2020-02-07
Il presidente torna tra i banchi per consolare il Dragone offeso
L'inquilino del Colle visita una scuola multietnica e dà un messaggio alla Cina.Da quando l'Italia non ha un vero ministro degli Esteri, ovvero dal marzo del 2018, l'interim di fatto è nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La legislatura in corso, infatti, ha visto accomodarsi sulla poltrona più prestigiosa dell'esecutivo, quella della Farnesina, due ministri-fantasma: Enzo Moavero Milanesi, nel primo governo Conte, e Luigi Di Maio, nel secondo. Moavero Milanesi fu piazzato agli Esteri direttamente da Mattarella, mentre Di Maio è come se non ci fosse. In questi due anni, Quirinale e Farnesina sono stati sostanzialmente accorpati, e la politica estera italiana è stata orientata da Mattarella: freddezza con gli Stati Uniti a guida Donald Trump, sottomissione all'Unione europea e affettuosa vicinanza alla Cina.Non è un caso, quindi, che ieri Mattarella abbia voluto compiere un gesto assai «cinematografico»: ha visitato a sorpresa una scuola elementare di Roma, la Daniele Manin, ad altissima concentrazione di alunni stranieri, in particolare cinesi, per lanciare un messaggio rassicurante rispetto ai timori scatenati in questi giorni dal diffondersi del Coronavirus. «Ringraziamo il presidente Sergio Mattarella», ha prontamente scritto sulla pagina ufficiale Facebook l'ambasciata della Repubblica popolare cinese in Italia, «per aver fatto visita alla scuola Manin di Roma, frequentata da moltissimi alunni della comunità cinese». Immediata la pioggia di dichiarazioni all'insegna della profonda ammirazione per il gesto di Mattarella: da Nicola Zingaretti a Luigi Di Maio, passando per mezzo governo, in tanti si sono spellati le mani per applaudire il capo dello Stato.Che c'è di male? Assolutamente nulla, poiché il gesto di Mattarella, sotto il profilo morale e culturale, va nella direzione giusta, anche se nel merito è un po' paradossale: i bimbi a scuola non arrivano dalla Cina, molti di loro saranno già a tutti gli effetti cittadini italiani che con il virus non hanno nulla a che fare. Al netto della retorica, un problema sorge, e non di poco conto: il nostro presidente della Repubblica, nella sua veste di ministro degli Esteri ombra, ha finito col posizionare l'Italia nel campo delle nazioni più spregiudicatamente filocinesi, e considerato che ormai le due superpotenze mondiali sono Usa e Cina, e che i rapporti tra i due imperi sono tutt'altro che cordiali, non si tratta di una scelta priva di conseguenze. Lo scorso ottobre, alla vigilia di una visita di Stato di Mattarella a Washington, la Casa Bianca fece sapere che gli Usa erano «fiduciosi che uno dei nostri più stretti alleati, come l'Italia, non voglia essere vittima di quel tipo di mercantilismo», riferendosi alle preoccupazioni per supposti problemi legati alla privacy derivanti dalla diffusione in Europa delle infrastrutture sul 5G da parte del colosso cinese Huawei.È bene ricordare quale è stato il momento in cui Mattarella ha mostrato il suo interventismo in politica estera: la polemica sulla firma del memorandum della Via della Seta. Eravamo nel marzo del 2019, a Palazzo Chigi c'era Giuseppe Conte, alla Farnesina Enzo Moavero Milanesi, e il governo gialloblù era tutt'altro che compatto. Washington non vedeva di buon occhio l'appiattimento dell'Italia su posizioni filocinesi, la stessa Bruxelles manifestava dubbi e il vicepremier di allora, il leader della Lega, Matteo Salvini, aveva non poche perplessità sulla firma dell'intesa. «Voglio controllare settori strategici per la sicurezza nazionale», disse l'allora vicepremier, «perché le chiavi di casa le devono possedere gli italiani». Dopo settimane di tira e molla, fu proprio Mattarella a dare l'impulso definitivo alla firma: il 23 marzo il capo dello Stato accolse al Quirinale il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, e l'accordo fu firmato. Tutti gli osservatori, nazionali e internazionali, furono concordi nel sottolineare che era stata la determinazione di Mattarella a sbloccare la situazione. Salvini, costretto a fare buon viso a cattivo gioco, non si presentò alla cena ufficiale al Quirinale, per sottolineare il suo dissenso.
Jose Mourinho (Getty Images)