
A Barcellona niente maxischermo in piazza per la partita della Roja in Russia. Ada Colau non può sopportare di vedere un'altra volta per le strade della città migliaia di tifosi con la bandiera nazionale. Ne verrebbe colpita l'immagine secessionista della regioneL'ultima trovata della sindaca di Barcellona è punire la sua città, impedendole di assistere all'attesissima Spagna-Russia davanti a un maxischermo. Ada Colau si è preoccupata del gran numero di tifosi, quasi 4.000, che senza creare disordini si erano goduti all'aria aperta la partita della nazionale contro il Portogallo, lo scorso 15 giugno. Ha temuto che l'immagine della Catalogna stesse diventando troppo spagnola. Perciò ha fatto retromarcia, non concedendo più l'autorizzazione per un gigantesco schermo nel Camp de l'Àliga, dove migliaia di barcellonesi già si pregustavano la partitissima per gli ottavi di finale di domenica pomerigggio. La sindaca delle porte aperte a tutti, soprattutto se immigrati africani, ha chiuso le porte dei campi di calcio ai suoi concittadini, negando una seconda installazione di maxischermo. Eppure nella Roja giocano quattro blaugrana: i difensori Jordi Alba e Gerard Piqué, i centrocampista Sergio Busquets e Andrés Iniesta, quest'ultimo finito da pochi mesi al Vissel Kobe, squadra del massimo campionato giapponese, ma che ha passato 16 anni nel Barça. Una vita nel Barcellona, vincendo con la nazionale un campionato del mondo e due europei, senza contare i riconoscimenti ottenuti per la sua squadra. Grazie alla Colau, domenica 1 luglio i catalani dovranno restare in casa e non far festa insieme, tifando per i loro idoli e per la loro nazionale. «Il sindaco viene meno all'impegno di consentire la visione pubblica dei mondiali, preso lo scorso maggio», tuonano inferociti gli organizzatori di Barcelona con la Selección. «Le uniche condizioni richieste dall'amministrazione comunale erano che il maxischermo venisse collocato in uno spazio privato e che l'Ayuntamiento non dovesse sostenere alcun costo. Così è stato. Perché adesso questo voltafaccia?». Gli organizzatori un'idea ce l'hanno, la Colau non vuole che Barcellona tifi in piazza la Spagna ed è corsa ai ripari, non rinnovando il permesso del maxischermo per Spagna-Russia. Sicuramente anche infastidita dalla presenza di esponenti del Pp e di Ciudadanos, registrata tra i tifosi in Camp de l'Àliga per la prima partita dei mondiali, disputata dalla Spagna. Al quotidiano Abc, i dirigenti del club di fans che, appoggiato da sponsor, sostiene le spese della megastruttura, non usano mezzi termini: «Siamo stufi di queste vessazioni. La Colau non può sopportare di vedere un'altra volta per le strade di Barcellona migliaia di tifosi con la bandiera spagnola. Ma è ora di finirla con la politica di questo Comune, che governa solo per una parte della popolazione e respinge tutto quello che è legato alla Spagna, perché gli suona sgradito».Colpire i catalani negando la visione pubblica di una partita come un mondiale è un autogol formidabile per la sindaca pasionaria, indulgente con gli immigrati, feroce con i turisti che se potesse metterebbe al bando dalla città (perdendoci milioni di euro). Eletta tre anni fa con una civica sostenuta da Podemos, sposata con il politico Adrià Alemany (nel passato una lunga relazione con una donna: «Avevamo tanti amici gay e la possibilità di avere una storia con una persona del tuo stesso sesso era la normalità nel nostro ambiente», raccontò lo scorso dicembre a Salvame Deluxe, trasmissione di Telecinco), convinta che «Barcellona sia una città che ama la diversità» e che «Barcellona si offre come porto sicuro», chiedendo il coinvolgimento del governo spagnolo (come ha fatto con un Twitter pochi giorni fa), appena può mette i paletti tra la Spagna e il «suo» territorio. Madrid e gli altri sono i diversi, i nemici da tenere fuori. Anche da una partita dei mondiali. «C'è una distanza abissale, francamente pericolosa, tra le istituzioni e i cittadini», dichiarava due anni fa al giornalista di MicroMega, Giacomo Russo Spena. Questa sarebbe la sua maniera per ridurla? A Bologna, la scorsa settimana era arrivata per manifestare contro le politiche di Matteo Salvini nei confronti dei migranti, dicendo di vergognarsene come cittadina della Spagna e dell'Europa. A casa sua, ha la sfacciataggine di discriminare i tifosi che si riconoscono nella Roja. Meglio farebbe a preoccuparsi dell'immagine della sua Regione, vista anche la figuraccia che sta facendo con i Giochi del Mediterraneo 2018 di Tarragona, a due passi da Barcellona, sciaguratamente previsti in concomitanza con i mondiali di calcio e mal organizzati. Scarsa affluenza di pubblico, vistosi errori (compresa la mancanza di audio durante la consegna dei premi), l'incidente in cui è rimasto gravemente ferito un bambino investito da un'auto ufficiale dell'organizzazione e un'aggressione sessuale a una turista sulla quale si sta indagando, dovrebbero imbarazzare non poco la Colau. Sempre di Catalogna si sta parlando.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






