2020-04-14
Anche in Emilia Romagna
strage (silenziata) negli ospizi
La Regione è seconda per numero di decessi dopo la Lombardia. Gli operatori: «Ci obbligavano a togliere le mascherine». Ma i dirigenti attaccano i lavoratori.In Emilia Romagna nelle ex Rsa (oggi case residenza per anziani non autosufficienti) e nelle case di riposo è in corso una moria di anziani. Nell'ultimo report disponibile dell'Istituto superiore di sanità la Regione era tristemente sul podio, dopo la Lombardia, per numero di decessi sospetti (Covid positivi e con sintomi riconducibili al virus): 176, di cui 24 conclamatamente positivi. In pratica la metà dei defunti in questo tipo di strutture. Solo in Lombardia c'è una percentuale più alta (51,3). In Emilia si è spento il 3,1% degli anziani ricoverati, ma l'epidemia si sta estendendo e c'è da temere che il numero dei decessi aumenterà. In provincia di Modena le ultime notizie parlano di 59 lutti e nella zona è morta anche un'operatrice. In provincia di Reggio Emilia sono state infettate 160 persone (di cui almeno 22 decedute) su 660 anziani accolti nei vari istituti. A Bologna, nella residenza Parco del Navile si contano 14 defunti (di cui tre positivi, uno negativo, gli altri non è chiaro). A Villa Rodriguez, a San Lazzaro, in base alle ultime notizie, su 72 ospiti ci sono 53 contagi e almeno un morto; su 60 dipendenti 39 hanno contratto il virus.Ma nel capoluogo emiliano il caso più eclatante è quello dell'istituto Sant'Anna e Santa Caterina: qui ci sono stati almeno 18 decessi e il 40% del personale è a casa per malattia. Questa residenza per anziani è gestita dal consorzio Sollievo, una cooperativa sociale, già bacchettata da tutti i sindacati per le condizioni di lavoro a cui sarebbero sottoposti i dipendenti. Qui vengono seguiti numerosi pazienti con l'Alzheimer, i più indifesi di tutti. Mariacarla Setta, medico specializzato in anestesia e apparato respiratorio, e Ada Gianfreda hanno perso le madri nel giro di pochi giorni ed entrambe hanno accusato la struttura di totale disorganizzazione, con «un furioso turnover del personale» e mancanza di empatia verso gli anziani ospiti, spostati come pacchi e ammassati come «sardine» durante i pasti comuni, neanche fosse «l'Oktoberfest». Ma la testimonianza più importante è quella di una delle operatrici sociosanitarie dell'istituto, Elena Nita. La donna si è rivolta ai sindacati per denunciare quanto segue: «Noi abbiamo chiesto continuamente le mascherine, dicendo che c'era l'obbligo di metterle […] l'8 marzo al quarto piano della struttura risultavano già otto persone con febbre alta, che poi sono diventate positive. Il 15 marzo nei reparti è passato il presidente Gianluigi Pirazzoli, e una mia collega, Felicia, che adesso è in terapia intensiva, indossava la sua mascherina personale. Lui le ha detto di toglierla, nonostante un'ordinanza ormai le avesse rese obbligatorie». le protezioniIl mantra era che «spaventano gli anziani residenti» e per questo il presidente avrebbe «proibito a tutti di usarle durante i turni». «Abbiamo iniziato a metterle il 16, quando ci è stata consegnata una sola mascherina a testa che usavamo per le circa sette ore di lavoro, anche se ti sputavano o ti tossivano in faccia. Fino al 21 marzo i nostri responsabili hanno negato che ci fossero degli ospiti positivi, poi ho denunciato la cosa ai sindacati ed è scoppiato il finimondo». Nella notte tra l'11 e il 12 marzo gli operatori, nei reparti del quarto piano, hanno separato febbricitanti e non, «senza mai chiedere il tampone, senza domandarsi da cosa fosse causata la febbre». «Così hanno ammesso che il problema esisteva e gli spostamenti li hanno fatti senza mascherine. In questo modo potrebbero avere contaminato anche quelli senza febbre. Il 21 mattina Felicia, che per me è come una sorella, è stata malissimo. Anche io stavo male. La maggior parte delle dipendenti di lungo corso stava male». LA CONTAAnche sul conteggio dei morti Elena ha da ridire: «Tutti continuano a parlare di 18, ma al Sant'Anna sono di più. Erano 18 già il 22 marzo. Da allora i parenti hanno denunciato altri decessi». Elena ha riportato in un post su Facebook quanto ha riferito ai sindacati e per questo sostiene di aver ricevuto velate minacce: «Una parente del presidente mi ha scritto “cancella pure i post… ma li ho salvati, tranquilla". E a voce mi hanno detto: “Se parli non metti più piede nella struttura". Doveva avvenire tutto nel silenzio più assoluto». Un altro focolaio degno di approfondimento è quello scoppiato a Rimini, all'interno dell'Azienda di servizi alla persona Valloni Marecchia, nata nel 2008, che ha come soci i comuni di Rimini (76% delle quote), quelli della Valmarecchia e Bellaria Igea Marina. La gestione è affidata alla cooperativa sociale Elleuno di Casale Monferrato, un'eccellenza del settore, con i suoi 2.500 soci lavoratori e 85 milioni di ricavi. Dal sito apprendiamo che è presente in 10 regioni, nel 2018 ha diretto e condotto oltre 100 servizi sociosanitarieducativi e ogni giorno assiste più di 10.000 persone non autosufficienti e con disabilità.Anche qui la rete di protezione intorno agli anziani ospiti ha fatto acqua. Marzio Pecci, avvocato e capogruppo della Lega in Comune e Provincia, ha strappato il velo di omertà che copriva la vicenda con diversi interventi sui media: «Solo dopo che ho sollevato il caso siamo riusciti ad avere conferma del numero dei decessi: 18 in tutto, 14 all'interno della struttura e quattro all'ospedale. Ho chiesto l'intervento di ispettorato del lavoro, Nas e ufficio igiene e allora hanno fatto il tampone a tutti i 64 ospiti e 59 sono risultati positivi. Una parte di questi è rimasta per alcuni giorni al primo piano insieme ad anziani non contagiati e i dispositivi di protezione dati al personale erano insufficienti. Inoltre mi risulta che due Oss siano state infettate, sicuramente insieme ad altre, ma non si hanno ancora dati ufficiali». L'assessore ai servizi sociali di Rimini Gloria Lisi ha negato ogni responsabilità e alla Elleuno hanno detto di aver rispettato i protocolli stabiliti della Regione. polemicheDopo le polemiche la presidente della coop Elleuno, Anna Villa, ha comprato una pagina su diversi giornali per pubblicare una violenta lettera aperta contro chi rema contro: «Tutti quegli operatori (per fortuna non sono tanti) che […] si mettono in malattia fasulla», «tutti quei medici accondiscendenti, e ce ne sono sempre troppi, che rilasciano certificati di malattia non corrispondenti alla realtà»; «tutti quei sindacalisti che parlano per ore di nulla, ma che, se sentono odore di fatica, scappano». Ma a mettere in difficoltà la cooperativa sembra essere stato soprattutto il mercato dei paramedici: «In questo periodo di emergenza molti nostri operatori - infermieri o operatori socio sanitari - vengono chiamati dalle aziende sanitarie e ospedaliere» e visto che «pecunia non olet» sono in molti ad andarsene. Allora la Villa domanda: «Gli anziani, i malati degli hospice, e tutti coloro che noi assistiamo hanno minor diritto di essere curati?». La signora definisce il fuggi fuggi «immorale e scandaloso» e coloro che vanno via «codardi e insensibili». La replica di Cigl, Cisl e Uil non si è fatta attendere. Dopo aver bollato l'iniziativa come «una polemica inutile, volgare e distruttiva», i sindacati hanno domandato alla presidente della coop: «Quali sarebbero le richieste demagogiche e lontane dalla realtà? Chiedere che i lavoratori lavorino in sicurezza? Che siano forniti tutti di dispositivi di protezione individuale per poter tutelare sé stessi e gli ospiti? Chiedere i tamponi o le sanificazioni degli ambienti? Provare a facilitare il passaggio di un lavoratore a un contratto di lavoro migliore è retorica?». Purtroppo, mentre coop e sindacati litigano, i vecchietti muoiono.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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