2019-09-07
«Il selfie con Salvini? Ai moralisti ipocriti ho risposto in musica. Grillo vate da circo»
Il cantautore Edoardo Bennato, linciato per una foto: «Sbeffeggio vecchie e nuove inquisizioni. Mi meni virtualmente? Io ti meno musicalmente».Un giorno credi di esser giusto, e ti fai un selfie con Matteo Salvini. Qualche tuo collega avrebbe evitato? E chissene. Anche perché così facendo andrai controcorrente rispetto al luogocomunismo mainstream, al politicamente corretto, ai censori di ogni ordine e grado. Quale altra ghiotta occasione di poter epater les bourgeois, come da slogan del '68 francese, ovvero scandalizzare ben pensanti e conformisti? Non fai altro da quando hai cominciato la tua carriera (oltre 50 anni fa, quando scrivevi canzoni per altri), perché dovresti cambiare proprio adesso, visto che ti chiami Edoardo Bennato? Flashback, 1980. Per la prima volta lo stadio di San Siro si riempie per un concerto: 60.000 fan a cantare e a ballare, come succederà - in quell'estate magica di Sono solo canzonette - anche al San Paolo di Napoli e al Comunale di Torino, 500.000 spettatori in 15 date.Oggi, 40 anni dopo, il successo continua. Visti gli insulti che gli sono piovuti addosso per quel famigerato scatto, Bennato trasforma la presunta gaffe in un'opportunità. Ci scrive sopra una canzone, Ho fatto un selfie, e in un amen scala le classifiche, e inanella un nuovo pienone dietro l'altro nel tour estivo (Meeting di Comunione e liberazione compreso). Crucifige Bennato! Salviniano di complemento.«Che dire? Io ho sempre ironizzato innanzi tutto su me stesso, pensi a brani come Cantautore, Rinnegato, Sono solo canzonette. E se irrido me stesso, perché non dovrei sbeffeggiare le nuove come le vecchie inquisizioni, il clima da caccia alle streghe, il perbenismo ipocrita dei moralisti un tanto al chilo? E sempre a 360 gradi, senza parteggiare per alcuna fazione, ma solo con il buono e sano rock 'n roll». Per di più nel suo concerto, quando esegue il brano del 2015 Pronti a salpare, sullo schermo passano immagini di migranti sui barconi.«È una canzone che non si rivolge solo a quei disperati, ma è una provocazione anche per noi occidentali privilegiati. Ciò detto, non sono bravo a usare i media per portare all'attenzione del pubblico non solo le hit, ma anche gli altri pezzi della mia produzione. Così alla fine fa notizia il selfie, l'evento che scandalizza le anime belle, che però ignorano (o in qualche caso fanno finta di ignorare) chi sono sempre stato, che cosa penso e che cosa ho fatto. E visto che loro mi hanno virtualmente menato, io ho replicato menando musicalmente».A Pesaro nel '77 menò non solo musicalmente. «Eravamo reduci dalla festa dell'Unità di Modena, con un concerto dopo il comizio di Enrico Berlinguer. La sera dopo, a Pesaro, tra migliaia di persone un gruppetto iniziò a urlare “Bennato/Bennato/il sistema ti ha comprato". A me, capisce? Volevano tirarmi giù dal palco. Pensavano di avere a che fare con un fighetto protetto da manager e bodyguard. Non avevano capito niente: si trovarono di fronte uno squilibrato, che aveva dalla sua i fratelli “del cortile" più squilibrati di lui, e fu lui a buttarsi giù dal palco, perché se loro erano di Lotta continua, noi eravamo di Lotta continuissima».Comunque poi prese le distanze anche dal Pci: c'è un passaggio di Sono solo canzonette che più esplicito non si potrebbe.«Già: (canta, ndr) “Gli impresari di partito mi hanno fatto un altro invito e hanno detto che finisce male/se non vado pure io al raduno generale della grande festa nazionale/Hanno detto che non posso rifiutarmi proprio adesso, che anche a loro devo il mio successo/Che son pazzo ed incosciente, sono un irriconoscente, un sovversivo, un mezzo criminale"». Quell'album uscì nell'aprile 1980, ma a marzo ne aveva pubblicato un altro, Uffà! Uffà!. Una rivoluzione nel campo discografico: non si era mai visto un artista «uscire» con due album di inediti a distanza di un mese l'uno dall'altro.«La ringrazio, anche perché rimasi colpito dal fatto che qualche critico distratto e succube dell'esterofilia gridasse al miracolo quando questa operazione fu fatta anni dopo da Bruce Springsteen e dai Guns N' Roses. Del resto, in Italia - in campo musicale - i media possono enfatizzare o esaltare un fenomeno, oppure nasconderlo, ignorarlo come fosse un fantasma».Prima gli italiani. Lo vede che torniamo di nuovo a Salvini? Con un gustoso precedente: il direttore artistico della Ricordi, che le consigliò di abbandonare l'idea di cantare dopo il disco del 1973 Non farti cadere le braccia, era un signore di nome Lucio Salvini. Anche lui, come il leader della Lega, non ha azzeccato la previsione. «Corsi e ricorsi. Dopo il mio primo lp, la Ricordi mi mise alla porta. Perché? Perché le radio sostenevano che avevo una voce sgraziata, poco armoniosa. Ma tornando a quel selfie, per la cronaca: quella sera in camerino dopo il concerto oltre a Salvini c'erano pure l'ormai ex ministro della Cultura Alberto Bonisoli, l'attore Marco Giallini, il giornalista di Report Sigfrido Ranucci. Di loro però nessuno ha parlato. Siamo sempre a Carlo Collodi».Il papà di Pinocchio? «Ma non li vede tutti i gatti e le volpi che ci inondano di promesse che sanno già di non poter mantenere, prima fingono di litigare, s'insultano e poi si alleano, tutti burattini senza fili? E che dire di Mangiafuoco, che è la gente comune, perché ogni truppa ha il comandante in capo che si merita, e viceversa?».Ci sarebbe pure il Grillo parlante, Beppe, che nel 2013 in una canzone mandava al diavolo.«Il Grillo “sparlante" è divenuto giudice sommo, vate da baraccone e comico ormai senza volerlo. Del resto, quando i politici non hanno minimamente contezza di ciò che dicono e fanno, va da sé che alla fine è un comico di professione, anche se alla condizione che dicevo, a prendere il sopravvento. Alla fine è il vero burattinaio di questa Italietta collodiana. Il cui dramma è che ancora non ha capito che Paese voglia essere».È un problema di uomini, di formule, di idee?«Idee? Ho l'impressione, da semplice saltimbancodastrapazzo (tutto attaccato, mi raccomando), che i politici e i commentatori “laureati" siano a digiuno dei parametri fondamentali per poter essere propositivi e costruttivi. E lo dico proprio in riferimento alla scienza delle costruzioni».Parla l'architetto che è in lei?«Mi spiego: tale scienza si basa su un parametro fondamentale, la forza di gravità altrimenti detta di attrazione terrestre. In ogni angolo e latitudine del pianeta, chi si accinge a edificare una qualsivoglia struttura utilizza debitamente questo unico e inconfutabile parametro».Invece in politica nulla è oggettivo, e tutto diventa interpretazione, per dirla alla Friedrich Nietzsche?«Si procede a casaccio, secondo le convenienze, eternamente divisi tra guelfi e ghibellini, con l'unico collante che è la colla che li tiene appiccicati alle poltrone, mentre a ognuno preme di proclamare la propria verità. E con tutto il rispetto per la vostra testata, già nel '92 nel Paese dei Balocchi al tema avevo dedicato una canzone Magari sì, magari no: “Equidistanza, diplomazia, neutralità, l'unica regola e non dire mai-mai-mai la verità!...La verità è un'arma a doppio taglio e non c'è scampo, quella che poi ti si ritorce contro, la verità!"».«Continuiamo così, facciamoci del male», come ci si rassegnava in quel film.«Aggiungo che per essere cittadini del mondo bisognerebbe studiare la storia dei popoli ma anche la morfologia del pianeta, banalmente: la geografia. Per capire come e perché nascono i conflitti, ma anche le migrazioni, le contaminazioni, in un mondo complesso e interdipendente. E invece noi rimaniamo al comodo riparo dei nostri pregiudizi. In Italia, poi, scontiamo un vulnus originario, per come si è formato lo Stato unitario. Il Paese di Padova non è quello di Taranto, e se non si elimina il divario tra Reggio Emilia e Reggio Calabria non potremo mai fare passi avanti. E tutti devono fare la propria parte, lo dico da uomo del Sud. Altrimenti l'unica vera unità d'Italia continuerà a realizzarsi solo quando gioca la Nazionale di calcio. E talvolta manco in quel caso».Nell'album Pronti a salpare c'è una canzone in cui torna a omaggiare quel Gioacchino Rossini che le è caro, in cui si parla di Enzo Tortora e di Mia Martini, messi in croce da pentiti e maldicenti.«Perché La calunnia è un venticello, appunto. Ho innestato due incisi sull'aria che sentivo cantare a mia madre. Lei, Piroso, ha fatto un bellissimo monologo su Tortora, io l'ho conosciuto da bambino a un festival che conduceva. L'anti Stato volle trasformare lui, uomo perbene e beniamino del pubblico, in un pericoloso nemico pubblico numero uno. E poi Mimì, rovinata da gentaglia solo perché aveva detto dei no». Adesso con il nuovo governo «arrivano i buoni», come da una sua canzone? Finiremo in paradiso, all'inferno, o, Dio non voglia, in prigione?«Siamo tutti buoni e tutti cattivi. Io di sicuro in prigione. In questo Paese, peraltro, se non vai in galera non sei nessuno, il carcere fa curriculum. Però mi permetta: pretendere di commentare in questo momento la situazione politica italiota è come voler andare a rimestare la cacca (di quelle con le mosche sopra, per intenderci), creando ancora più puzza».Un selfie da dolce stil novo, mi verrebbe da dire. Roba da farsi cadere le braccia, per evocare, riadattato, un ultimo titolo suo (del 1973).«Ma non bisogna mai cedere alla passività, perché quella canzone era un'esortazione alla resistenza: “Non farti cadere le braccia, corri forte vai più forte che puoi. Non devi voltare la faccia, non arrenderti né ora né mai". Sono passati 46 anni, ma vale ancora oggi. Soprattutto oggi».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)