2018-12-04
Il Qatar rompe il tabù e lascia l’Opec. Putin diventa signore del petrolio
La svolta dell'emirato, alleato dell'Iran e sotto embargo dell'Arabia Saudita, può destabilizzare l'intera regione. L'Organizzazione giovedì incontrerà il presidente russo: meno estrazioni per far salire i prezzi. La decisione del Qatar è prettamente politica e ha un significato dirompente all'interno di un contesto mediorientale che nei decenni, nonostante i suoi conflitti interni, è comunque riuscito a mantenere la propria unità per lo meno in sede Opec.Il Qatar, un piccolo emirato della penisola araba abitato da poco più di due milioni di abitanti, ha deciso di lasciare dopo 58 anni l'Opec. L'annuncio dell'uscita dal cartello dei produttori di greggio, che diverrà effettivo il 1° gennaio prossimo, è stato dato a pochi giorni dal vertice (il 6 dicembre a Vienna) che dovrebbe sancire in maniera definitiva l'alleanza con la Russia, Paese non membro, nel taglio della produzione futura e quindi un avvicinamento strategico di Mosca al membro più importante dell'Opec, ovvero all'Arabia Saudita.È lampante che l'uscita dall'Organizzazione ha un profondo significato geopolitico soprattutto se a sentire il bisogno di negarlo durante l'annuncio ufficiale è stato lo stesso ministro per l'Energia del Qatar, Saad Al Kaabi. La sensibile caduta del prezzo del petrolio degli ultimi mesi è la ragione per la quale i membri dell'Opec nella prossima riunione di Vienna decideranno di tagliare la produzione giornaliera in accordo con Mosca, secondo produttore al mondo. Mosca, sottoposta alle sanzioni dell'Occidente, ha assoluto bisogno di poter contare su un prezzo minimo sul lungo periodo di 60 dollari al barile per poter rifocillare i propri fondi sovrani e stabilizzare l'economia interna. Tuttavia, nonostante il leggero balzo all'insù del costo del barile registrato ieri dalle Borse, l'uscita del Qatar non è intesa ad avere alcuna influenza sul prezzo del greggio dato che esso produce solo 600.000 barili al giorno dei 27 milioni controllati dall'Opec, cioè il 2%. La decisione del Qatar è prettamente politica e ha un significato dirompente all'interno di un contesto mediorientale che nei decenni, nonostante i suoi conflitti interni, è comunque riuscito a mantenere la propria unità per lo meno in sede Opec. Nonostante molti analisti si siano affrettati a sottolineare che la decisione era inaspettata, essa in verità era nell'aria da tempo visto il continuo deteriorarsi dei rapporti tra l'Arabia Saudita e il piccolo emirato del Qatar e visto che Doha punta sempre più a sviluppare le proprie capacità geoeconomiche nel campo del gas, di cui ha grandi riserve, anziché in quello del petrolio, da cui non può più ricevere alcun valore aggiunto. Dall'estate del 2017 Doha è sottoposta dalla casa regnante di Riyadh a un intenso isolamento politico nonché a un embargo economico a cui hanno aderito tutti i Paesi arabi vicini all'Arabia Saudita a esclusione del Kuwait. La colpa del Qatar è quella di sostenere il terrorismo di matrice sciita e i Fratelli mussulmani, ma soprattutto di avere una casa regnante che molto spesso ha dichiarato, non sapendo di essere intercettata dai servizi avversari, di voler destabilizzare intenzionalmente la famiglia reale saudita. Per fare ciò il Qatar si è avvicinato pericolosamente all'Iran, avversario storico di Riyadh. L'Iran per il Qatar non è solo una scelta realpolitica di bilanciamento dei poteri, ma anche una scelta economica dovuta, dato che i due Paesi condividono lo stesso bacino gasifero nel golfo Persico. Investendo ulteriormente nell'esportazione del gas, Doha dovrebbe riuscire, secondo le parole del proprio ministro per l'Energia, a portare entro un anno la propria produzione da un equivalente di 4,8 milioni di barili di petrolio a 6,5 milioni di barili all'anno. Per fare ciò l'emirato conta sulla benevolenza di Teheran a cui deve, insieme alla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, anche la propria sopravvivenza. Isolato via terra in seguito all'embargo saudita, il Qatar era rimasto senza viveri lo scorso anno e ha dovuto reinventare l'intera catena logistica dei generi alimentari via aria e via mare. Oggi, grazie proprio all'Iran e alla Turchia, nei negozi di Doha non manca nulla e, posti sotto pressione, i cittadini dell'emirato hanno stravolto parte della loro economia avviando in pieno deserto anche modernissime aziende agricole che stanno permettendo al Paese di divenire indipendente nella produzione di carne, latte e derivati. Una politica proto autarchica che contrasta efficacemente l'isolamento voluto dall'Arabia Saudita, ma che a sua volta è fortemente legata alla stabilità economica iraniana, che negli ultimi mesi incomincia ad accusare sempre più pesantemente le conseguenze dell'embargo americano.Il Qatar ha aperto il vaso di Pandora. Per primo ha preferito le proprie ragioni prettamente politiche a un consesso che fin dalla sua fondazione era sempre andato fiero di riuscire ad anteporre l'interesse economico comune alle diverse agende di politica estera, anche in occasione di eventi tanto estremi quali l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq di Saddam Hussein. In Medio Oriente nei prossimi anni molti dei conflitti latenti potrebbero palesarsi complicando ulteriormente le già difficili relazioni internazionali. La politica di riallineamento degli Usa con i vecchi alleati, quali l'Egitto e l'Arabia Saudita, potrebbe però anche portare al tentativo di cavalcare gli eventi e spaccare l'Opec in maniera definitiva. Per ora Trump ha dimostrato grandi capacità nel divide et impera anche in altre regioni del globo.