2023-07-11
L’esperto getta la maschera: «Il popolo obbedirà in caso di nuovo lockdown»
Per il capo della task force inglese David Halpern che studia come influenzare le scelte individuali nelle future crisi la gente accetterà le restrizioni. L’esperimento sociale è riuscito.E se succedesse di nuovo? Se il battito d’ali di un pipistrello in Cina scatenasse un’altra epidemia di polmoniti in Europa? Se, vuoi per colpa del fantomatico «patogeno X», che spaventa l’Oms, vuoi con la scusa di ridurre la mobilità per limitare le emissioni di CO2, i governi ci ordinassero ancora: «Restate a casa»? Come reagiremmo? Secondo il professor David Halpern, intervistato qualche giorno fa dal Telegraph, obbediremmo. I britannici, ha sostenuto l’esperto, hanno già «svolto l’esercitazione» consistente nell’indossare mascherine, lavorare da remoto, tapparsi nelle abitazioni. E «potrebbero rifarlo», in caso di una futura emergenza. la «spintarella»È significativo che la previsione sia arrivata da un signore che guida la task force di Downing Street dedicata alle tecniche di nudging, un concetto che rimanda all’italiano «pungolare». Parliamo della teoria sviluppata da Richard Taler e Cass Sunstein, nell’ambito dell’economia comportamentale. In sostanza, i nudge rappresentano un insieme di strategie che i politici possono adottare, allo scopo di orientare le decisioni degli individui, mantenendo formalmente in piedi la loro libertà di scelta. Gli ideatori dei nudge, con un certo gusto per il paradosso, chiamano il loro approccio «paternalismo libertario». E le loro pubblicazioni hanno influenzato gli esecutivi di mezzo mondo: Barack Obama volle nominare Sunstein amministratore dell’Ufficio di informazione e affari normativi; Londra, come abbiamo visto, si è dotata di un’apposita nudge unit; in Italia, per tornare al Covid, qualcuno provò a inquadrare in questa cornice persino il green pass, definendolo una «spinta gentile» a vaccinarsi. Per la verità, di «libertario», la carta verde non aveva nulla. Il ricatto fondato sulla minaccia dell’annichilimento sociale è un’esagerazione financo per i sostenitori della teoria dei nudge. Ma che lo strumento del «pungolo» possa sfuggire di mano lo pensano tanti liberali autentici. Basta leggere il recentissimo libro di Sergio De Filippo, edito dall’Istituto Bruno Leoni: Nudge. Una spinta poco gentile? L’autore evidenzia giustamente i «rischi di lungo periodo» del nudging, sottolineando che il ricorso a certi strumenti può «generare una maggiore domanda di paternalismo “forte”», dunque tutt’altro che libertario; «accrescere l’abilità dello Stato di agire come agente persuasore», un esito niente affatto liberale; nonché «ridurre l’apprendimento sociale e “spiazzare” approcci alternativi basati sull’educazione». E con ciò arriviamo al legame inquietante tra i nudge e il lockdown.A ottobre 2021, osservando ciò che Roberto Speranza, Giuseppe Conte e Mario Draghi avevano realizzato nel nostro Paese, il Washington Post scrisse che l’Italia era diventata un «laboratorio» per sperimentare una «nuova democrazia» e stabilire «quale livello di controllo» fosse «accettabile per la società». Si trattava, in sostanza, di verificare quante libertà si riuscivano a conculcare senza innescare la resistenza della comunità, sfruttando il dispositivo retorico della paura della morte e la leva dei sensi di colpa. Non ti vaccini? Muori e fai morire. Esci per l’aperitivo? Contagi e ammazzi il nonno. Non hai il green pass? Sei fuori dalla società. Detto per inciso: se Halpern ha ragione, se l’ipnosi, che rendeva accettabile aizzare le folle contro i «sorci», può essere ripetuta, la commissione parlamentare d’inchiesta serve anche a capire chi e dove ha seminato gli inneschi della servitù volontaria. riflesso condizionatoEcco, noi ci siamo convinti che quella della pandemia sia stata una parentesi irripetibile. La scomparsa dei discorsi sul Covid, forse, non è giustificata solo da chi non vuole che si parli di errori, pasticci e malversazioni. Essa risponde anche all’esigenza della gente di rimuovere dalla memoria collettiva la consapevolezza degli abusi e dei soprusi, spesso perpetrati con il consenso dell’opinione pubblica. Nessun vuole credere di essere stato un «mostro». Lo spettro della crisi, tuttavia, continua ad aleggiare su di noi; anzi, i vertici dell’Ue hanno introdotto la nozione di «permacrisi», alludendo alla combinazione fatale di virus contagiosi, antibiotico-resistenza e guerra atomica o chimica. Dello scenario apocalittico che dovrebbe spingerci - appunto: la spinta, non si sa quanto «gentile» - a cambiare radicalmente i nostri stili di vita, fanno parte pure le prospettive di deterioramento dell’ambiente e dell’atmosfera. La domanda non è se chi governa ci dirà che ci troviamo in un’ennesima emergenza; la domanda è, semmai, quando lo farà. Perciò l’ipotesi del professor Halpern è allarmante: il paternalista libertario, il promotore delle «spintarelle», ritiene che, messi di fronte a un altro ordine di serrata, richiamati al dovere di rinunciare alla vita sociale e spirituale pur di salvare la vita biologica, saremo pronti a obbedire di nuovo. Come dire: dal punto di vista del nudging, missione compiuta. Il riflesso condizionato è stato attivato. Il comportamento è stato modificato. E quando suonerà il campanellino, i cagnolini prenderanno a scodinzolare. Pronti alla «nuova democrazia».
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
Continua a leggereRiduci