2018-10-21
Il testamento biologico è un fiasco totale
Le Dat ci erano state presentate come un'assoluta priorità, ma a 9 mesi dalla loro approvazione sono soltanto 187 i Comuni dotati del registro. E se si esclude la capofila Milano, praticamente in tutte le città risultano poche decine di sottoscrizioni.Giornata storica o solenne fallimento? Il 31 gennaio 2018 entrava in vigore la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), meglio conosciute come testamento biologico. Una norma partorita dopo una lunga battaglia, che oggi disciplina il fine vita, nel caso in cui non si sia in grado di esprimere la propria volontà. Quasi nove mesi dopo quella che una parte del Paese considerò una svolta epocale per i diritti civili, La Verità ha cercato di capire cosa sia cambiato rispetto al passato. Il biotestamento funziona? E soprattutto quanti italiani lo hanno depositato? Ragioniamo sui pochi dati disponibili che, però, forniscono una chiara indicazione. Osservando i numeri forniti da alcuni Comuni, sembra che il provvedimento si sia rivelato un insuccesso. I cittadini che hanno già depositato le Dat negli uffici comunali sono infatti pochissimi in proporzione alla popolazione. Se si esclude il caso di Milano, il capoluogo dove si contano più testamenti, nelle altre realtà il bilancio si ferma a poche centinaia, o addirittura decine, di dichiarazioni. L'impressione è che l'esigenza di regolamentare il fine vita non sia così sentita, o non sia stata compresa, complice anche una burocrazia farraginosa.Non è disponibile una statistica generale italiana: del registro nazionale previsto dalla legge non si sa ancora nulla. La Verità ha chiesto i dati aggiornati al ministero della Salute, senza però ottenere risposta. La certezza è che, a fronte dei circa 8.000 Comuni italiani, solo 187 si sono dotati dell'apposito registro locale. Mentre si contano sulle dita le Regioni provviste del fascicolo sanitario elettronico, nel quale le volontà espresse con le dichiarazioni sul fine vita dovrebbero confluire. Risultato è che i cittadini che intendono registrare una Dat rischiano di sentirsi rispondere che non è possibile. O di ripassare più avanti. A confermarlo è Filomena Gallo, segretaria dell'associazione Luca Coscioni, da sempre paladina del testamento biologico. «Tutti i Comuni italiani sono tenuti per legge ad accettare le Dat, sia che abbiano il registro sia che ne siano sprovvisti. Ma accade ancora che accampino motivi di ordine burocratico per rifiutarsi. È giusto che i cittadini sappiano che possono fare causa, perché queste amministrazioni commettono il reato di omissione di atti di ufficio». Sul sito dell'associazione viene pubblicata una mappa interattiva: sono centinaia le piccole località prive del bollino verde che certifica la possibilità di registrare le Dat. Sono per lo più municipi di piccole dimensioni, più numerosi al Centro Sud. «Si tratta di una situazione inaccettabile a nove mesi dall'entrata in vigore della norma. Basti pensare che Roma accetta di registrare le dichiarazioni solo dallo scorso luglio. Poi c'è il problema del registro nazionale. Avrebbe dovuto entrare in funzione il 30 giugno, a oggi sappiamo solo che il ministro della Salute ha ricevuto il nulla osta da parte del Consiglio di Stato», denuncia la segretaria dell'associazione.Resta però il fatto che tra gli italiani non sembra esserci un grande interesse per il biotestamento. Se ci fossero milioni di persone che non riescono a depositarlo pur volendolo ed essendo un diritto, si organizzerebbero proteste e manifestazioni. Ma così non è. Filomena Gallo spiega invece il flop puntando il dito contro la scarsa informazione: «Non esistono campagne pubblicitarie o di sensibilizzazione su questo argomento. Abbiamo l'impressione che ci sia stata fin qui la volontà politica di depotenziare il provvedimento. Molte persone ancora non sanno che il testamento biologico in Italia è legale e che lo possono depositare in Comune, negli uffici della Regione o dal notaio. A questo punto ci aspettiamo che Parlamento e governo facciano di più per permettere a questa norma di funzionare meglio». Ci permettiamo però di osservare che, quando venne approvata la legge se ne parlò molto, sia sui giornali che in tv. In Internet basta cliccare e si trovano tutte le informazioni necessarie. Anche il nostro giornale dedicò diversi articoli all'argomento.La città più attiva è Milano: qui a inizio ottobre erano state registrate 2.547 Dat. Un numero comunque esiguo se si considera che nel capoluogo lombardo risiede circa un milione e mezzo di persone. Al secondo posto c'è Bologna con 189 dichiarazioni depositate da febbraio a metà giugno, ultimo dato disponibile. Anche in questo caso la cifra è minima. In terza posizione curiosamente Lucca con 160 documenti registrati fino allo scorso luglio. L'idea è che, al di là delle difficoltà di ordine burocratico, per gli italiani il testamento biologico non sia una priorità. «Al momento sono adeguatamente informati solo i cittadini che vivono a contatto diretto con situazioni estreme quali lo stato vegetativo permanente di una persona cara. Sarebbe invece importante ricordare che questa legge riguarda tutti», conclude Gallo, «perché permette di disporre del proprio destino terapeutico mentre si è capaci di intendere e volere, e quindi quando si è ancora in grado di comunicare». In assenza di una Dat, sarebbero infatti i parenti più stretti o i medici a decidere in totale autonomia. C'è però da chiedersi se la presunta mancanza di campagne di sensibilizzazione possa da sola spiegare il flop della norma. Ci sono città di medie dimensioni come Bari o Cagliari nelle quali sono state registrate da 42 a 59 Dat. Altre più piccole, come Potenza o L'Aquila, nelle quali fino a luglio non c'era stata alcuna richiesta. Un simile risultato non è liquidabile con la mancanza d'informazione. Insomma, sono davvero pochi gli italiani che, a torto o ragione, credono nell'utilità di questa legge storica.