2019-07-25
Il premier disinnesca il caso Metropol. Ma scoppia la grana con i pentastellati
Giuseppe Conte su Mosca aiuta Matteo Salvini: «Savoini estraneo al governo». I grillini lasciano il Senato in polemica per dossier russo e Tav. Il premier Giuseppe Conte riferisce sui presunti finanziamenti di Mosca alla Lega. Lo fa spiegando che nulla porta a ipotizzare uno scandalo come urlato in questi giorni dall'opposizione e dal megafono dei suoi giornali. Sono le 16.35 quando prende la parola in Senato tra interruzioni e grida che si alzano dai banchi della sinistra, mentre quelli del Movimento 5 stelle vengono abbandonati per protesta contro il via libera di Conte alla Tav. E non solo per questo motivo: secondo i senatori grillini «non era lui (il premier, ndr) a doversi presentare al Senato per rispondere all'informativa sul caso Russia-Lega». Comunque sia gli esponenti pentastellati non hanno voluto ascoltarlo, uno strappo senza precedenti. Come annunciato mancava anche Matteo Salvini, impegnato a presiedere il Comitato nazionale per la sicurezza. Il presidente del Consiglio spiega subito che «Gianluca Savoini non riveste e non ha rivestito alcun incarico come consulente di membri del governo» e aggiunge che allo stato dei fatti non c'è nulla in grado di minare il rapporto di fiducia con il suo vice leghista. Infatti ribadisce all'assemblea la correttezza dell'esecutivo: «Nessun membro del governo si è discostato dalla linea di adesione alla Nato. Nessuna forza politica avrebbe potuto imprimere rapporti internazionali in forza dei rapporti intrattenuti con altre forze politiche di altri Paesi». Quindi Conte arriva al cuore dell'informativa, tornando a parlare di Savoini, l'uomo al centro della presunta trattativa di fondi russi per finanziare le Europee del Carroccio, confermando solo che era a Mosca lo scorso luglio e poi di nuovo a ottobre, quando ci fu l'incontro al Metropol, al seguito del Viminale. E il ruolo di Salvini? «Salvini è stato presente a Mosca anche il 15 luglio 2018 per la finale del Mondiale di calcio e il 16 luglio 2018 per l'incontro con le controparti russe», si limita a dire, «e in quella occasione fu notificata alle controparti russe dalla nostra ambasciata la composizione della delegazione italiana su indicazione del protocollo del ministero dell'Interno: la delegazione ufficiale comprendeva anche il nominativo del signor Savoini». Di quella delegazione faceva parte anche Claudio D'Amico, consulente del Viminale. Proprio D'Amico aveva sollecitato l'invito di Savoini al Forum delle società civili svoltosi a Roma, in quanto presidente dell'associazione Lombardia-Russia. E questa partecipazione aveva quindi comportato il suo invito automatico, «come per tutti i partecipanti al Forum», anche alla cena serale con il presidente Putin. Ecco spiegato il mistero. Sul presunto trasferimento di fondi invece Conte non ha nulla da rivelare: «Non ho ricevuto informazioni dal ministro competente, allo stato non vi sono elementi tali da incrinare la fiducia che nutro in tutti i componenti del governo». Ricorda anche che al riguardo c'è un'inchiesta aperta dalla Procura di Milano. La conclusione della sua informativa la riserva al futuro e promette attenzione: «Mi adopererò perché tutti i miei ministri e gli altri membri del governo vigilino con massimo rigore affinché negli incontri governativi siano presenti solo ed esclusivamente persone accreditate ufficialmente che siano tenute al vincolo della riservatezza. Questo per avere la garanzia che le informazioni riguardante l'attività di governo siano gestite con la massima cura». Conte spiega infine che «la nostra posizione sulla Russia è stata determinata dai nostri interessi nazionali come definiti dal governo nella sua collegialità, interessi che tengono conto anche, necessariamente, della nostra appartenenza alla Nato e alla Ue». Un discorso che di fatto dà fiducia a quanto dichiarato da Salvini, ovvero che è stato alzato un polverone senza che esista una prova sui fantasmagorici rubli che sarebbero giunti dalla Russia. Le spiegazioni non bastano però al segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che annuncia una mozione di sfiducia «contro un ministro che sta scappando dai suoi doveri». Immediata la risposta del capo del Viminale in serata via social: «La mozione di sfiducia del Pd di Renzi, Boschi e Zingaretti contro di me? Una medaglia!». Ma, al di là delle parole del presidente del Consiglio e delle mozioni, a colpire sono gli scranni lasciati deserti dai senatori pentastellati, senza neppure il garbo di ascoltare cosa avesse da dire il capo del governo. Come sottolinea nel suo intervento anche Pierferdinando Casini, rivolgendosi a Conte: «Una parte dei suoi non sono rispettosi, mi riferisco ai banchi vuoti M5s alle mie spalle che sono un fatto politico di prima grandezza, che non si può minimizzare». Un fatto rimarcato anche dai parlamentari di Fratelli d'Italia, secondo cui è «l'immagine della situazione drammatica in cui versa questo governo». Nella decisione di abbandonare l'aula di Palazzo Madama ha certamente un ruolo l'apertura alla realizzazione della Torino-Lione. Sulla Tav il premier aveva infatti parlato nel primo pomeriggio a Montecitorio durante il question time, ribadendo che «senza un accordo con la Francia, nostro partner bilaterale, fermare l'opera sarebbe più svantaggioso che realizzarla». E anche alla Camera numerosi deputati pentastellati avevano protestato per la linea sposata da Palazzo Chigi, andandosene dall'aula alla spicciolata. Alla fine della giornata interviene anche il leader del M5s, Luigi Di Maio, in una diretta su Facebook: «Il Movimento sarà sempre No Tav, resta un'opera inutile e vedremo in Parlamento, ma non facciamoci dividere dai giornali e i media. Dobbiamo ancora fare tante cose per gli italiani che ci hanno votato».
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Ansa)
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