2022-12-23
Il taglio al reddito 5s vale tutta la manovra
La manovra non sarà una meraviglia, ma i soldi sono pochi. E aver cambiato le regole del bonus per smettere di cercare un lavoro rispetta le promesse e mette una pezza alla sciagura grillina. Per 500.000 occupabili non ci saranno più scorciatoie.Sì, forse la manovra del governo Meloni non è una meraviglia, ma come dice il proverbio, non si fanno le nozze con i fichi secchi. Di soldi in cassa non ce n’erano e senza quelli si poteva fare poco. Del resto, i miracoli mi risulta che siano riusciti solo a un tizio, parecchi anni fa. Tuttavia, ai miei occhi le misure all’esame del Parlamento contengono un provvedimento che da solo vale l’intero testo della finanziaria. Alludo ovviamente alla norma che taglia il Reddito di cittadinanza, sussidio che considero la peggiore sciagura che si sia abbattuta sul nostro Paese. Già avevamo uno dei più bassi tassi di occupazione del continente, ma da quando il governo Conte ha introdotto la misura che doveva abolire la povertà, i numeri di chi può vantare un posto fisso sono ulteriormente diminuiti. Ovvio: se puoi incassare un assegno senza fare alcuna fatica, perché dovresti sudare otto ore? Infatti, per alcuni il Reddito di cittadinanza è stata una comoda scorciatoia per smettere di cercarsi un lavoro, mentre per altri è stata un’integrazione al reddito che già percepivano in nero. Che la misura voluta dai 5 stelle fosse controproducente lo si è capito subito, perché invece di ridursi, il numero di famiglie in povertà è aumentato. Non c’è la prova che molti si siano all’improvviso dichiarati «poveri» proprio per percepire l’assegno pubblico però, come diceva Giulio Andreotti, a sospettare si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Così, dopo tre anni di sperimentazione, il nuovo governo ha deciso di cambiare le regole che consentono di beneficiare del reddito. Da misura per tutte le persone sprovviste di occupazione, il sussidio diventerà un assegno che potrà essere incassato solo da persone disabili, famiglie con figli minorenni e disoccupati con più di 60 anni. Gli altri rientreranno invece nella categoria dei cosiddetti occupabili, ossia di coloro che possono cercarsi un lavoro e non uno «stipendio» statale da percepirsi in cambio di nessuna prestazione. All’incirca, si parla di oltre 500.000 persone, la maggior parte delle quali non hanno né coniuge né figli e dunque sono libere, se richiesto, di trasferirsi oppure di accettare lavori meno comodi. Già, perché il tema è proprio questo: fino a ieri chiunque poteva beneficiare del contributo statale, perché di fatto non c’erano particolari vincoli, neppure quello di dover accettare la proposta di lavoro ricevuta. Secondo uno studio realizzato su un campione di 45.000 percettori del reddito di cittadinanza, più della metà aveva ricevuto un’offerta di assunzione, ma aveva deciso di non accettarla. Gli intervistatori si sono presi anche la briga di indagare sui motivi del rifiuto e le ragioni addotte, due volte su tre, non erano dovute a un trattamento economico ritenuto insufficiente. Sì, il 53,6 per cento aveva deciso di non accettare il posto ritenendolo - udite udite - «non in linea con le proprie competenze», mentre il 24,5 per cento ha detto no «perché non adeguato al proprio titolo di studio». Ora, non so voi, ma io credo che un sussidio non sia né in linea con le competenze di chiunque, né adeguato al titolo di studio di chicchessia. Cioè credo che meglio del reddito di cittadinanza sia qualsiasi lavoro, purché onesto. Dunque, come si può accettare che il 78 per cento del campione che era stato contattato per un’assunzione abbia preferito restare a casa senza far niente, piuttosto che mettersi in gioco per un lavoro non adeguato con il proprio titolo di studio o le proprie competenze? In un mondo complesso come quello attuale si può giustificare chi fa lo schizzinoso pensando che debba essere lo Stato a offrigli un impiego in linea con le sue aspettative? Si possono ascoltare le lamentele di chi chiede un lavoro dignitoso, ma pretende che sia sotto casa, di suo gradimento, ben retribuito e possibilmente che non richieda un impegno il sabato e la domenica? In televisione ho ascoltato disoccupati che volevano un posto comodo, ma di comodo di questi tempi non c’è più nulla. Dunque, mi auguro che il governo non faccia alcuna marcia indietro e nonostante le molte proteste vada avanti per la sua strada, introducendo anche la norma che toglie il reddito di cittadinanza a chiunque rifiuti un’assunzione, perché un conto è aiutare le persone in difficoltà, un altro è assecondarne tutti i desideri. In una società complessa come la nostra, nessun pasto può essere gratis, perché l’economia globale ci impone di adeguarci agli standard in vigore in altri Paesi.Aggiungo un’ultima considerazione: pare che l’esecutivo abbia intenzione di varare nel 2023 un decreto flussi, concedendo il visto a 82.000 stranieri per motivi di lavoro. Ma prima di concedere il pass agli immigrati, Palazzo Chigi vorrebbe inserire una clausola che obbliga il datore di lavoro a verificare, presso il centro per l’impiego, l’indisponibilità sul territorio nazionale di un lavoratore disposto a svolgere quelle mansioni. In pratica, prima di spalancare le porte a decine di migliaia di extracomunitari, bisognerà chiedere ai percettori di Reddito di cittadinanza. I quali saranno di fronte a un’alternativa: accettare un lavoro con regolare inquadramento e normale stipendio o perdere il sussidio. A qualcuno sembrerà l’uovo di Colombo, ma a me sembra solo buon senso: prima di assumere all’estero un pizzaiolo, un panettiere, un saldatore o anche solo un cameriere, forse è meglio rivolgersi a chi è assistito con i soldi dei contribuenti senza fare nulla.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)