2020-01-30
Il resto del mondo taglia fuori la Cina per terrore del virus misterioso
Stop ai voli da Inghilterra e Germania mentre Toyota, McDonald's, Ikea e altre multinazionali sospendono le attività. Previsto per oggi il rimpatrio di 60 italiani da Wuhan, centro dell'epidemia: nessuna quarantena.«Si diffonde in fretta: nessun essere umano ha gli anticorpi giusti». Il virologo Fabrizio Pregliasco: «Il tasso di contagi potenzialmente può essere come quello della spagnola Però in Italia siamo prontissimi a gestire la situazione».Lo speciale comprende due articoli. Continuano a preoccupare gli effetti del coronavirus. A ieri pomeriggio, il bilancio complessivo era di 132 vittime e oltre 6.000 contagi: un bilancio superiore a quello della Sars, che si fermò a poco più di 5.000 infetti. Casi si stanno verificando in varie parti del mondo: dalla Germania agli Emirati Arabi Uniti. Stando a quanto riportato ieri dal ministero della Salute, risulterebbero invece per ora negativi i casi sospetti registrati in Italia. Intanto il presidente americano, Donald Trump, starebbe valutando l'ipotesi di bloccare i voli da e per la Cina. Stanno inoltre proseguendo le operazioni per rimpatriare gli stranieri presenti nella città di Wuhan, epicentro dell'epidemia: in particolare, è prevista per la giornata di oggi l'evacuazione di 60 cittadini italiani (che non andranno in quarantena automatica). È inoltre in programma per oggi una nuova riunione d'emergenza dell'Oms. La questione sanitaria sta intanto producendo delle pesanti conseguenze sul sistema economico del Dragone. La compagnia aerea britannica Britsh Airways ha sospeso da 48 ore tutti i voli per e dalla Cina: «In seguito alle raccomandazioni del ministero degli Esteri, abbiamo deciso di sospendere tutti i collegamenti con effetto immediato», ha spiegato la società in una nota. Sulla stessa scia si sono collocate Lion Air (maggior vettore indonesiano) e la tedesca Lufthansa. È inoltre notizia di ieri l'annullamento delle gare di Coppa del Mondo di sci alpino a Yanqing, che avrebbero dovuto tenersi a metà del mese prossimo. È un vero e proprio effetto domino. Ikea ha deciso di chiudere temporaneamente la metà dei propri negozi in Cina (che sono complessivamente 30), una linea seguita anche dalle caffetterie Starbucks (che nel 2019 ha contato oltre 4.200 punti vendita, il 16% in più rispetto all'anno precedente). Disney ha serrato il proprio parco divertimenti nella città di Shangai, la catena di fast food McDonald's ha invece abbassato le saracinesche in varie città cinesi (a partire dalla stessa Wuhan). Il colosso automobistico nipponico Toyota ha iniziato a sospendere le proprie attività produttive nella Repubblica Popolare Cinese: l'interruzione dovrebbe aver luogo perlomeno fino al prossimo 9 febbraio. Più in generale, come riportava lunedì scorso il media statunitense Cnbc, la maggior parte delle grandi case automobilistiche operanti in territorio cinese (come Nissan, Honda e Psa) stanno richiamando i propri dipendenti dalla Repubblica Popolare. A fronte di tutto questo, la Borsa di Hong Kong ha mostrato ieri segnali non particolarmente positivi. Insomma, oltre agli aspetti strettamente sanitari, il coronavirus si sta rivelando un problema non di poco conto per l'intero sistema economico cinese, il quale è a sua volta un fattore determinante su scala planetaria. Dal canto suo, la Repubblica Popolare sta cercando di prendere provvedimenti per il contrasto dell'epidemia e il presidente cinese, Xi Jinping, è di recente intervenuto sulla questione, parlando di «situazione grave» ma non rinunciando ad affermare che il Dragone possa comunque «vincere la battaglia». Parole che, almeno al momento, non sembrano aver troppo rassicurato le aziende estere che - come abbiamo visto - stanno temporaneamente tagliando i ponti con la patria del coronavirus. Si tratta di una notizia grave per Pechino, tanto più se si riflette sul fatto che la Cina proveniva già da un periodo economicamente convulso a causa della guerra tariffaria con gli Stati Uniti, che fra l'altro non è alle spalle. Non dobbiamo infatti dimenticare che l'accordo commerciale siglato con Washington due settimane fa risulta essere un'intesa soltanto parziale: lascia ancora in piedi la maggior parte dei dazi americani contro la Cina. Gli effetti delle tensioni tariffarie con gli States, quindi, sono destinati a persistere. Dal 2018 Pechino riscontra non pochi problemi: ha visto calare non soltanto il proprio export ma anche il proprio import, con conseguenze pesanti per il settore manifatturiero. Tutto questo ha avuto impatti non indifferenti sul versante sociale, visto che si temono effetti deleteri sull'occupazione e sul welfare state. Effetti che sono potenzialmente in grado di comportare seri grattacapi per la leadership politica cinese. Quella stessa leadership politica che si trova già al centro dell'attenzione da parte dell'opinione pubblica internazionale per la gestione controversa di svariati dossier (a partire dalle proteste di Hong Kong). Pechino, al cospetto di quest'ultima difficoltà, rischia di piombare in una crisi senza precedenti nella storia recente. I principali competitori della Cina meditano su come avvantaggiarsi, seppure Trump - numero uno di questa lista - sembri propenso ad aprire una fase di relativa distensione. È altrettanto indubbio che ampi settori dell'establishment statunitense, per contro, considerino Pechino un pericolosissimo avversario sul fronte geopolitico, militare ed economico. Un fattore che potrebbe portare Washington a scommettere seriamente contro il Dragone.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-resto-del-mondo-taglia-fuori-la-cina-per-terrore-del-virus-misterioso-2644968531.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="si-diffonde-in-fretta-nessun-essere-umano-ha-gli-anticorpi-giusti" data-post-id="2644968531" data-published-at="1760655093" data-use-pagination="False"> «Si diffonde in fretta: nessun essere umano ha gli anticorpi giusti» In Cina il numero di contagi da nuovo coronavirus ha superato quello della Sars. Lo spettro di una pandemia è nei numeri della tv statale: 6.078 casi e 132 decessi. «È normale che ci siano casi in varie nazioni, era già stato evidenziato con la Sars e H1N1», dice alla Verità Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano, «la velocità e la numerosità dei viaggi fa sì che qualcuno possa trasportare anche inconsapevolmente il virus». Quanto è grave il quadro? «Sicuramente in Italia dovremmo “pre-occuparci", nel senso che sono le istituzioni a doversi attivare per intensificare il controllo e garantire che eventuali casi vengano individuati tempestivamente. Le esperienze di Sars (2002-2003) e H1N1 (2009), in questo senso, aiutano: ci sono reti regionali e ospedali di riferimento. Servono però i controlli alla frontiera». Basta il termoscanner all'aeroporto? «È importante vedere se le persone in transito hanno la febbre, ma poiché si è contagiosi anche in assenza di sintomi, queste persone devono essere responsabilizzate perché, se avessero dei sintomi, devono rivolgersi ai centri specializzati». Perché spaventa il nuovo coronavirus? «Ha potenzialità pandemica: nessuno di noi ha anticorpi. In altre parole, invece di avere un tasso d'attacco come l'influenza, sul 6-8% della popolazione, qui si rischia il 35%. Quest'anno avremo 6-7 milioni di casi di influenza perché un bel po' di noi è vaccinato o ha già avuto contatto con virus simili a quello circolante. Per il nuovo coronavirus invece si potrebbe parlare di quello che è accaduto con l'epidemia di spagnola del 1918, che colpì il 35% della popolazione. Questo è il rischio potenziale. È su questo che l'Oms e le istituzioni cinesi pare si stiano muovendo». Il fatto che sia «parente» del virus della Sars aiuta? «No. Questo virus attacca facilmente i mammiferi, di qualunque specie, e si evolve in funzione del numero di contagi: meno ce ne sono, minori sono le possibilità che il virus si adatti e muti, peggiorando le sue caratteristiche. Il fatto poi che il virus sia contagioso già in fase di incubazione, per 14 giorni, senza che ci siano sintomi, ne favorisce la diffusione. Inoltre in questo periodo, in Cina come da noi, c'è l'influenza: perciò ci sono tanti casi sospetti. Non si può escludere che fra qualche giorno un caso possa esserci anche in Italia. C'è poi il fatto che si trasmette attraverso le vie aree». Come l'influenza? «Sì, però è meno efficace. Non basta uno starnuto, ci deve essere un contatto con le mucose, bisogna stare ben vicino alla persona infetta. Valgono sempre le buone regole: lavarsi le mani, non toccare gli occhi o la bocca dopo aver toccato una maniglia… Niente di più di quello che diciamo durante la stagione influenzale per limitare il contagio dell'influenza». L'allarme in Cina è arrivato tardi perché, come ha dichiarato lo stesso sindaco di Wuhan, le epidemie sono segreto di Stato. Quanto è grave questo ritardo? «Con la Sars fu peggio: impiegarono mesi. Magari non ci hanno detto tutto, ma 200 persone con influenza pesante, perché i sintomi sono simili, su 11 milioni di abitanti nella città di Wuhan, nel periodo dell'influenza stagionale, è ancora un fuocherello limitato. Questa volta non ci hanno messo mesi a mettere a disposizione dati e campioni per fare i test». Come funziona il test diagnostico? «Si usa un metodo di biologia molecolare che identifica il genoma nei fluidi. Basta un tampone faringeo e si riesce a vedere, confrontandolo con il database dove è inserito, se c'è il genoma del virus». Nei prossimi giorni dovrebbero rientrare dei connazionali dalle zone epidemiche. «Dovremo applicare protocolli del ministero della Salute per evitare, nei 15 giorni successivi, il possibile contagio. Quali sono le persone a rischio? «Siamo tutti a rischio. Le complicanze (polmonite) sono però tipiche delle persone più fragili, avanti con gli anni o con malattie debilitanti. Attualmente colpisce soprattutto adulti». Novità sul versante delle cure? «Nessuna. Si sta provando con l'impiego di antivirali. Verranno messi a punto dei vaccini, però per averli a disposizione e verificarne la sicurezza ci vorranno almeno sei mesi, forse un anno, infine c'è la questione produttiva». Sul fatto che l'origine dell'infezione arrivi dagli animali che idea ha? «Ci sta, perché la vicinanza uomo-animale è strettissima in Cina e il passaggio all'uomo è giustificato. La sequenza del Dna poi, evidenzia la vicinanza con il pipistrello perché il virus è predisposto ad attaccare i mammiferi». Si era ipotizzato che il virus fosse stato creato per scopi militari con il coinvolgimento dell'istituto di virologia di Wuhan. Cosa ne pesa? «Conosco persone che ci lavorano. È un bellissimo laboratorio, creato per il virus della Sars. Non credo nel rilascio per errore: è un centro ad altissimo livello di sicurezza. Inoltre non ha senso liberare un'arma come questa, incontrollabile: sarebbe farsi del male da soli». L'Oms dice che non siamo in grado di far fronte a una pandemia. «Con la Sars e H1-N1 ci riuscimmo. Rispetto al passato moriranno delle persone, è inevitabile, ma il contenimento è fattibile». Per quanto ne avremo? «Tra circa 20 giorni sapremo se c'è una deflessione».