2020-12-10
Il salva Stati affosserà i nostri titoli pubblici
La semplice presenza di un meccanismo di risoluzione di una crisi del debito pubblico costituisce un incentivo affinché essa accada. Ma quale investitore vorrà detenere i Btp italiani sapendo che il Belpaese potrebbe essere in odore di bocciatura da parte del Mes?Il dibattito avvenuto ieri in Parlamento - in preparazione del vertice euro di venerdì, in cui il presidente Giuseppe Conte darà il proprio assenso all'adozione della riforma del trattato - ha avuto un convitato di pietra, nominato in quasi tutti gli interventi: i titoli del debito pubblico italiano, inteso come strumento per l'impiego del risparmio di cittadini ed imprese.Da una parte c'è chi vede nel Mes e, ancor di più, nella sua riforma, una formidabile minaccia alla stabilità ed al valore di tali risparmi. Dall'altra, c'è che ritiene che la riforma in via di approvazione costituisca un passo ulteriore sulla via del completamento dell'Unione bancaria, pilastro mancante dell'Unione monetaria.Si tratta, evidentemente, di posizioni opposte ed inconciliabili che meritano un'analisi dettagliata.Ai fini della tutela del risparmio, la semplice presenza di un meccanismo di risoluzione «ordinata e prevedibile» di una crisi del debito pubblico (questa fa il Mes), costituisce uno straordinario incentivo per gli operatori di mercato affinché questo accada. Ma non lo diciamo noi, lo facciamo dire al capo degli affari legali del Mes, Jasper Aerts, in uno studio che abbiamo già citato e che merita una sottolineatura.L'innesco di tale mortale circolo vizioso è proprio nelle mani del Mes. Due sono gli acronimi decisivi: Dsa (analisi di sostenibilità del debito) e Rca (valutazione della capacità di rimborso). Il primo è nelle mani della Commissione, con il Mes nel ruolo di sostegno. Il secondo è nelle mani del Mes che eseguirà quell'attività «nella prospettiva del creditore». Proprio come fa una qualsiasi banca nei confronti di un mutuatario.Basterà un solo battito di ciglia, nel corso di almeno una di queste due attività per scatenare il caos sui mercati. E tale battito di ciglia potrebbe avvenire a freddo, in modo preventivo, oppure in conseguenza di una legge di bilancio non propriamente coerente con i parametri che, a detta della Commissione o del Mes, garantiscano una Dsa ed una Rca positiva.Quale investitore vorrebbe detenere titoli pubblici emessi da uno Stato che è in odore di bocciatura da parte di Commissione e Mes? Soprattutto sapendo che tale Stato, con i mercati in subbuglio, pur di convincere il Consiglio del Mes a concedere i prestiti di «salvataggio», avrebbe un forte incentivo a proporre a tali investitori un taglio del debito? Non esiste migliore definizione di circolo vizioso e di profezia autoavverante. La riforma del Mes accelera questo scenario, consentendo che sia possibile per lo Stato membro concludere un accordo di ristrutturazione con i creditori con un'unica votazione per l'intera massa del debito (non più accompagnata da una seconda per ciascuna serie di titoli) che ottenga la maggioranza qualificata del 75%. L'aspetto clamoroso è che perfino Aerts ritiene che ci siano troppi scenari possibili affinché si possa definire con certezza un esito. Resta quindi pienamente plausibile anche per il dirigente del Mes lo scenario della profezia autoavverante. Ma per un risparmiatore e, ancor più per un investitore professionale, si tratta di un cambio di paradigma epocale. La semplice esistenza del rischio e la correlata esistenza di strumenti per la gestione di una crisi, come se uno Stato fosse una qualsiasi società a conduzione famigliare, può condurre ad esiti mai verificatisi nella storia del nostro debito pubblico.Ma il risparmiatore ha in prospettiva altri elementi per essere preoccupato. Al 31 agosto 2020, banche e altre istituzioni finanziarie detenevano titoli pubblici (a breve ed a medio/lungo termine) per 794 miliardi (il 37% del totale). Famiglie ed imprese detenevano 163 miliardi (8%), non residenti 703 miliardi (32%) e Bankitalia/Bce 513 miliardi (24%).Se Bankitalia superasse la soglia del 25% si troverebbe nell'indesiderabile situazione di essere decisiva nel raggiungimento del quorum del 75% per l'approvazione della ristrutturazione che non sarebbe quindi possibile senza l'assenso di via Nazionale. Tale limite appare quindi destinato a non essere superato, almeno a medio/termine, con prevedibili problemi per il sostegno della Bce al mercato dei nostri titoli.Ma chi oggi approva la riforma del Mes, senza avere l'accortezza di condizionarla al completamento dell'Unione bancaria, deve sapere che sta offrendo il fianco ad un ulteriore danno per il mercato dei nostri titoli pubblici. Infatti la presidenza tedesca del Consiglio ha recentemente pubblicato una relazione sull'avanzamento dei lavori in cui campeggia il capitolo «trattamento dei rischi sovrani».Un gruppo di Stati (blocco tedesco) spinge affinché le banche con una concentrazione di titoli pubblici superiori ad una certa percentuale dell'attivo siano penalizzate. Secondo loro si deve tenere conto del rischio di concentrazione e del rischio di credito. Anche in questo caso, come se si trattasse delle obbligazioni emesse da una srl di famiglia. Altri Stati si sono opposti (tra cui, si spera, l'Italia). La conclusione della presidenza tedesca è che «gli Stati membri rimangono divisi sul trattamento normativo delle esposizioni sovrane».Con questi chiari di luna all'orizzonte, noi ci permettiamo di consentire la riforma del Mes, fiduciosi di battere i pugni sul tavolo in futuro. In passato non è finita benissimo.
Jose Mourinho (Getty Images)