2020-04-29
Il supertestimone del Laziogate: «Mascherine mai pagate e sparite»
Simona Granati Getty Images
Sergio Pellerey, che doveva portare protezioni in Abruzzo con lo stesso carico destinato a Nicola Zingaretti, svela che per quei dispositivi non c'è mai stato il saldo: sarebbero rimasti a Mosca. Ma erano stati anticipati 14 milioni.L'inchiesta sul mascherina gate del Lazio si intreccia con una piccola spy story internazionale. Infatti sembra che a fine marzo in Russia ci fosse un carico di 5 milioni di protezioni della migliore qualità (Ffp3 ed Ffp2 con marchio 3M) destinato a Lazio, Emilia Romagna, Abruzzo e Sicilia. Ma quel carico è sparito nel nulla. Dietro a questo flop ci sarebbero tre ditte: la Giosar limited, società di diritto inglese riconducibile, però, alla padovana Stefania Cazzaro, la svizzera Exor Sa, dell'imprenditore milanese Paolo Antonio Balossi e la Eco Tech Srl di Sergio Mondin. La Cazzaro, come vedremo, è coinvolta in un'inchiesta penale per un fallimento, Balossi è indagato a Brescia per indebita compensazione e anche Mondin può vantare un crac nel curriculum con la sua Kable. Ebbene questi tre imprenditori, a marzo, avrebbero messo in piedi un centro di acquisto unico, una specie di Ati per acquistare il costoso carico, che ufficiosamente era composto da mascherine 3M prodotte in Australia.Testimone privilegiato di questa storia è Sergio Pellerey, rappresentante della Tron group holding di Roma, che da quel carico attendeva 700.000 mascherine destinate all'Abruzzo e su cui non fa più affidamento: «Nei giorni scorsi l'avvocato della Giosar mi ha detto che c'è stato un problema di pagamento e che il carico da 5 milioni di mascherine era stato saldato solo per la metà del prezzo e che quei soldi erano stati versati solo dalla Giosar».Dunque, secondo questa ricostruzione, Mondin e la Exor non avrebbero pagato la loro metà. Ma l'avvocato della Eco Tech, Cesare Gai, lunedì ci ha assicurato che i suoi assistiti avevano invece versato ben 4.740.000 euro alla Giosar, dopo aver ricevuto dalla Regione Lazio ben 15,5 milioni di euro di anticipo. La Eco Tech avrebbe bonificato altri 4.530.000 euro alla Exor Sa.Continua Pellerey: «Verso fine marzo la signora Cazzaro mi ha consegnato 120.000 mascherine a Chiasso. Quindi per me era affidabile. Purtroppo con il carico moscovita è andata diversamente. All'inizio la Cazzaro mi ha raccontato che c'erano problemi di sdoganamento e di requisizione dei materiali da parte della Russia. Poi durante una conference call con gli avvocati della Giosar è venuta fuori la versione del mancato pagamento. Allora abbiamo comunicato che eravamo disponibili a intervenire economicamente e ad andare a recuperare le mascherine a Mosca con dei camion, ma di fronte a questa proposta hanno addotto nuove scuse. Dicevano che visto il polverone che si era alzato rischiavano il sequestro del materiale. Io non so quale fosse il vero problema, ma anche con i russi abbiamo dedotto che probabilmente le mascherine non erano nelle loro disponibilità o che viaggiavano sotto traccia ovvero che era un carico qualificato come anonimo materiale industriale, forse per evitare blocchi». Risultato: la Tron ha trovato altre strade per rifornire l'Abruzzo del governatore Marco Marsilio delle protezioni richieste.Alla Tron rifiutano la lettura che è stata data da alcuni quotidiani, in particolare da un articolo della Stampa del 26 marzo, al blocco degli aiuti in Russia: «È scorretto quanto hanno scritto alcuni giornali e cioè che la Russia non faceva uscire il materiale. Lei non immagina quanto siano stati disponibili e premurosi con noi i russi. Oltre all'ambasciata si è mosso anche il ministero dei Trasporti russo per trovare una soluzione, hanno provato ad aiutarci in tutti i modi e la sfido a trovare un altro governo straniero di quel peso disposto a impegnarsi così per una piccola fornitura destinata all'Abruzzo. Quelle sui media sono state polemiche ingiuste che hanno fatto male ai russi».La prova dell'impegno di Mosca per risolvere il problema, ce la offre Luciano D'Alfonso, ex governatore dell'Abruzzo e attuale senatore del Pd. Ci mostra le mail scambiate con l'ambasciatore italiano in Russia, Pasquale Terracciano, e con l'ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, per tentare di sbloccare il carico.La Cazzaro, si legge nella mail di Terracciano, avrebbe assicurato che «non sussiste alcun problema con le dogane russe», salvo poi non produrre nessun documento a riprova (bolla doganale, documenti di carico, attestazione di pagamento, prenotazione del volo Cargo), «nonostante le nostre pressanti e ripetute richieste», sottolinea l'ambasciatore. Razov, invece, comunica con una lettera del 13 aprile che dopo un'attenta istruttoria «le autorità competenti russe non hanno avuto nessun legame e nessuna informazione sulla consegna delle mascherine in oggetto» e che non poteva essere più esauriente vista «la totale mancanza dell'informazione al riguardo da parte degli esecutori diretti della consegna - la Tron group holding e la Giosar Ltd». Per esempio, secondo Razov, la Cazzaro «negava sempre qualsiasi informazione limitandosi a sottolineare l'assenza delle difficoltà». Insomma i russi ci hanno provato, sottolineando «il rapporto speciale d'amicizia» che li lega all'Abruzzo e all'Aquila, ma senza riuscire nell'impresa.Della vicenda si è occupata anche la segreteria del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nelle prime comunicazioni mise in guardia D'Alfonso soprattutto da Pellerey, ricordando alcuni suoi precedenti giudiziari rinvenibili da fonti aperte.Ma torniamo alla Cazzaro. Mentre noi indagavamo su di lei e lei non ci rispondeva al telefono, è spuntata una nuova carica nel mare magnum delle Ltd registrate in Gran Bretagna. In data 27 aprile la Cazzaro ha infatti ottenuto l'autorizzazione a operare come «director» della Planet 1st Limited, inserita nella banca dati inglese con il codice «Environmental consulting activities», ovvero attività di consulenza ambientale. La Cazzaro che, si legge nel documento, possiede «direttamente o indirettamente il 75% o più delle azioni della società», ha preso il posto del referente che c'era prima, un certo Darren Symes, probabilmente un prestanome in quanto dagli archivi emerge come referente di qualche centinaia di Ltd in Inghilterra.Ma chi è davvero la Cazzaro? Cinquantatreenne, figlia di un musicista e di una sarta, originaria della provincia di Padova, dove risulta ancora residente, è una stilista che ha lavorato anche con Prada. Nei primi anni del 2000 si mise in proprio con il portoghese Francisco Rosas (Rosas group, società finita in liquidazione), per poi inaugurare un'azienda tessile solo sua, La Maison Srl, che però nel 2017 è andata a gambe all'aria.A Treviso su questo fallimento è stato aperto un fascicolo penale. La Procura guidata da Michele Dalla Costa sta esaminando se dietro al buco lasciato dalla Cazzaro (si parla di circa 1 milione di euro) sia ravvisabile il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione. L'indagine, iscritta ad atti relativi, è alle battute iniziali, dopo il naufragio del tentativo di accedere a un concordato. Questioni bagatellari se confrontante con la spy story moscovita.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.