2018-09-12
In dieci anni esploso l’uso di antidepressivi
A soffrire del male di vivere sono 2,8 milioni di italiani. In Toscana il picco di psicofarmaci: 60 persone ogni 1.000 assumono una dose giornaliera. Dal 2006 al 2016, come mostrano i dati forniti dal ministero, il consumo di pillole è aumentato del 32,5%.Chi ha incontrato più spesso il «male di vivere»? Le statistiche dicono che la depressione colpisce gli anziani soprattutto, le donne più degli uomini, le persone con difficoltà economiche con più frequenza rispetto ai benestanti. In Italia la regione che soffre di più il male oscuro è la Toscana, ma in generale è boom di utilizzo di antidepressivi. E talvolta il rimedio è peggiore del male. Una fiducia quasi magica nei confronti della chimica farmaceutica «sta portando sempre più a ritenere che esista una compressa per risolvere ogni disagio e, al tempo stesso, che ogni disagio possa essere superato solo grazie a una psicopillola». Lo scrivono lo psichiatra Alberto Caputo e la psicoterapeuta Roberta Milanese nel libro Psicopillole. Per un uso etico e strategico dei farmaci (Ponte alle Grazie). Nella società occidentale si assiste a una sorta di polarizzazione estrema: da una parte, alcuni ambienti ideologici alimentano una diffidenza profonda nei confronti degli strumenti della medicina moderna (antibiotici, vaccini) e diffondono il mito di una salute integrale da ritrovare per mezzo del ritorno a una «vita primitiva». Sul versante opposto si celebra una sorta di culto magico della pillola, con l'idea che vi sia una molecola per ogni problema o che addirittura il corpo umano sia una plastica modificabile a volontà, con le giuste iniezioni. Su questo punto Caputo e Milanese sono espliciti: «Non tutti i disagi emotivi, relazionali e psichici sono patologie che richiedono farmaci per essere risolte. Anzi: gli psicofarmaci possono essere superflui, se non addirittura dannosi quando impiegati per affrontare disturbi che non appartengono alla sfera biochimica della persona, ma all'insieme di relazioni che ha con sé stessa e con gli altri».Certo, l'opportunità o meno di un ricorso alla chimica dipende da un'esatta diagnosi. Una serie di parametri indica la presenza di una sindrome depressiva: il poco interesse nel fare le cose, l'umore depresso o disperato per gran parte della giornata e quasi ogni giorno, la difficoltà a prendere sonno o una sonnolenza eccessiva; la sensazione di stanchezza e di esaurimento delle energie. Anche riguardo all'alimentazione possono verificarsi i due opposti dello scarso appetito o di un bisogno compulsivo di cibo. E ancora il senso di inutilità, la difficoltà a concentrare il pensiero. Tuttavia, l'autodiagnosi e l'assunzione selvaggia di pillole rappresentano un rischio; l'equivoco di scambiare un malessere temporaneo con la vera e propria depressione può produrre seri danni. I dati forniti dall'Oms sulla diffusione della depressione sono preoccupanti: è il disturbo psicologico più endemico dal momento che ne soffrirebbero 322 milioni di persone nel mondo. Quasi la metà di costoro vivono nell'Asia Sud-Orientale e in Occidente; le donne sono più depresse degli uomini e il picco di insorgenza della malattia si manifesta tra i 55 e i 74 anni. In Italia i depressi sono circa 2,8 milioni, la metà dei quali colpiti da «depressione maggiore»: cifra impressionante che tuttavia, in percentuale, risulta inferiore alla media europea, secondo i dati dell'Istat in collaborazione con Eurostat. L'epicentro della massima depressione risulta essere il Lussemburgo: un euroscettico potrebbe esprimere l'amara considerazione che il cuore ricco e un po' arrogante dell'Ue è anche il luogo di massima incidenza del male oscuro. I cechi, al contrario, sembrano sfuggire alla morsa della depressione più di ogni altro popolo europeo. In Italia - come mostrano i dati diffusi dal sito Truenumbers.it - nell'arco di 10 anni (tra il 2006 e il 2016) il consumo di antidepressivi è aumentato del 32,5%. Ai due estremi della diffusione troviamo la Toscana (la regione più colpita) e la Campania. In Toscana 60 persone ogni 1.000 assumono una dose giornaliera di antidepressivi, mentre dieci anni fa erano soltanto 46 su 1.000, secondo fonti del ministero della Salute. Quanto ha inciso la crisi economica in questa escalation? I dati ci dicono che oggi si consumano molti più psicofarmaci rispetto agli anni più bui della crisi. La famosa «luce in fondo al tunnel» della stagnazione economica non sembra aver portato a una maggiore felicità esistenziale, se è vero che oggi una stanchezza patologica colpisce al cuore la vitalità di quello che era un popolo entusiasta e affamato di vita anche tra le macerie dei bombardamenti. La depressione vera, certificata con strumenti medici, è in crescita, ma proprio per questo è importante non cadere nell'equivoco di confondere un malessere temporaneo con la malattia. «La vita umana è fatta di alti e bassi, di piaceri e dolori», scrivono gli autori di Psicopillole, «normalità non è sinonimo di felicità costante». E non sarà una pasticca a restituirci la felicità compromessa dalla «fatica di vivere».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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