Sorteggio tosto: misurerà le ambizioni del calcio italiano. Per la testa del girone la Juve se la gioca di nuovo con l'Atletico, il Napoli ritrova il Liverpool. L'Inter pesca Barça e Borussia mentre l'Atalanta dovrà vedersela con Manchester City e Shaktar.
Sorteggio tosto: misurerà le ambizioni del calcio italiano. Per la testa del girone la Juve se la gioca di nuovo con l'Atletico, il Napoli ritrova il Liverpool. L'Inter pesca Barça e Borussia mentre l'Atalanta dovrà vedersela con Manchester City e Shaktar.Male per le italiane in Champions league. Male, ma non malissimo. Lo diceva Friedrich Hölderlin, poeta preferito del filosofo Martin Heidegger: «Quando aumenta il pericolo, aumentano le possibilità di salvezza». Ne sa qualcosa l'Inter a trazione Antonio Conte: nel girone F si misurerà con Barcellona, Borussia Dortmund e con i cechi dello Slavia Praga. Per Juventus e Napoli, abbinamenti al sapor di rivincita. I bianconeri trovano, nel girone D, l'Atletico Madrid, avversario eliminato, non senza difficoltà, negli ottavi di finale dell'anno scorso, oltre a Bayer Leverkusen e Lokomotiv Mosca. Al Napoli toccano i campioni in carica del Liverpool, già affrontati ai gironi nella scorsa stagione, e le abbordabili Salisburgo e Genk. Divertimento assicurato per l'Atalanta di Gian Piero Gasperini, che misurerà il suo calcio, tutto corsa e organizzazione, con quello del vate Pep Guardiola alla guida del Manchester City. Le altre due avversarie saranno lo Shaktar Donetsk, arcinoti campioni di Ucraina, e i talentuosi giovanotti della Dinamo Zagabria. Mai come quest'anno la Champions league è terreno ideale per misurare le ambizioni del calcio italiano alle prese con una tormentata corsa verso la rinascita. Per ripartire di slancio, nel mondo del pallone, occorrono fame, fisico, pianificazione. Tre vocaboli di cui mister Conte si nutre da sempre, e su cui i cinesi del colosso Suning possono fare leva per mostrare che i nerazzurri non sono una modesta provincia del loro sconfinato impero. Stuzzicante sarà la sfida con quel cerbero a tre teste chiamato Fc Barcellona. Cerbero perché fa paura al solo sentirlo nominare, soprattutto se le tre teste corrispondono ai nomi di Neymar, di Leo Messi, e del nuovo acquisto Antoine Griezmann, prelevato dall'Atletico Madrid per 120 milioni di euro. Ma sono i tedeschi del Borussia Dortmund, la squadra con cui l'Inter verosimilmente si giocherà il secondo posto che significa qualificazione. Di modesta caratura, ma non da sottovalutare, lo Slavia Praga. Manca dalla massima competizione europea da 12 anni, l'anno scorso ha conquistato i quarti di finale in Europa League, perdendo con il Chelsea di Sarri, che poi avrebbe galoppato fino alla vittoria. Già, Maurizio Sarri. Per la sua Juventus, l'ostacolo principale verso la conquista del primo posto nel girone D è l'Atletico Madrid del Cholo Simeone. Una sfida nella sfida. Da un lato, perché l'anno scorso i bianconeri rimontarono una sconfitta per 2-0 fuori casa ribaltando il risultato a Torino, con un 3-0 diretto e interpretato da Cristiano Ronaldo. Dall'altro perché proprio Cr7 rappresenta quel presente calcistico che si scontrerà con il futuro, rappresentato dal nuovo acquisto dei «colchoneros»: si chiama Joao Felix, è portoghese come CR7, ha soltanto 19 anni e, come il suo divin connazionale quindici anni fa, porta sulle spalle il peso di essere considerato la promessa più solenne del calcio portoghese. Joao Felix è dinoccolato, gracile a vedersi, sfoggia l'apparecchio ai denti e ha negli occhi la spensieratezza di chi fa della mancanza d'esperienza un privilegio. Ma è già il giocatore più pagato nella storia del calcio portoghese e dell'Atletico Madrid. Con il pallone tra i piedi è impressionante. Viene dal Benfica, ha segnato 20 gol in 2.530 minuti stagionali, tra Taca de Portugal, coppe nazionali ed Europa League. Uno ogni 80 minuti circa. Le altre avversarie si chiamano Bayer Leverkusen, quarti in Bundesliga, rinforzati dagli arrivi di Amiri e Demirbay dall'Hoffenheim e Diaby dal Psg. Poi c'è la Lokomotiv Mosca dell'ex interista Joao Mario, fanalino di coda, ma solo in apparenza.Grande rivincita per il Napoli di Carlo Ancelotti. Gli azzurri dalla rosa consolidata e puntellata in difesa dall'arrivo di Manolas, se la vedranno con i campioni in carica del Liverpool, già affrontati l'anno scorso. Gli inglesi, che vantano in rosa Alisson e Virgil Van Dijk, miglior portiere e miglior difensore della scorsa stagione Champions, hanno in panchina Jurgen Klopp, vincitore del premio come allenatore dell'anno. Una doppia sfida per Ancelotti. Che se la vedrà anche con i belgi del Genk, fucina di talenti. Dal Genk arrivava Kalidou Koulibaly, oggi colonna dei partenopei, e nel Genk è cresciuto quel Sergej Milinkovic Savic orgoglio laziale. Poi c'è il Salisburgo della stella Dominik Szoboszlai. Gli austriaci furono eliminati l'anno scorso proprio dal Napoli negli ottavi di Europa League. Se non si farà sopraffare dall'inquietudine e ricorderà di appartenere a quella specie sorniona che ci ha abituati a zampate voraci, l'Atalanta di mister Gasperini potrà divertirsi e divertire. Nel suo girone C se la vedrà prima di tutto con gli inarrivabili del Manchester City. Un'occasione per giocare un calcio tutto spregiudicatezza e affabulazione tattica, che con una rosa di pedatori assai più modesti dei giganti di Guardiola, potrebbe strappare qualche applauso all'allenatore spagnolo. Ottenendo carburante morale per giocarsi il secondo posto con i campioni ucraini dello Shaktar Donetsk, squadra ben nota alle italiane, forgiata su uno scheletro di calciatori portoghesi e brasiliani che si chiamano, tra i tanti, Taison, Dentinho, Teté, Marlos e Moraes. L'incognita vera è la Dinamo Zagabria. Allenata da Bjelica, passato anche dallo Spezia, la squadra croata non gode di risorse finanziarie cospiscue. Per arrivare ai gironi ha superato tre turni preliminari, eliminando i norvegesi del Rosenborg. È in testa al campionato croato e vanta tra i suoi ranghi Dani Olmo, talentino iberico molto affamato. E si sa, quest'anno la fame farà la differenza. Soprattutto per le italiane.
Vincenzo Bassi, presidente della Fafce (Ansa)
Ursula von der Leyen chiude i rubinetti alla cattolica Fafce. Carlo Fidanza: «Discriminazione ideologica».
Dica l’associazione candidata se al centro della propria attività figura la promozione della disparità di genere. Se non c’è, niente finanziamenti Ue. È quanto si è vista rispondere la Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche europee (Fafce), incredibilmente esclusa dai fondi per progetti europei perché, secondo la Commissione Ue, pone la promozione della famiglia composta da uomo e donna al centro della propria attività e dunque «fornisce informazioni limitate sulla disparità di genere», contravvenendo alle «misure europee per l’uguaglianza».
Kaja Kallas (Ansa)
I ministri della Cultura lanciano un appello per far fronte alla presunta minaccia di Vladimir Putin, invocando perfino l’uso del cinema per promuovere i valori dell’Unione. E Kaja Kallas manipola la storia: «Russia mai attaccata negli ultimi 100 anni». Scorda i nazisti...
Il circolo culturale di Bruxelles è salito in cattedra. Non trovando una strada percorribile e condivisa per mettere fine alla guerra in Ucraina, l’Unione europea ha deciso di buttarla sulla Storia, sulle infrastrutture culturali, sulla «resilienza democratica», «sui contenuti dai valori comuni». Armiamoci e studiate. Così ti viene il dubbio: stai a vedere che Fedor Dostoevskij torna ad essere praticabile nelle università italiane e il presidente Sergio Mattarella fra otto giorni va alla prima della Scala ad applaudire Dmitrij Sciostakovic. Niente di tutto questo, con la Russia non si condivide nulla. Lei rimane fuori, oltrecortina: è il nemico alle porte.
Volodymyr Zelensky e il suo braccio destro, Andriy Yermak (Ansa)
Perquisiti dall’Anticorruzione uffici e abitazione del «Cardinale verde»: parte dei fondi neri sarebbe servita a procurargli una casa di lusso. Lui e l’indagato Rustem Umerov dovevano strappare agli Usa una pace meno dura.
Alì Babà. Nelle mille ore (e mille e una notte) di registrazioni, che hanno permesso alle autorità ucraine di ascoltare i «ladroni» della Tangentopoli di Kiev, era quello il nome in codice di Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky. Ieri, dopo un blitz degli agenti, è stato costretto a lasciare il suo incarico di capo dello staff del presidente. La Procura anticorruzione (Sapo) e l’Ufficio anticorruzione (Nabu) hanno condotto perquisizioni nel suo appartamento e nei suoi uffici. Non risulta indagato, ma la svolta pare imminente: la testata Dzerkalo Tyzhnia sostiene che a breve saranno trasmessi i capi d’imputazione.
Sergio Mattarella (Getty Images)
Rotondi: «Il presidente ha detto che non permetterà di cambiare le regole a ridosso del voto». Ma nel 2017 fu proprio Re Sergio a firmare il Rosatellum a 4 mesi dalle urne. Ora si rischia un Parlamento bloccato per impedire di eleggere un successore di destra.
Augusto Minzolini riferisce una voce raccolta da Gianfranco Rotondi. Durante un incontro tenuto con l’associazione che raggruppa gli ex parlamentari, Sergio Mattarella si sarebbe lasciato andare a un giudizio tranchant: «Non permetterò che si faccia una legge elettorale a ridosso del voto. Abbiamo avuto l’esperienza del Mattarellum, che fu approvato poco prima delle elezioni, e diversi partiti arrivarono alle urne impreparati. Bisogna dare il tempo alle forze politiche di organizzarsi e prepararsi alle nuove elezioni». Lasciamo perdere il tono usato dal capo dello Stato («non permetterò…» sembra una frase più adatta a un monarca che al presidente di una Repubblica parlamentare, ma forse l’inquilino del Quirinale si sente proprio un sovrano) e andiamo al sodo.






