2022-07-16
«Immunità più alta nei bambini guariti e non vaccinati»
Gli studi: gli under 3 sviluppano 5 volte gli anticorpi degli adulti. La puntura, inoltre, risulta poco o nulla efficace nei minori fragili.«Anche i bambini che hanno contratto il Covid devono vaccinarsi. Questo, perché è stato dimostrato che l’immunità che provoca la malattia da virus selvaggio, cioè dopo l’infezione, non è sufficientemente alta da proteggere i bambini per un periodo sufficientemente lungo». Lo dichiara sulla piattaforma della Sitip il presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica, Guido Castelli Gattinara, direttore del centro vaccinazioni dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Affermazioni smentite da uno studio coordinato dall’Università di Padova e pubblicato quattro giorni fa su Jama Network Open, che accerta una risposta immunitaria sostenuta nei bambini non vaccinati, fino a un anno dopo l’infezione primaria da Sars-Cov-2. Nei pazienti di età inferiore a 3 anni, la quantità di anticorpi diretti contro il virus è addirittura cinque volte più alta rispetto a quella di un adulto. Per l’esattezza, quasi sei volte maggiore. Altro che vacciniamo le creature perché corrono rischi, la malattia la superano quasi sempre benissimo e acquistano una protezione naturale che li proteggerà per tutta la vita. Lo studio di coorte è stato condotto dal 1 aprile 2020 al 31 agosto 2021 su 252 gruppi familiari, circa 900 persone. Di queste, 697 (346 genitori e 351 tra bambini da uno a cinque anni e fratelli più grandi) si erano ammalate di Covid durante tre ondate e non avevano fatto nemmeno una dose di vaccino. I criteri di esclusione dalla ricerca erano, infatti, essersi inoculati o non aver passato l’infezione. «Nel complesso, sono stati osservati livelli di anticorpi più elevati tra i bambini più piccoli rispetto a bambini più grandi, adolescenti e adulti», scrivono i ricercatori. Il titolo IgG S-Rbd mediano complessivo, ovvero il dosaggio degli anticorpi di coloro che hanno contratto l’infezione, dopo quattro mesi dall’infezione nei bimbi di età inferiore ai 3 anni era 304,83. Più di cinque volte più alto della misura (55,6) riscontrata nei soggetti di età uguale o superiore ai 18 anni. Il livello degli anticorpi scendeva a 169,3 per i bimbi di tre anni, a 126,2 nella fascia dei 6 anni, a 98,2 in quella 12-18, per poi abbassarsi ulteriormente. Dopo più di dieci mesi dalla malattia, negli under 3 c’era un declino più rapido dei titoli anticorpali, passati a 146,2, ma sempre di gran lunga più elevato rispetto al 36,7 riscontrato negli individui di 18 anni o più. «Questo studio può fornire una base importante per determinare il programma della vaccinazione Covid-19 nei bambini non precedentemente infetti, e dell’immunizzazione di richiamo nei pazienti pediatrici che hanno già sperimentato Covid-19», raccomandano gli autori.Posizione distante anni luce da quella dell’Istituto superiore della sanità. «Dato che anche chi ha avuto l’infezione da Covid deve comunque essere vaccinato, non ha nessuna utilità verificare la presenza di anticorpi che indichino una pregressa infezione da Sars Cov-2», rispondeva sul suo magazine digitale dello scorso 22 dicembre, con un focus 5-11 anni. Un genitore aveva chiesto: «È meglio controllare il livello di anticorpi prima della vaccinazione?», ma per l’Iss è una perdita di tempo. Assenza di scientificità, contraddizioni che si colgono tutt’oggi in tema di vaccino anti Covid ai giovanissimi. Sul sito dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma si dichiara: «Una vaccinazione di massa dell’infanzia è indispensabile anche per proteggere tutta la popolazione e bloccare la catena di contagi all’interno della famiglia (bambini, genitori e nonni) della collettività scolastica e della comunità tutta». La solita, assurda tesi che i piccoli andrebbero sacrificati per proteggere i vecchi già alla quarta dose, anche se l’ospedale del Papa ammette che «i risultati delle sperimentazioni in corso per i vaccini nei bambini più piccoli sono attesi nei prossimi mesi». Proprio cinque studi, condotti da ricercatori del Bambino Gesù di Roma e dal titolo Convers, hanno dimostrato invece come il vaccino anti Covid risulti poco o per nulla efficace in bambini e ragazzi con un sistema immunitario compromesso. La ricerca, condotta su 165 pazienti fragili di età 12-25 anni, ha evidenziato che nell’89% di giovanissimi con infezione perinatale da Hiv non c’è stata una produzione di linfociti T (importanti, perché capaci di riconoscere ed eliminare le cellule infettate), e che la quantità di anticorpi sviluppata contro Sars Cov 2 era inferiore del 15% rispetto all’altro gruppo di controllo. Nei pazienti under 25 con sindrome di Down, il 14% non ha prodotto anticorpi dopo il ciclo vaccinale e il 24% è privo di linfociti T. Anche lo studio sui bambini sottoposti a trapianto di cuore e polmone ha rivelato che il 31% non ha sviluppato anticorpi, e la risposta anticorpale del restante 69% era decisamente bassa. Una bassa risposta vaccinale è stata documentata nei giovani immunodepressi, eppure si continua ad affermare che l’anti Covid funziona e protegge. «I bambini con malattie croniche e i bambini fragili sono particolarmente avvantaggiati da questa vaccinazione perché sono quelli che rischiano di più dalla malattia. Quindi i bambini con malattie croniche vanno assolutamente protetti e non sono necessari esami o indagini preliminari per la vaccinazione», riporta un dépliant dell’Uls di Parma che invita alla vaccinazione dei più piccoli, specificando che «le informazioni qui fornite sono tratte da fonti accreditare (ministero della Salute, Istituto superiore di sanità, Società italiana pediatria)». Foglietti così saranno presenti ovunque, fornendo false rassicurazioni a centinaia di migliaia di genitori.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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