4.540 domande. C'è anche un altro dato assolutamente inedito rispetto al passato: oggi, secondo gli ultimi dati Istat, un contadino su quattro è donna. Solo nel corso del 2017 sono nate quasi 14.000 nuove aziende agricole «in rosa», con un incremento annuo del 6,6%. Ma chi sono le ragazze che scelgono la terra per costruire il proprio futuro? Le contadine 4.0 hanno mediamente un'età compresa fra 40 e 60 anni (solo il 9% del totale risulta più giovane), hanno un diploma in tasca (circa il 6% è laureata), spesso lasciano un lavoro in ufficio per dedicarsi alla nuova attività a contatto con la natura e sono molto interessate al mondo bio (il 13% coltiva biologico).La maggior parte gestisce imprese di piccole dimensioni o a conduzione familiare, così come fattorie didattiche e servizi di pet therapy. Le Regioni con il tasso più alto di donne impiegate in agricoltura sono Molise e Valle d'Aosta (con il 45% e 44% di imprese agricole al femminile), seguite da Umbria e Liguria (38% ciascuna).In questo esercito di donne appassionate di agricoltura e cura degli animali ci sono tante storie. Come per esempio quella di Daniela Pasinetti, una giovane piemontese di Varallo Sesia, in provincia di Vercelli, per molti anni impegnata fra set fotografici e copertine come fotomodella. Da sempre amante della natura, ha deciso di cambiare vita dopo aver incontrato il suo attuale marito. Con lui ha deciso di chiudere con il vecchio lavoro e di trasferirsi sulle Prealpi bellunesi. Proprio qui oggi gestisce una fattoria dove alleva 450 pecore e 50 capre e dove produce latte, yogurt e formaggi. Rimpianti per la sua vecchia vita davanti all'obiettivo? Assolutamente no: «Immergersi nella natura, godere dei colori e dei profumi, è davvero fantastico. Ci si ricarica lo spirito e si dimenticano le fatiche del lavoro, che non mancano».Come lei ha deciso di cambiare tutto anche Silvia Lupi, trentenne ligure diplomata in ragioneria. Questa ragazza coraggiosa si è lanciata in una sfida difficilissima: riportare sulle montagne dell'Alta Val Trebbia l'agricoltura. Una pratica abbandonata da quasi un secolo. Così ha preso in mano la piccola azienda agricola di famiglia per cominciare a produrre latte vaccino, ad allevare vitelli e suini e per coltivare campi di cereali e frumento biologici. Il tutto con l'aiuto della sua famiglia. E poi c'è la storia di Roberta Valletti, 19 anni, originaria di Barolo. Figlia di viticoltori impegnati nelle Langhe piemontesi, ha scelto di non seguire l'attività dei genitori, ma di trasferirsi in montagna per dedicarsi alla transumanza con pecore e capre e per produrre formaggio. Una decisione della quale non si è mai pentita, nonostante i ritmi di vita difficili, che speso risultano anche molto solitari.Insomma, gli agricoltori del nuovo millennio sono giovani, e meno giovani, perfettamente calati nella realtà e nel mondo globale, ma con un occhio attento alla natura e alla qualità del cibo. Ma anche alle nuove tecnologie che, proprio grazie a loro, sono sempre più vicine al mondo dell'agroalimentare. Per loro ormai utilizzare sensori intelligenti e droni in grado di controllare lo stato del raccolto è ordinaria amministrazione. Così come fare ricorso ai big data e all'intelligenza artificiale per contrastare lo sviluppo di possibili malattie delle piante. Ma non finisce qui, perché i millennial farmers fanno ricorso anche al packaging intelligente, allo sviluppo di cibi alternativi, come alghe e insetti, e alle piattaforme social che mettono in contatto agricoltori e consumatori. In un mix sapiente, e perfettamente equilibrato, fra tradizioni antiche e innovazione.
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