2021-02-22
Imprenditore vittima del lockdown si uccide all’interno della sua azienda
Omar Rizzato lavorava nel mondo dello spettacolo: si occupava di allestimenti per concerti e matrimoni Il fratello: «Sono mancati interventi strutturali efficaci». Domani manifestazione del settore a Padova.Si chiamava Omar Rizzato, aveva 41 anni, era titolare di una società che organizzava concerti ed eventi. Non lavorava da un anno perché quelli che fanno la sua attività sono considerati propagatori del virus. L'altro giorno, all'alba, si è tolto la vita sparandosi alla testa nella sede della sua azienda a Cinto Euganeo, presso Padova. Una tragedia della solitudine. Ed è una solitudine nuova, quella che si sperimenta da quando il coronavirus permea le nostre esistenze. È una condizione fatta di lontananza, di abbandono, di emarginazione. E di isolamento. Per combattere il virus, ci ripetono da un anno i soloni della salute pubblica, bisogna mantenere le distanze e restare isolati. La ricetta per guarire è non frequentare nessuno: ma è un'arma a doppio taglio. E all'isolamento dalle persone si aggiunge quello dalle istituzioni.Rizzato lavorava in un settore, quello degli spettacoli, che è considerato la quintessenza del contagio. Dopo la prima ondata hanno riaperto bar, ristoranti, negozi, parrucchieri, estetiste, uffici pubblici. La saracinesca è rimasta abbassata per i cinema, i teatri, i luoghi dello sport e dello svago. Per chi aveva fatto di questi ritrovi una ragione di vita, una passione e un lavoro, l'isolamento è doppio: a quello imposto dalle regole sanitarie anticontagio si è aggiunto lo stigma di essere degli untori. Se fai un tuffo in piscina prendi il virus. Se ti siedi in platea per vedere un film o un concerto, ti contagi. E se vuoi fare festa sei un irresponsabile.Era di questo che viveva Rizzato: la sua ditta, la Hubble, era specializzata negli allestimenti per concerti, fiere e matrimoni. «Tutto il materiale viene noleggiato, trasportato, montato e smontato in piena autonomia. Dovrete solo godervi la festa», si legge sul sito Internet della sua azienda. Forniva sistemi audio, video e luce ai grandi spazi dove fino all'anno scorso si svolgevano i riti collettivi dei grandi raduni. Da 12 mesi quegli spazi sono proibiti e quelli come Rizzato, cioè i lavoratori che vi gravitano attorno, sono considerati fonte di pericoli. Da tenere lontano, da isolare. Da condannare alla solitudine. La musica e i concerti erano tutta la sua vita. Gli amici lo ricordano quando da ragazzo, a 19 anni, aveva fondato l'associazione Blue tower di Tribano, la località ai piedi dei Colli Euganei dove Omar Rizzato era nato. In breve era entrato nel giro degli eventi. «Negli anni era diventato un'istituzione nel mondo dei festival» nel Nord Italia e anche fuori, ha raccontato al Corriere del Veneto uno di quelli che è cresciuto con lui. Lo conoscevano tutti nell'ambiente musicale del basso Veneto, in quella zona dei Colli che proprio un anno fa è stata un epicentro della diffusione del coronavirus. Rizzato viveva ad Arquà Petrarca e lavorava a Cinto Euganeo, a metà strada tra Vo' Euganeo, dove si registrò il primo caso veneto, e l'ospedale di Schiavonia, dove morì il primo italiano ucciso dal Covid.Rizzato non ha lasciato biglietti prima di porre tragicamente fine alla propria vita. Viveva da solo; con la compagna aveva rotto da poco. Lascia la mamma e tre fratelli. Chi lo conosceva non ha avvertito nessuna avvisaglia del dramma che lo attanagliava. «Ma è naturale che gli pesasse non lavorare da un anno», riferiscono i colleghi. «Sperava nell'estate per il rilancio. Omar era una persona su cui potevi contare. In poche ore ti sapeva recuperare le luci, montare una struttura e allestire una manifestazione». Lo scorso maggio Rizzato aveva partecipato a una manifestazione promossa dalle maestranze dello spettacolo a Venezia. In quell'occasione aveva lanciato un messaggio carico di speranza: «Conto nella ripresa degli eventi fieristici e dello spettacolo a settembre per ripartire». Prima dell'estate aveva chiesto e ottenuto un prestito a tasso agevolato che gli avrebbe consentito di arrivare a fine anno. Era uno che lottava, non voleva mollare. «Dalle banche abbiamo avuto un aiuto», conferma il fratello Ermes Rizzato, anch'egli titolare di un service per spettacoli ed eventi, «Ma in seguito sono mancati gli interventi strutturali efficaci per affrontare altri mesi di inattività, per tutelare le nostre imprese e avere sufficiente liquidità. Omar non aveva dipendenti né importanti esposizioni finanziarie, ma era dispiaciuto per non poter dare lavoro ai ragazzi delle cooperative che collaboravano con lui. È un brutto periodo, soprattutto ci sentiamo abbandonati a noi stessi, e Omar era molto preoccupato. Amava il suo lavoro, era un vero professionista, affidabile e stimato, aveva un cuore grande e generoso. Si è trovato ad affrontare anche problemi personali. Stavamo cercando di uscirne insieme». Proprio sabato la Regione Veneto ha annunciato di avere stanziato quasi 2,5 milioni di euro per il settore degli eventi e degli spettacoli. Domani le maestranze dello spettacolo, di cui Rizzato era tra i protagonisti, manifesteranno a Padova: «Sta arrivando un'onda lunga che non è Covid ma disperazione», dice il cantante lirico Jacopo Pesiri, «migliaia di persone non vedono prospettive e vivono nel buio».
Jose Mourinho (Getty Images)