2018-09-12
Il taglio Irpef mette d’accordo Tria e la Lega
Dal summit economico del partito esce rafforzata la rotta principale: la rivoluzione fiscale. Per cominciare, però, si punta sull'alleggerimento delle imposte a dipendenti e liberi professionisti. Una linea prudente sposata anche da via XX settembre.Il viceministro Massimo Garavaglia promette: «Il prelievo al 15% esteso fino ai 65.000 euro».Lo speciale contiene due articoli.L'obiettivo della Lega sembra quello di trovare dentro la propria compagine una sorta di investor relator. Come le grandi aziende hanno un manager responsabile di comunicare il business, così il Carroccio comincia a capire che sui temi economici meno si parla meglio è. E comunque anche quel meno deve essere condiviso, pesato e tarato. Al momento spetta ad Alberto Bagnai la delega alla comunicazione economica. Vedremo se nelle prossime settimane qualcosa cambierà nella logistica ma la sostanza è questa. Confermata dal fatto che il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e i vertici del Carroccio sembrano avere raggiunto un punto di equilibrio su tutti questi temi. Non tanto perché il titolare del Mef ieri ha tenuto a dirlo espressamente (di solito tali affermazioni sono sintomo del contrario) ma perché i paletti messi dal professore della Sapienza sembrano delineare anche i sentieri tracciati a grandi linee durante la consueta riunione leghista. Alla summit convocata da Matteo Salvini, hanno partecipato oltre a Bagnai, Giancarlo Giorgetti, Claudio Borghi, Armando Siri, Massimo Bitonci, Massimo Garavaglia, Alberto Brambilla, Lorenzo Fontana, Giulio Centemero, Dario Galli e i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Una folta plancia di comando che non ha ancora partorito un documento ma ha comunque fatto presente di voler lavorare per il diritto alla pensione, la pace fiscale, il condono e relativa chiusura con Equitalia. E, per concludere, la flat tax. Su quest'ultimo tassello per un po' di settimane si giocherà su un probabile misunderstanding. La Lega sembra disposta a porre l'obiettivo della tassa unica molto più in là nel tempo in cambio di una riforma delle imposte per le Partite Iva e una rimodulazione verso il basso dell'Irpef. In pratica un taglio delle tasse per i professionisti e una revisione per i lavoratori dipendenti. Più o meno quello che ieri Tria ha spiegato con qualche dettaglio in più.«Bisogna trovare gli spazi in modo molto graduale per una partenza di un primo accorpamento e una prima riduzione delle aliquote sui redditi familiari», ha detto il ministro alla Summer School di Confartigianato. «Bisogna vedere le compatibilità di bilancio ma sono molto favorevole a partire la revisione in modo molto graduale. Oggi«, ha detto inoltre, «c'è una complessità di aliquote, aliquote alte, e una massa di tax expenditures. Non si capisce mai chi vince e chi perde. La flat fax va finanziata con le tax expenditures ma è un processo complesso e richiede tempo». Gli ha subito fatto eco il viceministro all'Economia, Massimo Garavaglia, spostando l'agenda almeno all'anno prossimo. «Si pensa di introdurre», ha detto, «una dual tax Ires, al 24% per quello che tiri fuori e al 15% strutturale su quello che resta dentro l'azienda. L'idea è quella di garantire un incentivo ad assumere personale e a capitalizzare». Si tratterebbe di una modifica fiscale «strutturale in modo che ogni anno non sia necessario andare a vedere se ci sono agevolazioni, ammortamenti, incentivi». In pratica, l'enorme massa di agevolazioni fiscali già dal 2019 comincerà a essere ridotto. Cioè saliranno gli imponibili e scenderà l'aliquota fino a raggiungere un punto di equilibrio che dovrebbe sulla carta consentire di passare alla tassa piatta. Farlo è tutt'altra cosa. Soprattutto in una Paese statalista come il nostro che rifiuta di tagliare la spesa corrente e fare ottimizzazione dei costi. Ecco perché è facile immaginare che il governo voglia spingere l'acceleratore sui liberi professionisti. Un bacino di voti ignorato negli ultimi 15 anni e che può essere terreno di conquista della Lega. «Vogliamo ampliare il regime dei minimi, ma evitando l'effetto schiacciamento e che le aziende non crescano e restino sotto i 65.000 euro», ha aggiunto Garavaglia. La proposta prevede l'allargamento della platea dei destinatari del regime forfettario del 15%, portando la soglia dei ricavi per accedervi da 30.000 a 65.000 euro. «Si penserebbe poi al 20% per la parte di ricavi compresa tra 65.000 e 100.000 euro», ha concluso il viceministro del Carroccio facendo capire che le misure dovrebbero essere più o meno tutte a saldo zero. D'altronde c'è già da sterilizzare l'aumento dell'Iva e l'obiettivo, ribadito ieri da Tria, di «iniziare a ridurre il rapporto debito/Pil e non avere un peggioramento strutturale del bilancio» è condiviso anche dagli altri componenti dell'esecutivo. In sostanza, per il 2019 c'è da spettarsi una correzione del debito non superiore allo 0,1%.C'è infine un tema sul quale lo stesso Tria si è speso allineandosi alla Lega: quello delle infrastrutture. «Personalmente», ha detto in un altro passaggio del summit replicando a chi gli chiedeva di Tav e Tap, «spero che si facciano, che il problema si sblocchi, che ci sia una soluzione, anche perché si tratta di grandi collegamenti internazionali». Ieri più o meno in contemporanea il ministro delle Infrastrutture M5s, Danilo Toninelli, è tornato invece a ribadire: «Riguardo al progetto dell'alta velocità Torino-Lione così come le altre maggiori opere figlie della legge Obiettivo stiamo procedendo ad una attenta e oggettiva analisi costi-benefici per valutare effetti sociali, ambientali ed economici e vedere quanto e se i costi superino i benefici». La distanza dei 5 stelle con il ministro più mattarelliano sta diventando sempre più marcata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-taglio-irpef-mette-daccordo-tria-e-la-lega-2604052222.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="allargare-la-platea-dei-minimi-il-carroccio-punta-sulle-partite-iva" data-post-id="2604052222" data-published-at="1763756243" data-use-pagination="False"> «Allargare la platea dei “minimi”». Il Carroccio punta sulle partite Iva Il primo scaglione Irpef scenderà dal 23% al 22%. Questo il primo passo verso la flat tax annunciato ieri da Giovanni Tria, ministro dell'Economia, durante la Summer School di Confartigianato. «Bisogna trovare gli spazi in modo graduale per una partenza di un primo accorpamento e una prima riduzione delle aliquote sui redditi familiari» ma, allo stesso tempo sottolinea Tria «bisogna vedere la compatibilità di bilancio». Il quadro che dunque sembra andarsi a delineare vedrebbe l'esistenza di cinque aliquote Irpef: 22%, 27%, 38%, 41% e 43%, dove l'unica differenza rispetto al passato è l'abbassamento della prima aliquota che era stata fissata al 23%. I redditi interessati dalla novità sarebbero dunque quelli compresi tra lo 0 e i 15.000 euro. Le altre quattro fasce restano identiche al passato. Rimarrà dunque la seconda fascia (tra i 15.000 e i 28.000 euro) con una tassa al 27%, il terzo scaglione (tra i 28.000 e i 55 mila euro) con una tassazione al 38%, il quarto scaglione (tra i 55.000 e i 75.000 euro) al 41% e oltre i 75.000 euro sottoposti ad una tassa del 43%. Una decisione che se diventerà realtà si discosterà di molto da quanto era stato preannunciato in campagna elettorale. Il progetto iniziale voleva infatti abbattere i cinque scaglioni Irpef per sostituirli con un'aliquota al 15% per i redditi fino agli 80.000 euro. E una al 20% per le somme superiori. Disegno che non è ancora nei piani di via XX settembre. Questo primo segnale potrebbe però non fermarsi solo alle persone fisiche, ma comprendere anche le imprese. Il viceministro dell'economia, Massimo Garavaglia, ha infatti spiegato come si pensa di formulare una dual tax Ires, applicando una tassazione del 24% e del 15%. L'applicazione di una o l'altra aliquota dipende dal reinvestimento che l'azienda farà in macchinari e assunzioni. Alla società sarà dunque applicata una tassa del 15%, sul capitale investito all'interno dell'azienda, mentre del 24% sulla somma che non investirà internamente. Inoltre, si pensa anche di introdurre una tassazione agevolata per le start up pari al 5%. L'idea, ha sottolineato Garavaglia, è quella di garantire «un incentivo ad assumere personale e a capitalizzare». Si tratterebbe dunque di una modifica fiscale «strutturale in modo che ogni anno non sia necessario andare a vedere se ci sono agevolazioni, ammortamenti e incentivi». La Lega vorrebbe inoltre ampliare anche la platea dei destinatari delle partite Iva, portando la tassazione al 15% per i redditi fino a 65.000 euro l'anno. Fino ad oggi la tassazione del 15% era infatti destinata a chi aveva un reddito annuo pari a 30.000 euro. La proposta della Lega aumenterebbe dunque la platea di destinatari. Se invece si hanno ricavi che oscillano tra i 65 e i 100.000 euro l'anno la tassa salirebbe al 20%. L'obiettivo di questa mossa, secondo Garavaglia, è «ampliare il regime dei minimi, evitando l'effetto schiacciamento». Si vuole dunque spingere le imprese a crescere superando la soglia dei 65.000 euro l'anno.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.