2020-07-25
Il Tesoro studia la maxibanca. Ma chi paga?
Mef alla finestra dell'operazione Intesa-Ubi: vuole fare il mazziere nella creazione del terzo polo attorno a Mps. Però, dopo i 7 miliardi versati tre anni fa dal governo, resta da capire chi metterà sul piatto le risorse chieste dalla Bce per consolidare il Monte.Bergamo e Siena. Così lontane eppure così vicine. Se si consumeranno le nozze tra Intesa e Ubi, il mercato scommette sul ruolo di Mps nella costituzione di un terzo polo bancario alternativo anche a Unicredit, che per ora si tiene lontana dalla mischia. Chiusa la partita lombarda, insomma, si aprirà quella sul Monte da cui dovrà scendere entro il prossimo anno il Tesoro, oggi al 68% di Rocca Salimbeni. E proprio il Mef ora si agita sugli spalti perché l'uscita rischia di costargli caro dopo i 7 miliardi di ricapitalizzazione precauzionale versati tre anni fa. Vanno infatti considerate le minusvalenze per il gap tra il valore di carico della partecipazione (6,49 euro) e il prezzo del titolo in Borsa (ieri le azioni hanno perso il 6%, scendendo a 1,75 euro). Ma il conto rischia di diventare ancora più salato perché la Bce, secondo indiscrezioni raccolte ieri da Repubblica e non smentite da Francoforte, avrebbe chiesto all'istituto senese un rafforzamento patrimoniale da 700 milioni per poter dare via libera al piano di riduzione dei crediti deteriorati con lo scorporo di una bad bank da incorporare poi in Amco (la società di gestione delle sofferenze controllata dal Tesoro stesso). Un rafforzamento del capitale, concludono gli osservatori, renderebbe Mps più appetibile per eventuali pretendenti visto che a oggi il principale ostacolo a un'integrazione con un altro soggetto bancario - oltre a rischi legali per circa 4 miliardi - era rappresentato dal rischio di effettuare un aumento di capitale post fusione. Dopo l'approvazione da parte della Ue del quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell'economia, i governi possono ricapitalizzare le banche senza ricorrere al burden sharing degli azionisti o dei creditori subordinati, lasciando quindi spazio per un ulteriore intervento patrimoniale. Ma dove troverà i soldi il Mef? Il futuro azionista privato di Mps varcherà le porte di Rocca Salimbeni proprio attraverso l'aumento? Chissà. Nel frattempo, siamo quasi al novantesimo minuto della partita che Intesa Sanpaolo sta giocando sul campo di Ubi. E probabilmente non ci sarà bisogno di andare ai supplementari. Giovedì scorso, come era prevedibile, il cda di Ubi ha bocciato nuovamente l'offerta di Cà de Sass nonostante l'aggiunta di una componente cash di 57 centesimi al concambio da 1,7 azioni per ogni azione Ubi, in quanto «non riconosce appieno il valore complessivo della banca». Tesi smontata ieri dagli analisti di Equita, secondo cui il premio riconosciuto è del 44,7% rispetto al giorno del pre-annuncio mentre negli ultimi 20 anni il premio medio in operazioni carta contro carta fra banche italiane è stato del 4 per cento. A decidere sono comunque i soci di Ubi e, secondo gli ultimi dati aggiornati ieri da Borsa Italiana, le adesioni hanno già raggiunto il 32,6% del capitale. L'offerta, che terminerà martedì 28, è efficace al raggiungimento di almeno il 50% più un'azione di Ubi, ma l'istituto guidato da Carlo Messina punta al 66,7%, in modo da garantirsi il controllo dell'assemblea straordinaria e procedere alla prospettata fusione. Gli azionisti retail di Ubi avrebbero già coperto circa la metà della quota raggiunta nell'opas. Un altro 10% circa sarebbe invece riconducibile alle due fondazioni, Crc (5,9%) e Banca del Monte di Lombardia (3,95%). Molti investitori istituzionali avrebbero inoltre già dato istruzioni sul conferimento delle loro quote alle banche agenti che però potrebbero attendere fino a lunedì sera per eseguire gli ordini. Facendo nettamente superare l'obiettivo di Messina. A tifare Intesa nel match con Ubi è anche l'Atalanta, con il suo patron Antonio Percassi, che in un'intervista all'Eco di Bergamo ha paragonato l'operazione al percorso fatto dal club: «Decidere se continuare a fare un campionato italiano di mezza classifica o far sentire la nostra voce, portare le nostre aziende in Europa, da protagonisti». Il campo di gioco di Intesa viene, intanto, sgombrato per ora dalla mina legale piazzata da Ubi a maggio. Ieri si è infatti tenuta la prima udienza a Milano sul procedimento civile avviato dal gruppo guidato da Victor Massiah per accertare che gli effetti della comunicazione dello scorso 17 febbraio con cui Intesa avviava formalmente il procedimento d'offerta fossero cessati per effetto dell'avveramento della cosiddetta clausola Mac («Material adverse change») relativa alla pandemia Covid-19 con tutte le relative conseguenze. Davanti al giudice Maria Antonietta Ricci sono comparsi i legali delle due banche per la costituzione delle parti ed è stato deciso un rinvio per depositare altre memorie. Cosa che avverrà probabilmente a settembre.