2019-08-10
La trappola del governo elettorale
Lo chiamano governo elettorale, ma non è dalle definizioni tecniche che Matteo Salvini dovrà guardarsi, bensì da ciò che sta dietro alle formule magiche che la politica sa scovare ogni volta che c'è una crisi e il Parlamento non ha voglia di andare a casa. Dopo aver dato a lungo la sensazione di essere indeciso, il capo della Lega ha deciso e fatto presentare ai suoi la mozione di sfiducia al governo Conte. Il ministro dell'Interno ha fretta di riportare l'Italia al voto e fosse per lui l'esecutivo si dimetterebbe in serata e lunedì si scioglierebbero le Camere.Purtroppo però, nonostante il pressing del Capitano, in molti sono pronti a mettersi di traverso, allo scopo di fare qualsiasi cosa pur di ritardare le elezioni. Per capirlo è sufficiente leggere le dichiarazioni di queste ore che, unite alle dettagliate descrizioni delle procedure che separano gli italiani dall'apertura dei seggi, fanno intuire che proveranno in ogni modo a far slittare la data per le urne. Salvini vorrebbe poter votare il 13 ottobre, dopo una campagna elettorale condotta fra agosto e settembre. Ma Luigi Di Maio, che dalle elezioni ha tutto da temere come gran parte dei suoi, già invoca un governo per ridurre il numero di parlamentari. La legge è pronta, dice, basterebbe solo riaprire le Camere per approvarla e poi si potrebbe tornare a votare con 345 parlamentari di meno. Il vicepremier grillino dimentica però di dire che ridurre il numero di onorevoli comporterebbe poi una ridefinizione dei collegi e dunque un lavoro lungo che, unito alla finanziaria, prenderebbe mesi e dunque di tornare alle urne si parlerebbe, se va bene, nella primavera del 2020, con tutto ciò che ne consegue, perché in otto mesi può succedere di tutto, anche che si trovi una nuova maggioranza. È vero, Nicola Zingaretti ha detto che il Pd non si presterà ad alcun giochetto per ritardare le elezioni, ma alla prova dei fatti molti onorevoli del Partito democratico potrebbero ripensarci, anche perché essendo stati scelti da Matteo Renzi, ora che il Rottamatore non è più al comando, potrebbero essere a loro volta rottamati. E poi c'è Giuseppe Conte, l'avvocato baciato dalla fortuna e da Di Maio. La crisi gli è stata regalata il giorno del suo cinquantacinquesimo compleanno e, a quanto pare, non ha gradito il dono. Per facilitare le cose avrebbe dovuto salire al Colle e dimettersi, ma il presidente del Consiglio non ha alcuna intenzione di facilitare le cose, perché questo significherebbe tornare al suo precedente lavoro, rinunciando agli incontri internazionali, al prestigio e alla carica. Dunque, al pari del suo mentore, anche il premier si darà da fare per ritardare l'uscita di scena. Poi ci sono i regolamenti parlamentari. Le Camere sono chiuse e tocca riaprirle, richiamando gli onorevoli dalla spiaggia. Per farlo non serve una semplice mail, ma bisogna riunire i capigruppo e gli uffici di presidenza, decidendo quando calendarizzare la mozione di sfiducia presentata dalla Lega. Il che vuol dire giorni o forse settimane. Infine c'è una questione tecnica, anzi istituzionale. Può un governo sfiduciato portare il Paese alle elezioni? Nel passato repubblicano è già successo, ma in questo caso - dicono quelli che le provano tutte per rinviare il voto - è una cosa diversa, perché il ministro dell'Interno si candida a premier e dunque non può essere lui a guidare il Viminale, ossia il ministero che vigila sul corretto svolgimento delle elezioni: sarebbe il giocatore e anche il controllore. Dunque ecco avanzare il governo elettorale, ossia un esecutivo con il mandato di portare il Paese alle urne. Un gabinetto tecnico da non chiamarsi tecnico per non evocare un Monti bis. Insomma, serve un presidente balneare, anzi autunnale, capace di officiare il rito dell'apertura dei seggi.Sarà, ma a noi i governi con un solo mandato non piacciono, perché non c'è premier che una volta insediato anche con un compito ben definito non si innamori della poltrona e giochi ogni carta pur di conservarla. Peraltro, non essendo l'Italia una Repubblica presidenziale, il candidato presidente del Consiglio sulla scheda elettorale è una pura finzione, un'invenzione dell'epoca d'oro del Cavaliere, e infatti i puristi non si stancano mai di ricordare che tocca al capo dello Stato la scelta del premier, non alle forze politiche. Dunque, nulla vieta che Salvini si candidi a governare pur rimanendo ministro dell'Interno.A parer nostro, il governo elettorale è solo l'ennesimo tentativo di tirare a campare, un modo per prendere tempo. E forse anche per prendere il giro gli italiani, i quali ci pare abbiano le idee più chiare di chi li governa.
Il racconto di Andrea La Caita, l'uomo che segue il ristorante Cascina Romana di Claudio Amendola
Edoardo Agnelli con il padre Gianni (Ansa)