2018-05-27
Il veto insistito sull’economista non ha giustificazioni costituzionali
Il Colle deve valutare onorabilità e capacità del candidato. Il resto attiene alla politica.Le perplessità che il capo dello Stato, secondo indiscrezioni, avrebbe manifestato sulla nomina del professor Paolo Savona a capo del ministero dell'Economia, perplessità che hanno rallentato la formazione della squadra che dovrebbe comporre l'esecutivo, sono uno spunto per andare a esaminare quali siano i poteri del presidente della Repubblica nella nomina dei singoli ministri, quale ruolo egli abbia insieme con il presidente del Consiglio incaricato nella determinazione dei nominativi.Si parte dal disposto dell'articolo 92 che laconicamente recita: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questi, i ministri». Il sistema previsto è quindi duale: il premier designato propone dei nomi e il presidente, dopo aver compiuto una valutazione, li nomina. Che vi sia questa valutazione appare chiaro dal ruolo di garante del Colle: il suo compito di agevolare e controllare l'iter democratico, esercitando una «moral suasion» quando serve, per esempio attraverso l'istituto del «messaggio alle Camere» (articolo 87 Costituzione), impedisce di considerarlo un semplice «certificatore» della volontà altrui. Questo ruolo era ben presente in Costituente, dove infatti si rifiutò un sistema rigido di designazione del governo, senza un apporto del presidente della Repubblica e con fiducia diretta delle Camere e, d'altra parte, anche un sistema in cui la discrezionalità fosse tutta nelle mani di questo, esautorando il presidente del Consiglio incaricato, quindi un modello presidenziale, per privilegiare un modello «elastico» e collaborativo.Per capirlo dobbiamo fare riferimento a due articoli fondamentali della Carta: l'articolo 54 e l'articolo 97. L'articolo 54 recita: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…». L'articolo 97 afferma: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione…». Da questi articoli si evince qual è il ruolo del presidente della Repubblica nell'esercizio delle prerogative di cui all'articolo 92: innanzitutto egli deve valutare la correttezza e l'onorabilità del candidato ministro, esaminando il suo passato. Evidentemente chi ha subito condanne per reati che possono influire sul corretto esercizio delle funzioni, come la corruzione o reati finanziari non può essere accettato; così come chi ha dimostrato idee o comportamenti contrari ai principi costituzionali o che dimostrano pericolosità sociale. Altro criterio è la fedeltà alla Repubblica: chi ha compiuto o avallato atti terroristici o si è prodigato per interessi stranieri contro l'interesse nazionale non può essere nominato e il Quirinale ha il dovere di opporsi.Passato questo esame, il candidato ministro dovrà essere vagliato dal presidente riguardo alla sua effettiva capacità di svolgere l'incarico, ovvero di assicurare il buon andamento del ministero, e il Colle potrà opporsi a candidati palesemente inadatti al ruolo. Altro aspetto importante è la capacità nel suo complesso dell'esecutivo e l'eccessiva concentrazione di poteri nelle mani di un singolo, sia esso il premier se ritiene a sé qualche funzione ministeriale o un ministro che accentri troppe competenze e funzioni, con l'accorpamento di ministeri prima divisi.Ciò che non può ritenersi ammissibile è il veto a priori di un certo nominativo, senza che vi siano le ragioni sopra illustrate, poiché andrebbe a incrinare quel delicato equilibrio fra la funzione politica del premier incaricato e quella di indirizzo generale e controllo del presidente della Repubblica. Quest'ultimo se valutasse politicamente la scelta si arrogherebbe un diritto di mera scelta che esula dai suoi poteri e provocherebbe di fatto uno slittamento verso una Repubblica presidenziale, espressamente esclusa dai nostri padri costituenti.In quest'ottica il caso Paolo Savona appare superare questo limite e provoca un attrito con il premier incaricato e con la maggioranza che lo sostiene che è antitetico a quel rapporto di collaborazione che deve sussistere fra capo dell'esecutivo e garante della Repubblica, collaborazione che deve esserci anche durante la vita della legislatura. L'inizio della Terza Repubblica, come viene definita da Luigi Di Maio, sembra essere già in salita.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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