2019-05-11
Il sacrificio polacco a Montecassino. Stalingrado della campagna d’Italia
Per la prima volta, 75 anni dopo quella sanguinosa ed epocale battaglia, i presidenti della Repubblica polacca e di quella italiana il prossimo 18 maggio saranno fianco a fianco per commemorare le vittime militari e civili.I papaveri rossi di Montecassino «invece della rugiada bevvero sangue polacco», cita un verso di una canzone che in Polonia tutti conoscono. Così come non c'è città polacca che non abbia una via intitolata a Montecassino, simbolo della vittoria e del sacrificio dei polacchi caduti per espugnare i capisaldi tedeschi, da dove nel 1944 mitragliatrici e cannoni mietevano vittime lungo i pendii della collina così come faceva la falce con i papaveri che rosseggiano tra il grano. E la triste canzone li ricorda, in quel luogo lontano dalla patria che né i morti né i vivi poterono rivedere. «Per la nostra e la vostra libertà / noi soldati polacchi / abbiamo dato: a Dio l'anima / alla terra d'Italia il corpo / i cuori alla Polonia» è inciso sulla pietra del cimitero di Montecassino. Per la prima volta a tre quarti di secolo da quella sanguinosa ed epocale battaglia, il presidente della Repubblica di Polonia e della Repubblica italiana il 18 maggio saranno fianco a fianco per commemorare le vittime militari e civili del secondo conflitto mondiale, celebrare una pagina di storia, ricordare da dove viene l'Europa di oggi che si fatica a costruire ma che ha messo la guerra al bando. Andrzej Duda e Sergio Mattarella, con la loro simultanea presenza, colmano una lacuna di rappresentatività lunga ben 75 anni tra il Paese liberatore e il Paese liberato.Sulle macerie dell'abbazia simbolo della civiltà occidentale, nel 1944 svettava la bandiera biancorossa polacca issata al vento dal 12° reggimento ulani di Polonia, appartenenti al II Corpo d'armata del generale Wladyslaw Anders. Fu proprio lui a chiedere l'invio anche di una bandiera britannica, a significare che quella vittoria, pur colta dai polacchi, era la vittoria di tutti, delle democrazie sulla tirannia. Anders e i suoi ne sapevano più di tutti gli altri: avevano visto la Polonia invasa sia dai nazisti a ovest, sia dai comunisti a est. Quei soldati erano stati catturati dall'Armata Rossa e deportati nei gulag di Josef Stalin; Anders stesso era stato imprigionato e torturato alla Lubjanka. Conoscevano ambedue i volti del totalitarismo, sognavano di poter marciare fino alla Polonia per liberarla, e intanto liberavano l'Italia, la nazione cantata dal poeta Adam Mickiewicz, per la quale i loro avi si erano già battuti sotto le insegne di Napoleone e poi con le camicie rosse di Giuseppe Garibaldi. C'è un legame antico di fratellanza in nome della libertà, tra polacchi e italiani, ma i primi ne sanno molto di più dei secondi. Il 18 maggio 1944 si concludeva la quarta battaglia di Montecassino, quella decisiva per infrangere la Linea Gustav e conquistare la via di Roma. Prima dei polacchi avevano fallito tutti, e in primo luogo aveva fallito la strategia folle di bombardare l'abbazia (nel cui recinto i soldati della Wehrmacht non avevano mai messo piede), e regalare così il campo ideale di battaglia agli esperti paracadutisti tedeschi, specialisti della «guerra del centimetro», che si erano fatti le ossa alla fine di dicembre 1943 sull'ala orientale della Gustav, nella sanguinosissima e semidimenticata battaglia di Ortona.Per una delle coincidenze della storia, il 18 maggio è anche la data di nascita di un polacco che l'ha storia l'ha fatta: Karol Wojtyla. Nel 1979, in quella stessa data, Giovanni Paolo II tenne un discorso nell'abbazia ricostruita, che nei secoli della barbarie aveva custodito e tramandato la civiltà europea: «Il luogo sul quale ci troviamo è stato reso fertile dal sangue di tanti eroi: dinanzi alla loro morte per la grande causa della libertà e della pace siamo venuti a chinare, ancora una volta, il capo. (…) Gli abitanti di questo bel paese, l'Italia, ricordano che il soldato polacco ha portato alla loro patria la liberazione. Lo ricordano con stima e con amore. Noi sappiamo che questo soldato, per tornare in Polonia, ha percorso una strada lunga e tortuosa: «dalla terra italiana alla Polonia...» come un tempo le legioni di Dabrowski». Ma non c'era la via del ritorno per i polacchi: gli accordi di Yalta avevano consegnato la sventurata nazione a Stalin, che se n'era inglobata una fetta e avrebbe esteso un opprimente sistema sovietico su tutto il resto, destinato a durare 45 plumbei anni di oppressione e di rivolte. E così gli eroi di Montecassino diventavano per le autorità comuniste soldati «al servizio di una potenza straniera»: quei pochi che torneranno saranno guardati con sospetto, imprigionati, persino perseguitati. Al «nemico» Anders sarà tolta la cittadinanza. La libertà era stata ancora una volta conquistata per gli altri.Il generale morirà esule a Londra il 12 maggio 1970 lasciando scritto di voler essere sepolto vicino ai suoi soldati caduti a Montecassino, i cui nomi sono sormontati da croci cattoliche, croci ortodosse e stelle di David. Fino al 1989 le autorità della Polonia comunista, durante le cerimonie celebrative della battaglia, scansavano platealmente quella tomba e ignoravano sistematicamente la vedova Irena Renata e la figlia Anna Maria, oggi segretario di Stato della Polonia democratica. Anche lei sarà presente alle celebrazioni del 75°, assieme agli ultimi veterani, come l'allora capitano Wojciech Narebski, 95 anni, geologo di fama mondiale, pluridecorato e cavaliere della Repubblica italiana. Cinque anni fa il discorso celebrativo venne tenuto dal premier Donald Tusk, con il principe Henry di Windsor in tribuna d'onore, e oltre 1.400 scout giunti da tutta la Polonia. L'allora ambasciatore Wojciech Ponikiewski inaugurò il Museo memoriale realizzato grazie a una raccolta di fondi tra enti, associazioni e istituzioni italo-polacche e progettato dall'architetto Pietro Rogacien, figlio di un ex combattente a Montecassino. La celebrazione della battaglia, prevista per sabato 18 alle 17.00, è preceduta giovedì 16 da quelle della battaglia di Mignano Monte Lungo, al Sacrario militare dove riposano i resti dei soldati italiani del ricostituito Regio Esercito. Venerdì 17 deposizione di fiori al monumento ai caduti di tutte le guerre a Piedimonte di San Germano e commemorazione al monumento dei 6° reggimento corazzato «Bambini di Leopoli». Il calendario di manifestazioni collaterali (mostre, concerti, inaugurazione della statua all'orso Wojtek, leggendaria mascotte del II Corpo d'armata) contribuisce a evocare una pagina di storia dove l'Europa divisa consumò la sua più grande tragedia, segnando la via di non ritorno e inaugurando una nuova stagione.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)