
Dall'Ulivo all'Unione fino ai giallorossi: la politica «contro» non ha mai pagato. Prima c'era Silvio Berlusconi, oggi tocca a Matteo Salvini.Siamo alle solite.A sinistra se la cantano, se la suonano e se le «suonano». Tra di loro.Ma sempre ritenendosi «ontologicamente migliori» dell'avversario di turno (che però può essere l'alleato di domani, com'è capitato a Pd e M5S).Per dire: l'altra sera a DiMartedì su La7, quando ho incrociato Matteo Salvini prima evocato negativamente da Marco Damilano e Marco Travaglio, poi messo in mezzo - non incalzato, come è doveroso fare con ogni esponente politico, ma martellato con le stesse domande a cui peraltro Salvini (più o meno) rispondeva - da Concita De Gregorio e Gianrico Carofiglio, alla fine sono sbottato, io che non sono di certo un fan del leader della Lega: «Altri 10 minuti così, e divento salviniano» (Enrico Mentana ha visto «lo stesso film che vediamo da 25 anni a questa parte», riferendosi con velata ironia proprio a DiMartedì: «Da una parte la sinistra colta, didascalica, saccente, con il ditino alzato; dall'altra la destra popolana e ribalda»).Anche Walter Veltroni, in altra sede, ha rilevato - con una stoccata all'attuale maggioranza - che non si può continuare a stare insieme quasi obtorto collo, in un'alleanza solo ed esclusivamente «contro» qualcuno, altrimenti si finisce come con le precedenti «ammucchiate democratiche» (espressione mia) contro Silvio Berlusconi: «Si inventava di tutto pur di impedirgli di arrivare, ma poi lui vinceva e arrivava lo stesso».Il ragionamento di Veltroni sembrava quasi una presa di distanza da Paolo Mieli, che ha firmato un editoriale in cui ha sostenuto che non solo la sinistra non ha bisogno di essere impallinata dal «fuoco amico», ma anche che Roberto Saviano, il quale ha rivolto un durissimo attacco «virulento» al Pd, si rivela incapace di comprendere la politica come l'arte del possibile, perché la democrazia si nutre di compromessi per assicurare la mitica governabilità. Mieli recupera il precedente del 2002 con Nanni Moretti e il suo j'accuse a piazza Navona, dove aveva alle spalle Francesco Rutelli e Piero Fassino: «Con questi dirigenti non vinceremo mai», solo che, annota Mieli, «dopo quell'urlo di dolore, quattro anni dopo Rutelli e Fassino invece le elezioni le vinsero». Eh no, ha puntualizzato Fassino, indirizzando comunque un peana di ringraziamento a Mieli: tra il 2002 e il 2006 il bollettino della marcia trionfale del centrosinistra annovera non solo le politiche ma anche comunali, provinciali, regionali ed europee, «mai successo prima, mai più successo dopo».Ora qui non s'infierirà sull'acume analitico di Fassino, legato alla sua formidabile automacumba del 2009: «Se Beppe Grillo vuole fare politica, fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende» (si è visto).Ma va detto che in quel quadriennio il centrosinistra vinse, più che per meriti propri, per demerito del centrodestra. Che dopo le elezioni stravinte nel 2001 offrì uno spettacolo scadente, con Berlusconi impelagato tra leggi ad personam e attacchi ai giornalisti, e gli alleati Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini che gli remavano contro, quest'ultimo insieme a Marco Follini e Bruno Tabacci, definiti dal Cavaliere «due spine nel fianco».Peraltro, quanto a sgangheratezza, anche il centrosinistra non si era fatto mancare niente nella legislatura precedente.Dopo la vittoria del 1996 con l'Ulivo di Romano Prodi, riuscì a sfornare quattro governi diversi: quello di Prodi fu sostituito dal primo di Massimo D'Alema, cui seguì il suo secondo (perché nel frattempo i comunisti di Armando Cossutta si erano separati dai rifondaroli di Fausto Bertinotti), sostituito da quello di Giuliano Amato nel 2000, che a quel punto si aspettava di essere lo sfidante di Berlusconi nel 2001, ma gli fu preferito Rutelli. Un ambaradan da mal di testa. Che non poteva non essere tale, come aveva preconizzato nel 1997 a Gargonza, agli Stati generali dell'Ulivo vincente, proprio D'Alema. Il lìder Maximo prima sparò alzo zero sulla cosiddetta «società civile» («Io non conosco questa cosa, questa politica che viene fatta dai cittadini e non dai politici»). Poi sulla pretesa superiorità etica della sinistra («Il narcisismo delle minoranze che pretendono di avere la moralità in un mondo cattivo è un sentimento corruttore»). Poi sull'euforia da successo: «Noi non abbiamo vinto le elezioni, le abbiamo perse, anche proprio numericamente. Abbiamo sfruttato l'effetto del maggioritario, ma noi eravamo una minoranza di questo Paese mentre le destre ne rappresentano la maggioranza».Come si vede, 23 anni sembrano essere passati invano, senza dimenticare che il copione fu replicato pari pari nel 2006.L'Unione-ex-Ulivo rivince le elezioni ma Prodi dura di nuovo solo due anni, picconato anche da Veltroni che da segretario del neonato Pd annuncia: «Alle prossime consultazioni correremo da soli», spalancando le porte alla morte della coalizione e all'ennesimo ritorno del Cavaliere nel 2008.Se non fosse stata per la crisi incautamente aperta da Salvini nell'estate del 2019, il Pd sarebbe ancora all'opposizione e non nella stanza dei bottoni con i vituperati - quando stavano con la Lega - Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.La politica italiana è una maionese impazzita, e va bene. Però cari amici colleghi e esponenti «de sinistra»: ne siamo tutti corresponsabili.E se qualcuno ve lo ricorda, c'è poco da fare gli indignados.Parafrasando il Fabrizio De Andrè della Canzone del maggio (francese nel '68): per quanto voi vi sentiate assolti, siete per sempre coinvolti.
Giulia Buongiorno (Ansa)
La proposta è rimandata per supplementi di indagine. Giulia Bongiorno: «Scriverla bene».
«C’era un accordo politico importante, alla Camera c’è stato un voto unanime su questa legge, i massimi vertici dei gruppi parlamentari si erano stretti la mano e ciò ora significa che stringersi la mano con questa destra non vale niente perché all’ultimo momento si può tornare indietro, smentendo addirittura un voto unanime del parlamento. E hanno deciso di farlo proprio oggi, il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ndr)». È uscito dalla commissione Giustizia del Senato sbraitando che la destra ha stracciato l’accordo sul ddl stupro, il senatore di Italia viva Ivan Scalfarotto.
Nel riquadro la produttrice Giulia Maria Belluco (iStock)
La produttrice di «C14» Giulia Maria Belluco spiega: «Ci abbiamo messo cinque anni per scrivere la sceneggiatura. Le riprese saranno girate l’anno prossimo tra Veneto e Alto Adige». Si cercano ancora due attori internazionali...
Nasce in Veneto un film, C14, sulla Sacra Sindone, la più importante reliquia della cristianità, la cui storia è trapunta di dispute per verificarne scientificamente l’autenticità. Una nota ricerca britannica del 1988 con il radiocarbonio-14 la datò tra il 1260 e il 1390, negando che sia il sudario che ha avvolto il volto di Cristo. Analisi successive, tuttavia, hanno confutato tale risultato, come quelle del professor Giulio Fanti, dell’università di Padova, consulente della sceneggiatura, intervistato dalla Verità il 14 novembre 2024. La produttrice del film è Giulia Maria Belluco, 35 anni, nata a Treviso. Vive a Bassano del Grappa (Vicenza) ed è titolare della EriadorFilm. «L’ho acquisita nel 2023» spiega «con l’obiettivo di portarla sul mercato internazionale attraverso collaborazioni con Paramount, Discovery, Magnolia, Hallmark con le quali abbiamo fatto co-produzioni e produzioni esecutive qui in Italia. Una delle più viste è quella sulla famiglia Stallone, girata tra Puglia e Lazio».
Pier Paolo Pasolini (Getty Images)
Oggi il discusso evento sui lati conservatori del grande scrittore. La sinistra grida alla lesa maestà, eppure ha avallato per anni ricostruzioni farlocche sulla sua morte, al fine di portare avanti astruse piste politiche. E il vero vilipendio è proprio questo.
Il convegno su Pier Paolo Pasolini organizzato da Fondazione Alleanza Nazionale e dal Secolo d’Italia che si terrà oggi pomeriggio a Roma, il cui fine - come da titolo: «Pasolini conservatore» - è quello di dibattere (con il contributo di numerosi relatori tra cui il critico letterario Andrea Di Consoli, certamente non vicino alla destra politica) gli aspetti dell’opera e del pensiero pasoliniani che appaiono in conflitto con la sua area ideologica di appartenenza, quella comunista, è vissuto dalla sinistra italiana letteralmente come un sacrilegio. Nonostante dai curatori dell’evento sia già stato chiarito in tutte le maniere possibili che scopo del convegno è unicamente promuovere una discussione, senza nessuna volontà di «annettere» PPP - operazione che non avrebbe d’altronde senso alcuno - al pantheon culturale della destra, a sinistra si è addirittura giunti a gridare alla «profanazione», come fatto ieri, a botte di gramscianesimo mal digerito, dal professor Sergio Labate sul quotidiano Domani.
Gaia Zazzaretti prima e dopo il vaccino (iStock)
L’ex karateka Gaia lo sente in tv e sceglie di porgere il braccio. Poi, la malattia neurologica. Ma la virostar nega il nesso.
È vero che non se ne può più di «burionate». Ma come si può passare sotto silenzio gli ultimi post della virostar più famosa d’Italia, mentre continua a disinformare e contemporaneamente ridicolizzare persone danneggiate dal vaccino anti Covid chiamandoli #sorciscemi, senza alcun rispetto anche del diritto, di tutti noi, a essere informati correttamente su questioni che riguardano la salute, specie da chi dovrebbe avere, come lui, il dovere di dare informazioni corrette?






