2021-01-07
Il Recovery: numeri al buio, fregature certe
Ursula von der Leyen (Ansa)
I fondi comunitari, dipinti come la manna dal cielo, restano avvolti da condizioni segrete, al pari di quelli Sure. E le destinazioni di spesa le deciderà sempre Bruxelles. Si vuole nascondere un destino già scritto: le lacrime e sangue in agguato dopo la crisi.La cronaca di questi giorni è ricca di dettagli sul febbrile lavoro in corso nel cantiere del Recovery plan. Gli agiografi di regime descrivono, senza timore di scivolare nel ridicolo, l'andirivieni delle bozze del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) da via XX Settembre a palazzo Chigi. Si discute nottetempo di bilanciamento della spesa tra investimenti e bonus, tra prestiti «aggiuntivi» e «sostitutivi», mentre il ministro Roberto Gualtieri vigila, l'orecchio teso a cogliere i desiderata della Commissione.Questo è quello che vogliono farci sapere. Quello che invece non vogliono dirci sono le condizioni alle quali questi fondi arriveranno da Bruxelles. Allo stesso modo, non vogliono farci sapere che il vero confronto è tra Roma e la Commissione che, alla vista delle prime bozze del Pnrr, ha fatto notare che gli obiettivi Ue sono ben altri e che, se le destinazioni di spesa fossero quelle, «potrebbero accadere cose spiacevoli».Lo scorso 23 dicembre, vi abbiamo ampiamente riferito della scandalosa, ancorché parziale, segretazione dell'accordo di prestito relativo allo strumento Sure. Gli italiani devono sapere che il Mef ha negoziato delle soglie (tuttora segrete) di debito pubblico, oltre le quali non può concedere garanzie, perché la Ue non accetta che l'Italia abbia altri creditori privilegiati rispetto ad essa. Quali sono queste soglie, che allarmerebbero i mercati? Gli italiani sanno che, se quel contratto di prestito fosse dichiarato illegittimo dalla Corte di giustizia europea, la Commissione potrebbe chiederci subito il rientro? Ci sono fondati motivi per credere che lo stesso opaco schema contrattuale sarà replicato per i 127 miliardi di prestiti erogati dal Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Rrf), il cui regolamento è stato definito in bozza il 22 dicembre e sarà approvato dall'Europarlamento nei prossimi giorni.Su questo giornale scriviamo da mesi della pericolosità delle parole «semestre europeo», che in quel regolamento ricorrono ben 32 volte, in compagnia della famigerata procedura per gli squilibri macroeconomici (Mip). E l'articolo 9 del Rrf prevede la possibilità di sospendere i fondi nel caso di violazione del Patto di Stabilità o di raccomandazioni disattese nella procedura relativa agli squilibri macroeconomici. Il semestre europeo è un ciclo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri volto a garantire delle finanze pubbliche sane. Il suo strumento principale (Patto di stabilità, introdotto nel 1997 e rafforzato col six-pack nel 2011) è tuttora sospeso, mentre non lo è la Mip. Ricordiamo solo che la procedura per eccessivi squilibri macroeconomici pende sul nostro Paese già dall'epoca del governo Renzi.Con quale serenità ci accingiamo a chiedere prestiti e sussidi alla UE, soggiacendo a queste condizioni?Nei giorni scorsi abbiamo esternato le nostre preoccupazioni a un prestigioso rappresentante del mondo della finanza internazionale. Egli non si è mostrato tanto sorpreso dalla segretezza di alcuni punti del contratto di prestito, in quanto ha evidenziato l'importanza che tutti i Paesi che hanno sottoscritto lo stesso contratto abbiano ricevuto lo stesso trattamento, quale esso sia. Ha sottolineato l'importanza che una quota rilevante del nostro debito sia verso la Ue, tenendoci così al riparo dalle turbolenze dei mercati. Ha ribadito la diversità di questo debito, rispetto a quello del Mes, ritenuto davvero pericoloso e dimostratosi peraltro inutile proprio in questa crisi. In occasione della quale si è dimostrato che, quando c'è bisogno di un finanziamento asimmetrico per un Paese in difficoltà (proprio il ruolo del Mes), la Bce è l'unico attore in grado di farlo con la rapidità necessaria. Da qui la volontà tedesca di sollevare la Bce dallo sgradito ruolo di supplenza e puntare tutto sui sussidi ed i prestiti del Rrf. Quando abbiamo fatto notare al nostro gentile interlocutore che quei fondi arriveranno sotto condizioni suicide per noi, la risposta è stata la stessa che abbiamo letto ieri sul sito Bruegel.org (sancta sanctorum del pensiero economico della Ue) a firma dell'economista Zsolt Darvas: poiché quelle regole, quando saranno reintrodotte, porteranno ad una prematura stretta di bilancio, così come accadde dopo la recessione del 2009 - perché sono basate su misure errate di entità astratte come l'output gap ed il deficit di bilancio strutturale – bisogna pensare a un nuovo assetto della disciplina di bilancio, da applicare al termine della crisi. La nostra fonte sostiene che bisogna portare a Bruxelles una piattaforma negoziale unitaria e battersi come fa il blocco tedesco a difesa del proprio Paese. Esattamente il contrario della storia della nostra presenza in Ue dal 1992: sfilacciata, in difesa di un mitologico interesse europeo ed in danno dell'Italia. E se comunque ci dicessero di no?Quindi, mentre piazziamo 10 miliardi di Btp a 15 anni (raccogliendo ordini per 105 miliardi) allo 0,99%, questo governo, di fronte a un necessario e doveroso piano di investimenti pubblici per la ripresa, ha già deciso di farsi finanziare dalla Ue a condizioni che ci porteranno in recessione, firmando dei contratti poco trasparenti e con destinazioni di spesa decise altrove. In una parola: commissariamento.
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