
Tre colossi emiliani minacciano di disertare i bandi: il decreto sicurezza taglia da 35 a 20 euro al giorno il contributo per profugo e «manca l'utile di impresa». People. È il nuovo mantra dell'accoglienza, che accompagna il grande abbraccio ai popoli fratelli, a quegli uomini e donne e bambini che affrontano le peripezie del mare e della sofferenza. Tutti uniti dal dovere civico nei confronti dei migranti, sabato scorso i milanesi «perbene», capitanati dal sindaco Beppe Sala e da Claudio Bisio, hanno riempito piazza del Duomo. E non c'è giorno in cui intellettuali di riferimento della sinistra illuminata, come Roberto Saviano, Gad Lerner, il sapido Vauro e tutto il Pd incolonnato dietro, non ricordino al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, quanto sia deplorevole un'Italia senza un'accoglienza diffusa e palpitante come ai tempi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Il preambolo era necessario per dare un senso al contesto. People, ma abbiamo scoperto che meglio sarebbe scandire «People, help us», gente aiutateci. Perché da quando è entrato in vigore il decreto Sicurezza non si batte chiodo e ogni sincero afflato di generosità civile si sta gradualmente annacquando. La sensazione che la legge 132/2018 (numeri non facilmente dimenticabili) stesse creando malumori se non sconquassi dentro il variegato mondo delle coop che dominano i bandi, c'era tutta. Come il sospetto che il crollo del numero delle traversate (dai 5.457 profughi dei primi due mesi del 2018 si è passati ai 335 del 2019) potesse mandare in crisi molti conti economici. Nessuno si sarebbe però aspettato che fossero loro ad ammetterlo, firmando un documento che somiglia a un grido di dolore, che nasconde stizza e contrarietà, che riassumendo spiega al Paese - come ammetterebbe il fruttivendolo alla richiesta di uno sconto - «che non ci stanno più dentro». A lanciare l'allarme sono Legacoopsociali, Confcooperative e Associazione generale cooperative italiane dell'Emilia Romagna, vale a dire i colossi per «concretizzare principi inalienabili di solidarietà, rispetto e promozione». Un bouquet di buoni sentimenti che i detrattori sintetizzano come business del migrante. Le tre cooperative scrivono in piena sintonia una lamentazione che intitolano con enfasi «Accordo etico per un'accoglienza rispettosa dei diritti delle persone accolte e dei lavoratori». Ma sotto il titolo da convegno internazionale patrocinato dalle Nazioni Unite, mostrano concreta preoccupazione per i tagli governativi che hanno fatto passare da 35 a 20 euro il contributo per ogni migrante. I firmatari sottolineano che «nello schema di capitolato vengono radicalmente rivisti i servizi per richiedenti protezione internazionale, con una riduzione della qualità degli stessi e il rischio di disperdere il grande patrimonio etico e materiale rappresentato dalla buona accoglienza». Aggiungono che «non sono previsti servizi quali l'orientamento formativo e lavorativo, l'insegnamento della lingua italiana, il sostegno all'accesso ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico psicolosicale per le situazioni vulnerabili». E infine non ce la fanno più a girarci intorno e sbottano: «Non sono previsti l'utile di impresa e le spese generali, ponendo dei dubbi circa la congruità della base d'asta». La resa è incondizionata, sarà poco etico disperdere un patrimonio così nobile, ma qui non ci si guadagna più niente. Ed è singolare che cooperative, le quali per statuto non dovrebbero avere l'utile come punto di riferimento di bilancio, siano così concentrate sull'obiettivo. Se lo spirito guida è il bene comune, il vil denaro non dovrebbe essere un ostacolo. Purtroppo non è così, e ci sarebbe margine per un grammo di indignazione. I volontari veri non ne fanno mai una questione di soldi. Ma il problema esiste e i primi a sollevarlo, già qualche mese fa, furono i numerosi enti religiosi che sin dal 2012 si erano resi disponibili (soprattutto nelle ricche diocesi del Nord) a farsi carico dei migranti a pagamento. Così oggi quel people evocato dalla piazza sarebbe pure utile per rimpinguare le casse asfittiche. Pochi migranti e meno soldi: c'è il concreto rischio che la linea del grafico costi-ricavi 2019 sprofondi sottoterra. Così, dopo aver fatto due conti, Legacoopsociali, Confcooperative e Agci Emilia esprimono «preoccupazione per il deterioramento della quantità e della qualità dei servizi di accoglienza», che essendo ridotti all'essenziale non possono più favorire introiti di qualche spessore. E decidono il passo più doloroso, che immaginiamo sia stato scritto con mano tremante: «Si impegnano a rendere noto alle istituzioni locali con le quali collaborano che stanno valutando di non partecipare a eventuali gare d'appalto indette sulla base del nuovo capitolato». Traduzione: se valgono i parametri del decreto Sicurezza, le tre cooperative non sono disponibili a continuare. Una richiesta sibillina perché, per i Comuni e gli enti pubblici in generale, è pressoché impossibile allestire un bando contro la legge in vigore. A meno di non finire davanti a un giudice. Dopo i tagli, Salvini lo aveva previsto: «Chi vedeva l'immigrazione come una mangiatoia, da oggi è a dieta. Mafia, 'ndrangheta, pseudocoop non troveranno più conveniente interessarsi dei migranti. E a lavorare nell'accoglienza rimarranno i veri volontari». La speranza dei nostalgici dei 35 euro renziani è riposta nella Consulta: le regioni Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Sardegna hanno infatti presentato ricorso contro la legge alla Corte Costituzionale. È l'ultima chance solidale per tornare a guadagnare. Dopodiché, senza l'utile d'impresa, l'accoglienza sarà per forza meno etica.
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