2022-09-07
Beffa carbone. Siam costretti a usarlo, caro e più tassato
Ursula Von Der Leyen (Getty images)
L’ostinazione nel non voler rivedere la transizione ecologica in mezzo alla tempesta energetica genera degli assurdi controsensi. Come il fatto di affidarsi al combustibile fossile mentre affossiamo chi lo produce.Perpetua diceva a Don Abbondio: «È un peccato rubare, ma è un peccato non rubare a lei». Il riferimento era alla calata dei Lanzichenecchi e alla reazione autolesionista del sacerdote. Ecco, più che mai ora il motto può essere usato per l’Unione europea e l’Italia che sulle follie ecologiste va a ruota. Il mondo è cambiato e le tensioni geopolitiche sono alle stelle, visto i blocchi contrapposti. Ma il Vecchio Continente fa di tutto per esporre agli altri i lati più deboli e, una volta colpiti, ci mette il carico da undici con ulteriori coltellate. Il carbone è ormai l’esempio per eccellenza. Ieri la materia prima esportata soprattutto da Indonesia, Australia, Russia e Cina è arrivata a costare 470 dollari alla tonnellata. Oltre il 23% in più rispetto ad agosto e più o meno il 700% in più da fine 2020. Cioè da quando il mondo ha riaperto e cercato di superare i lockdown diffusi per via della pandemia. L’esplosione delle crisi energetica ha spinto quasi tutti i Paesi Ue a riaprire le centrali a carbone che erano state messe in congelatore. L’Italia ne ha sette. Lo smantellamento è stato fermato e a pieno regime daranno circa il 5% della fabbisogno nazionale. Usiamo il futuro perché il riavvio richiede tempi tecnici. Il cambio di prospettiva dovuto alla realtà dei fatti non comporta purtroppo alcuna revisione delle scelte passate. Abbiamo l’esempio plastico nel documento diffuso ieri dal ministro Roberto Cingolani e relativo ai razionamenti che toccheranno agli italiani. A un certo punto si spiega che sarà necessario utilizzare il carbone ma, subito dopo, si specifica che non rinunciamo il piano di decarbonizzare il Paese da qui al 2030. Significa non comprendere che il problema energetico e delle materie prime è strutturale e che è causato dalle stesse politiche volute da Bruxelles. Tant’è che l’errore di Cingolani si ripete su larga scala proprio ai vertici dell’Europa. Mentre per correre ai ripari dalla crisi del gas e dai tagli dell’export di oro azzurro russo si riaprono le centrali, l’unione continua a tassare le aziende che usano il carbone e inquinano. Come con le tasse sulla CO2. Un cortocircuito così folle che è difficile da comprendere. Figuriamoci da spiegare. Senza contare che la guerra scatenata dai russi non è la causa dell’incendio, ma ulteriore benzina buttata sul falò. È bene ricordare che già a dicembre e gennaio la macchina si era inceppata. E i costi degli Ets sul carbone a cavallo tra il 2021 e il 2022 erano schizzati all’inverosimile. Bruxelles ha da tempo imposto un mercato delle emissioni di CO2 che serve a penalizzare chi ne emette di più. Alle aste partecipano anche fondi finanziari che dal canto loro contribuiscono a far salire il prezzo penalizzando ancor di più le aziende «inquinanti» costrette a comprare per compensare. Inutile dire che la riattivazione delle centrali a carbone iniziata in silenzio nel 2021 ha impresso un balzo dei prezzi. Che in meno di un mese (tra dicembre 2021 e fine gennaio scorso) sono passati da circa 85 a oltre 100 euro. Tanto, se si pensa che che il valore di una tonnellata di CO2 era di 75 euro a novembre, 50 a giugno e meno di 30 a inizio del 2021. Adesso siamo scesi intorno ai 60 euro. Comunque una cifra insostenibile visto che le aziende degli altri continenti ne sono gravate, quando lo sono, anche dieci volte meno. Tali costi impattano su uno spicchio della bolletta energetica, ma in ogni caso impattano, infilando il Continente in un paradosso che aggiunge spese ai costi diretti della transizione. Non dovrebbe servire altro per suggerire di fermare tutto e cercare un sistema alternativo a questa folle transizione. Invece si insiste a correre contro il muro. Le scelte successive a gennaio sono andate tutte nella stessa direzione. Basti pensare alle decisioni sulla tassonomia e quelle sulla messa al bando dei motori a combustione per le auto. I politici e gran parte dell’opinione pubblica che oggi disquisisce sugli aiuti in bolletta e sul rischio di rimanere al freddo per via della guerra sembrano dimenticare che il decreto Sostegni ter bollinato un mese prima dell’inizio della guerra in Ucraina conteneva 1,7 miliardi contro il caro bollette che si andavano a sommare ai circa 3 miliardi inseriti nella legge finanziaria approvata prima di Natale. Una cifra assolutamente inferiore alle necessità. E sempre allora non fummo noi a dirlo. Ma lo stesso ministro Daniele Franco che mentre il Sostegni ter veniva inserito in Gazzetta dichiarava a un convegno che i fondi non erano sufficienti. Paradossale? Meno del fatto che lo stesso decreto all’articolo 18 inseriva ben 100 milioni di prelievi fiscali sulle tematiche green. Poco importa che la cifra sia bassa. Sono il simbolo di una schizofrenia geopolitica che ci sta trascinando a picco. Ecco e che concorre a fra schizzare il prezzo del carbone e alle stelle, obbligare le aziende a usarlo e poi bastonarle per averlo fatto. Forse sarebbe il caso di tirare una linea, azzerare tutto e ripartire dal punto di vista industriale daccapo.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)